venerdì 25 gennaio 2013

Lettera di un papà di una figlia lesbica


da: L’Huffington Post

Giuseppina La Delfa
Presidente Associazione Famiglie Arcobaleno

Lettera di un papà di una figlia lesbica

In seguito al mio post che criticava fortemente certi commenti al coming out di Jodie Foster, ho ricevuto questa mail di Carlo, un padre che, insieme alla moglie, ha saputo accogliere e guidare la loro ragazza lesbica verso una vita vissuta con serenità e dignità.
Ringrazio Carlo per la sua bella e preziosa testimonianza. Voglio dargli spazio, col suo permesso, in questo luogo perché mette a fuoco le reali difficoltà, le ansie dei genitori quando si confrontano con figli omossessuali ma dice anche quando è fondamentale per questi figli l'appoggio e il sostegno dei genitori. Senza quel sostegno, per un figlio o una figlia omosessuale, inizia un lungo e doloroso purgatorio che troppo spesso è finito nel dramma. Un genitore che rifiuta suo figlio omosessuale lo condanna irrimediabilmente al dolore. A volte è un dolore muto e discreto, a volte un dolore violento.
Ogni genitore deve convincersi che l'omosessualità non è una malattia e in quanto tale non c'è ovviamente guarigione da sperare. Si può far finta per compiacere l'altro, si può anche autoconvincersi di avercela fatta, si può anche decidere di vivere da "normale" una vita finta. Ma se un genitore ha davvero a cuore la felicità
dei figli, anche se è difficile perché non previsto, perché il confronto con gli altri è doloroso per tutti ed è spesso il muro più alto da scalare, deve sforzarsi ad accompagnare il figlio : il compito più bello e più difficile di ogni genitore non è quello di superare paure e ansie e affrontare le difficoltà che si porranno ? E' l'unica e la piu bella strada da percorrere insieme, genitori e figli.
Questo è un sito per i genitori di ragazzi omosessuali.

Gentile Giuseppina La Delfa,
ho letto su Huffington Post il suo commento sul coming out e voglio semplicemente ringraziarla.
Sono il papà di una ragazza di diciannove anni che quando ne aveva appena 12, seduti davanti ad un fuocherello in campeggio, mi chiese come mai provava il desiderio di abbracciare una sua amica e parlandone, dopo qualche minuto, capii che si trattava del suo primo innamoramento, erano gli stessi sintomi che tutti abbiamo provato a quell'età. Da allora non ha mai smesso di comunicare a sua madre e a me i suoi stati d'animo.
L'abbiamo sempre sostenuta e aiutata anche con il benefico supporto di esperti, sebbene, può immaginare, con tanti dubbi e difficoltà ma senza darle mai il peso di sentirsi sola.
Ricordo che la mia principale preoccupazione, quando era ancora così piccola, era di immaginare che con molta difficoltà i suoi innamoramenti sarebbero stati corrisposti, l'immagine che avevo in mente era di una adolescente che si sarebbe innamorata magari della sua compagna di banco senza esserne corrisposta e che per questo avrebbe sofferto più degli altri. La mia era una preoccupazione direi statistica che mi faceva pensare che avrebbe avuto molte più probabilità di altri di trovarsi sola. Mi sono ricreduto e ne sono felice.
Pochi anni dopo, aveva ancora 14 o 15 anni, dopo un periodo accompagnato certo anche da sue acute sofferenze dovute ad un percorso liberatorio che è e non può che essere comunque in larga parte personale, durante un meeting sulla omosessualità organizzato dalla sua scuola, prese liberamente la parola e dichiarò pubblicamente la sua omosessualità diventando quasi una piccola bandiera dell'associazione di lesbiche e gay della nostra città. Adesso è una ragazza felice, per quanto si possa essere felici a quell'età, ha avuto e ha le sue relazioni. Ha, molto semplicemente, vissuto esattamente alla pari di altri suoi coetanei.
Oggi che studia in un'altra città l'unica mia preoccupazione è legata alle notizie che sempre più spesso si sentono di azioni discriminatorie o, peggio, violente. La società pare stia regredendo da molti punti di vista.
Non ho mai scritto a giornali o associazioni o raccontato ad altri, se non agli amici, questi brevi e, mi auguro, non così eccezionali fatti, lo faccio oggi con lei perché mi è piaciuto molto, oltre alla posizione che condivido pienamente sull'importanza personale e sociale del coming-out, vedere finalmente puntualizzare un fatto di cui non si parla spesso, il contrasto cioè all'idea comune che lega troppo fortemente l'omosessualità al sesso.
Chi non sa, nel senso che non ha vissuto in prima persona, ha spesso in mente una tale raffigurazione che è incrostata da anni nella nostra cultura: quando sente parlare di omosessualità pensa in modo immediato a due corpi su un letto, come se sempre ci fosse il sottinteso di un altro termine antico nella nostra cultura: perversione.
Io che nel mio piccolo invece ho visto, so che si tratta di amore. Dai primi innamoramenti a quelli più maturi sono semplicemente legami d'amore che certamente, come dice anche lei contengono anche e per fortuna la sessualità ma che corrispondono in tutto allo stesso senso che il pensare comune attribuisce ai rapporti affettivi eterosessuali.
Mi piacerebbe che anche gli altri lo sapessero e che coloro che lo sanno lo dicessero più spesso e mi piacerebbe anche che in un mondo ideale persino il termine omosessualità venisse sostituito quando se ne parla con altri termini che contengano al posto della radice della parola sesso quella della parola amore.
Mi scusi se mi sono dilungato e se traspare dalle mie parole quel tantino di orgoglio per mia moglie e me e l'enorme orgoglio che proviamo per nostra figlia.
Grazie per avermi letto, un cordiale saluto.
Carlo Barucco

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