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Lettera 43
L'ultima
missione di Marchionne
L'economista
Berta: «Il numero uno di Fiat spende tutto per comprare il resto di Chrysler. E
in Italia chiede altra Cig».
di Antonietta
Demurtas
Con Sergio Marchionne i colpi di scena non
finiscono mai. Ma forse sarebbe meglio dire: i testacoda. Il 20 dicembre il manager del Lingotto aveva invitato il presidente del consiglio Mario Monti per annunciare, entusiasta,
che a partire dal 2014 la Fiat di Melfi (Potenza)
avrebbe prodotto due nuovi modelli:
un utility vehicle del marchio Jeep e la nuova Fiat 500X.
«Con un investimento di oltre 1
miliardo di euro», si leggeva in una nota, «nell'impianto verranno introdotte
le più moderne soluzioni tecnologiche». Obiettivo far diventare Melfi uno
stabilimento automobilistico all'avanguardia nel mondo.
MELFI IN CASSA INTEGRAZIONE STRAORDINARIA.
Ma a distanza di neanche un mese
quello di Melfi è diventato lo stabilimento più disperato del mondo, perché nel 2014 i 5.500 lavoratori saranno ancora
in cassa integrazione. Secondo quanto ha dichiarato la Fiom, infatti, il 15
gennaio il Lingotto avrebbe richiesto per lo stabilimento di Melfi la cassa integrazione straordinaria per
ristrutturazione aziendale dall'11
febbraio 2013 al 31 dicembre 2014.
Una doccia fredda per i lavoratori che si
aspettavano solo un periodo di cassa già annunciata dal 4 al 10 febbraio
proprio per apportare cambiamenti a una
delle due linee di produzione. Invece
il periodo di fermo, che coinvolgerà a turno tutti gli operai, durerà ben due
anni.
«MARCHIONNE NAVIGA A VISTA». Una scelta che
secondo l'economista torinese della
Bocconi Giuseppe Berta ed esperto di Fiat, rientra nella ormai strategia
non strategia di Marchionne che in Italia «continua a navigare a vista».
Agevolato anche da un governo che non c'è.
«Questo è un Paese che non ha un sistema politico di controllo e di
riferimento», denuncia Berta, «e mentre accadono queste cose parla
d'altro. Incapace di affrontare simili passaggi, lascia così i suoi cittadini
indifesi».
DOMANDA.
Tutti a Melfi si aspettavano un breve periodo di cassa integrazione, ma non due
anni. Che cosa succede?
RISPOSTA.
Parliamoci chiaro: Marchionne ha sempre detto che la sua presenza in Fiat si
sarebbe conclusa a fine 2014.
D. Guarda
caso proprio quando finirà la Cig richiesta a Melfi?
R.
Sì, quindi, i problemi in Italia li lascerà a chi verrà dopo di lui. Da qui ad
allora, infatti, come lui stesso ha dichiarato anche ieri, avrà un unico
obiettivo.
D.
Quale?
R.
Completare la complessa fusione con Chrysler. Lo dice anche il ben informato Automotive
news in un video dal titolo Sergio's final mission.
D.
Più che con i nostri sindacati quindi è con quelli americani che vuole trovare
un accordo?
R.
Marchionne ha detto che vuole arrivare alla fusione il più in fretta possibile
rilevando le quote del fondo sanitario dell'Uaw, Veba. E visto che con Veba c'è
un contenzioso legale, ha persino accettato l'idea di dover pagare di più per
rilevare quelle quote.
D. E
quindi da qualche parte dovrà pur prendere i soldi...
R.
Penso proprio di sì. Tenere un miliardo di euro in cassa ora fa certamente
comodo. Marchionne dovrà fare uno sforzo eccezionale, acquisire il 41% delle
azioni Veba a un nuovo prezzo.
D.
Quale?
R.
Oggi nessuno lo conosce, ma non credo possa essere inferiore a una
maggiorazione del 30 o 40% rispetto all'offerta Fiat.
D. In
America paga, qui promette un miliardo di investimenti, ma intanto chiede due
anni di ammortizzatori sociali?
R.
Esatto. Marchionne continua a dire: in Italia non chiudo gli stabilimenti, ma
non li chiude semplicemente perché in cambio chiede di poter usare lo strumento
della cassa integrazione.
D.
Gli si può anche dire di no?
R.
Certo, però nel contesto attuale è difficile, perché non c'è un governo. E
quando ci sarà chissà cosa succederà.
D. Ma una fabbrica che chiude per due anni poi riapre?
D. Ma una fabbrica che chiude per due anni poi riapre?
R. Sì, è possibile. L'abbiamo visto nel
caso della ex Bertone, ora Officine Maserati di Grugliasco. Lì i lavoratori
hanno fatto sei anni di cassa integrazione e ora hanno ripreso a lavorare. Ma
la decisione di Melfi getta una luce particolare sulla crisi.
D.
Perché?
R. Lo
stabilimento lucano è molto più grande dell'ex Bertone e la crisi è così
profonda che non possiamo prevedere che cosa resterà in piedi della produzione
automobilistica in Italia.
D.
Quindi Marchionne si tira indietro un'altra volta perché c'è la crisi?
R.
Penso che questo suo comportamento rientri nei calcoli e nelle valutazioni di
Fiat. Vuole vedere che piega prenderà la politica italiana, che razza di
governo ci sarà in Italia. Insomma Marchionne sta navigando a vista.
D. E
intanto i lavoratori sono alla deriva.
R.
Per colpa della politica. Possiamo permetterci di lasciare un paese senza guida
per sei mesi? Questo e il prossimo mangiati dalla campagna elettorale, poi un
altro per formare il governo, poi dobbiamo eleggere il presidente delle
Repubblica. E intanto dei 520 mila lavoratori in cassa integrazione non se ne
occupa nessuno, così come di Taranto e di altre mille questioni.
D.
Nel frattempo gli avvoltoi se ne approfittano...
R. Il
governo di fatto non c'è più, di certo ora non si prende cura di questi temi e
quando se ne occuperà sarà troppo tardi, sarà tutto deteriorato.
D. Un
inizio 2013 da dimenticare?
R.
Vedo con timore questo primo semestre del 2013. Questo povero Paese rischia di
fare un bagno di sangue senza fine.
D. Da
una parte tutti cassintegrati, dall'altra tutti candidati?
R. La
campagna elettorale a cui stiamo assistendo in Italia è paradossale. Un tempo
criticavamo l'America, ma lì dell'auto, dei lavoratori si è discusso. Qua
invece o si fanno i teatrini o i dibattiti inconcludenti o si dividono
ministeri che non esistono.
D.
Mentre gli imprenditori si dividono gli ultimi ammortizzatori rimasti
R.
Purtroppo sì. E poi non doveva entrare in funzione l'Aspi? Che fine ha fatto?
Se spendiamo tutti questi soldi per pagare la cassa integrazione a Marchionne è
chiaro che poi non avremmo più soldi per l'Aspi.
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