lunedì 21 gennaio 2013

Ron, nuovo album: ‘Way Out


da: La Stampa

Ron: “La mia via d’uscita l’ho trovata in America”
Nel nuovo disco “Way Out” canzoni d’autore reinterpretate “Dedicate a mio padre e a Dalla, per me lui non se n’è mai andato”
di Piero Negri

Ron conta gli anni a partire dal 1970, quando in pochi giorni passò dai banchi di scuola al festival di Sanremo. Quindi ora ne ha 43, una bella età per cominciare a fare bilanci e raccontare storie. Come quella del primo impatto con il mondo della musica, quella vera: «Avevo 16 anni e a uno tra i tanti concorsi per voci nuove a cui partecipavo fui notato dalla Rca, che mi invitò a Roma. Ci andai con mio padre (ero minorenne, lui avrebbe firmato il contratto per me), ci fecero aspettare per più di un’ora, a un certo punto arrivò un tizio magrissimo, interamente vestito di una tuta leopardata. Era Renato Zero, mio padre lo guardò con sospetto. Poi, improvvisamente, un tipo su una sedia a rotelle, quasi completamente ingessato: dalle fasciature spuntava la barba e due occhialini tondi. Era Lucio, Lucio Dalla, che aveva appena avuto un incidente sul Grande raccordo anulare. Fu il nostro primo incontro: mi fece ascoltare Occhi di ragazza, che avrei dovuto portare al festival in coppia con Sandie Shaw, la “cantante scalza”. La canzone, che avrebbe avuto poi un gran successo nell’interpretazione di Gianni Morandi, fu bocciata e io finii a Sanremo a cantare Pa’ diglielo a Ma’ in coppia con Nada». 


Solo un anno dopo, Ron avrebbe scritto la sua prima grande canzone, Il gigante e la bambina, e la sua carriera avrebbe preso il volo. Ma in fondo tutto era già avvenuto in quel primo incontro, se oggi, a 43 anni (di carriera), Ron dedica il nuovo album (Way Out, in uscita martedì 29) alle due persone che erano con lui quel giorno. Al padre Savino, morto due anni fa, e a Dalla, che di Ron è stato il padre artistico: «Ho scritto solo un saluto, Ciao Lucio, con il disegno di un passero che prende il volo. Per me non se n’è mai andato veramente, anzi, credo che sia qui ora e si stia divertendo a sentirci parlare. Si è allontanato per un po’, ma tornerà, Lucio è immortale».  
Il giorno in cui Dalla morì, Ron ricevete la telefonata di Fabio Coppini, musicista che aveva lavorato con entrambi: «Ho sentito un senso di vuoto assoluto e poi, un istante dopo, una grande serenità». Decise di partire immediatamente per Losanna, «per vederlo l’ultima volta» e trascorse una notte che ora definisce «strana» con lui e i pochi musicisti e collaboratori che erano la sua famiglia: «Ma Lucio era uno che organizzava cene perfette, curate in ogni dettaglio, a cui invitava gli amici, con piatti raffinatissimi, poi spariva per tornare ore dopo. Era uno che si annoiava di tutto, voleva sempre essere altrove, in fondo quella strana atmosfera era quella che voleva lui». 

Altrove, guarda caso, è nato anche Way Out, questo nuovo album di Ron, molto bello e sofisticato: «Due anni fa ho vissuto per qualche settimana a New York. Ci sono andato, da solo, per respirare un’altra aria e ascoltare musica nuova. Mi è capitato di presentarmi nei locali a suonare in italiano, chiedendo cortesemente ospitalità. Il bello è che te la danno, e ti ascoltano, guardandoti negli occhi e un po’ sfidandoti. Così è iniziata una ricerca che ho condotto in gran parte in Rete e mi ha portato, a partire dallo scorso gennaio, a realizzare questo disco di canzoni anglo-americane. Le ho tradotte e poi suonate con i miei amici, grandi musicisti, nelle stanze di casa, chitarra, basso e batteria in soggiorno, il violoncello nel bagno, io a cantare, dietro un paravento, nello studio, dove c’era il mixer. Ho una sala d’incisione perfetta dall’altro lato del cortile, ma per questo disco era giusto fare così, e suonare come un tempo». 

In Way Out ci sono canzoni di David Gray, Damien Rice, Amos Lee, Michael Kiwanuka, la bellissima Gran Torino di Jamie Callum, John Mayer, Badly Drawn Boy. Il meglio della canzone d’autore contemporanea in lingua inglese, che Ron ha fatto sua, camminando sul filo di un’interpretazione molto personale e al tempo stesso estremamente rispettosa dello spirito e della lettera dell’originale. «Ho scelto in base al mio gusto - spiega - mettendo insieme canzoni che mi piacessero dal punto di vista musicale e del testo, e poi, riascoltandole, mi sono reso conto che erano tutte canzoni di resistenza. Resistere di fronte a qualcosa che ci sta facendo male, resistere e trovare una via d’uscita. È per questo che ho scelto Way Out (via d’uscita) come titolo, è ciò che queste canzoni mi dicevano, senza che me ne rendessi veramente conto: cercavano risposte, proprio come me». 

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