Il
nostro esperimento per imparare a fare giornalismo con i social media
"Perché lo fai questo Italia2013.me?"
mi hanno chiesto in tanti. Perché voglio imparare. Perché amo il giornalismo,
mi appassiona la rete e mi interessa capire se possiamo spostare l'asticella un
po' più in alto. Mi interessa vedere se riusciamo a trovare nuovi modi di
produrre contenuti, utilizzare i social network e raccontare storie.
E perché le elezioni sono un grande fatto
collettivo, l'unico a tenere catalizzata l'attenzione di un paese per trenta
giorni filati (ci sarebbero anche i mondiali di calcio, in effetti, ma manca un
anno e mezzo). Dal nostro punto di vista, queste elezioni sono un laboratorio:
il laboratorio ideale per un esperimento. Il più grande esperimento di citizen
journalism forse.
Questo progetto parte da lontano. Da due
fatti che mi erano rimasti nella mente da un po'. Il primo riguarda le ultime
elezioni in Iran. Le tragiche elezioni del giugno 2009. Ricordo il regime in
crisi, le piazze piene, i primi utilizzi massicci dei social per raccontare al
mondo quello che stava accadendo, l'hashtag #iranrevolution. E una vignetta del New
York Times.
Il presidente Ahmadinejad aveva deciso di
espellere tutti i corrispondenti stranieri perché la smettessero di raccontare
la violenta repressione in atto. Nella vignetta si vede una piazza piena, tutti
con un braccio alzato per tenere in mano un telefonino puntato sul balcone
presidenziale. E lì, Ahmadinejad con un consigliere che gli dice: "Questi
sono tutti corrispondenti!".
Il secondo fatto era accaduto nel 2008
anche se lo avevo scoperto dopo. Per raccontare le elezioni presidenziali
l'Huffington Post aveva varato un progetto che mi incuriosiva parecchio: si
chiamavaOff The Bus, giù dal bus e il riferimento era all'autobus che portava a
spasso i giornalisti per far seguire loro la corsa alla Casa Bianca. Loro, i
cronisti, erano On The Bus.
Ma per strada c'erano gli elettori, che
erano anche potenziali reporter. Che cosa vedevano dalla strada?
Ho messo assieme questi due fatti quando
dei giovani programmatori romani che stimo parecchio mi hanno mostrato per la
prima volta il prodotto che avevano apena sviluppato. Si chiama SeeJay ed
è una piattaforma che con pochi clic consente di monitorare e trasformare in
storie i contenuti che arrivano su qualunque social network. Basta con appelli
tipo: mandate le foto alla redazione che poi le montiamo noi. SeeJay fa
tutto da sola e il giornalista vista e approva. Un bel prodottino questo di
Maiora Labs (si chiama così la loro startup).
E così quando prima di Natale mi hanno
detto che la versione beta stava funzionando è nata l'idea di Italia2013. Punto
me perché il punto it non c'era e perché il punto me rende
l'idea di un prodotto basato sui social. Ne ho parlato subito con il mio socio,
David Casalini, un project manager come non ce ne sono in giro; e con Marco
Pratellesi, un giornalista digitale di rara bravura.
Non sono servite molte parole. Il 28
dicembre abbiamo scritto il progetto e ogni giorno è arrivato qualcuno ad
aiutarci. Il team di Caffeina a Parma ha sviluppato il sito, Daniele Riso la
app per Android, Silvio Accomando quella per Windows Phone (quella per iOS l'ha
firmata sempre Maiora Labs). Marco intanto ha arruolato una redazione di
volontari come noi che si stanno dimostrando dei veri talenti.
Sono basati a TAG,
il bellissimo spazio di coworking aperto da un mese a Milano. Intanto sono
saliti a bordo anche Emanuela Zaccone e Massimiliano Spaziani, per le analisi quantitative
e qualitative delle conversazioni in rete; e la Expert System di Stefano
Spaggiari che ci ha messo a disposizione la piattaforma Cogito per analisi
semantiche.
Venerdì scorso siamo partiti. A trenta
giorni esatti dal voto. I trenta giorni che cambieranno l'Italia forse. Noi
vorremmo che cambiassero un po' anche il giornalismo. Vorremmo imparare
qualcosa. Per questo proveremo, sbaglieremo, riproveremo: è inevitabile. Siamo
tutti in beta, non la piattaforma: noi che la usiamo.
Italia2013.me è un progetto aperto. Ma
aperto davvero. E' costruito per ricevere ed analizzare le conversazioni in
rete ma il nostro vero obiettivo è "arruolare" infiniti reporter.
Proprio come in quella vignetta del New York Times, siamo tutti reporter
prima di diventare elettori il 24 e il 25 febbraio. Possiamo fotografare,
twittare, raccontare, documentare. La app che abbiamo sviluppato serve a
questo: mandarci contenuti se lo volete. Comizi, poster, facce, frasi. Che
campagna elettorale vedete dalla strada?
In questo ci aiuterà la rete di fotografi
volontari di Shoot4Change: armati di un telefonino e della loro curiosità
proveranno a fotografare in certi momenti l'Italia che si prepara al voto.
Partecipa. Condividi. Vota. E' il nostro
slogan.
"Perché lo fai?". Per passione.
Segui
Riccardo Luna su Twitter: www.twitter.com/riccardowired
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