da: La Stampa
Ustica,
la Cassazione: “Fu un missile”
Stato
condannato a risarcire le vittime
La
sentenza conferma il parere della Corte d’Appello di Palermo: non è stata
garantita la sicurezza
La tesi che fu un missile ad abbattere il
Dc9 dell’Itavia ad Ustica «è abbondantemente e congruamente motivata». È quanto
si legge nella sentenza con la quale la terza sezione civile della Corte di
Cassazione ha respinto il ricorso presentato dal ministero della Difesa e delle
Infrastrutture e Trasporti e ribadito che i parenti delle vittime del disastro
vanno risarcite.
Era stata la Corte d’Appello di Palermo,
nel giugno del 2010, ad accogliere la domanda di risarcimento avanzata da
alcuni dei parenti delle vittime. «Non c’è dubbio - scrivono i giudici - che le
amministrazioni avessero l’obbligo di garantire la sicurezza dei voli e che
l’evento stesso dimostra la violazione della norma cautelare».
In tema di responsabilità civile, infatti,
dal momento che «l’omissione di una condotta rileva quale condizione determinativa
del processo causale dell’evento dannoso soltanto quando si tratti di omissione
di un comportamento di cautela imposto da una norma giuridica specifica, ovvero
da una posizione del soggetto che
implichi l’esistenza di particolari obblighi
di prevenzione dell’evento, una volta dimostrata in giudizio la sussistenza
dell’obbligo di osservare la regola cautelare omessa ed una volta appurato che
l’evento appartiene al novero di quelli che la norma mirava d evitare
attraverso il comportamento richiesto, non rileva ai fini dell’esonero dalla
responsabilità che il soggetto tenuto a detta osservanza abbia provato la non
conoscenza in concreto dell’esistenza del pericolo».
Infondata, secondo la Cassazione, anche
l’eccezione di prescrizione quinquennale delle domande risarcitorie (motivata
dai ricorrenti con il fatto che la Corte d’Appello «avrebbe ravvisato, nel
fatto, la sussistenza del reato di disastro aviatorio colposo»). Infatti,
sottolinea la sentenza, «il termine prescrizionale di 15 anni si applica alla
fattispecie non perché la Corte di Appello ha ravvisato nella vicenda gli
estremi del delitto di disastro aviatorio colposo (il che sarebbe questione di
merito) ma perché gli attori hanno dedotto che tale fattispecie sarebbe “in
tesi ravvisabile nel caso in esame”. Dunque se il giudice di merito non avesse
ritenuto fondata la domanda la avrebbe respinta, ma non avrebbe potuto
dichiararla prescritta».
La Cassazione condivide anche un’altra
conclusione della Corte d’Appello, quella secondo cui «l’attività volta a
garantire la sicurezza della navigazione aerea civile è pericolosa quando detta
navigazione risulti esercitata in condizioni di anormalità o di pericolo». E se
le amministrazioni ricorrenti «intendono prospettare la differenza tra
pericolosità della condotta e pericolosità dell’attività in quanto tale» il
motivo di ricorso è «inammissibile in quanto la distinzione tra pericolosità
della condotta e pericolosità dell’attività comporta un accertamento di fatto,
incensurabile in Cassazione se, come nella specie, congruamente
motivato».
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