da:
Il Fatto Quotidiano
Le dodici balle blu
Record di balle in solo
programma (seguirà querela).
di
Marco Travaglio
Tentare di racchiudere vent’anni di orrori
in due ore e mezza di trasmissione televisiva sarebbe stato, oltrechè
impossibile, inutile. La tecnica di
Berlusconi è nota: un cocktail micidiale di logorrea, menzogna e vittimismo
che mette a dura prova anche il più scafato intervistatore. L’altra sera, a
Servizio Pubblico, a mio modesto e
tutt’altro che imparziale parere, alcune sue balle – come quelle sull’Imu e
sul complotto delle banche tedesche, cruciali per la sua campagna elettorale –
sono state demolite dalle fondamenta. E gli sarà difficile ripeterle
impunemente di qui alle elezioni. Dovrà inventarsene qualcun’altra. Dopodiché
decideranno gli elettori, unici padroni della democrazia, anche in base alla
bontà delle offerte degli altri candidati: l’idea che una sola puntata di un
talk show possa affossare (o, al contrario, riabilitare) definitivamente un
politico è ingenua e puerile. I
giornalisti non servono a far vincere o a far perdere i voti o le elezioni
a questo o quello. Servono ad aiutare i
cittadini – in questo caso i telespettatori – a saperne un po’ di più e a formarsi un’opinione informata sulle scelte
da compiere. Gli 8,6 milioni di italiani che in media hanno seguito
Servizio Pubblico giovedì sanno qualcosa in più di quel che sapevano prima? Penso
di sì. E penso, sempre immodestamente e tutt’altro che imparzialmente, che su
Berlusconi sappiano molto più di quanto hanno saputo in tutte le altre
telecomparsate del Cavaliere degli ultimi anni. Naturalmente la sua
macchina
spara-palle, molto simile a quelle usate dai tennisti per allenarsi, ha
lasciato rimbalzare nell’atmosfera molte bugie che una risposta, anzi una
confutazione, la meritano. E che era impossibile, per i tempi televisivi,
rintuzzare l’altra sera in diretta (spesso si tratta di questioni squisitamente
tecniche, che è facile buttare sul tappeto con una battuta, ma per essere
smontate richiedono molto tempo). È quello che tenteremo ora di fare nel luogo
più adatto per l’approfondimento giornalistico: le pagine del Fatto. Cominciamo
dalle balle di B., poi proseguiremo con una rubrica quotidiana sui “pinocchi”
elettorali.
1. “Il
governo Monti, grazie a Napolitano, ha potuto usare i decreti legge anche
senza i requisiti della necessità e dell’urgenza, mentre al mio governo
non è stato permesso. Bisogna riformare la Costituzione”. Vero che Monti ha
usato e abusato dei decreti legge, abusando poi anche della fiducia per farli
convertire in legge a tempo di record esautorando completamente il Parlamento.
Falso che Berlusconi non abbia potuto usare i decreti legge: nel suo terzo
governo (2008-’11) ne ha varati ben 80; nel secondo (2001-’06) addirittura 217.
2. “Bisogna
riformare la Costituzione perché il premier non ha poteri, nemmeno quello
di sfiduciare i suoi ministri: solo quello di fissare l’ordine del giorno
dei Consigli dei ministri. I disegni di legge governativi impiegano dai
450 ai 600 giorni per essere approvati definitivamente dal Parlamento, e
quando ne escono non somigliano neppure pallidamente al testo di partenza.
Poi i tecnici del Quirinale e i magistrati di sinistra cercano i profili di
incostituzionalità per farli bocciare dalla Corte costituzionale”. Intanto il
premier ha il potere di indicare i ministri al presidente della Repubblica, che
formalmente li nomina: se li indica, è evidente che godano della sua fiducia.
Le lungaggini del bicameralismo perfetto sono note, ma non impediscono ai
governi di far approvare dalle loro maggioranze le norme giudicate più urgenti
a tempo di record, anche nella forma ordinaria del disegno di legge. Le leggi
ad personam di e pro Berlusconi hanno avuto iter rapidissimi: la legge sulle
rogatorie del 2001 passò in 93 giorni dal giorno in cui uscì da Palazzo Chigi a
quando la seconda Camera l’approvò identica e la mandò alla Gazzetta Ufficiale. La
legge Cirami del 2002 in 119 giorni, il lodo Schifani del 2003 in 69 giorni, il
lodo Alfano del 2008 in 25 giorni. Senza bisogno di riformare la Costituzione.
Poi, certo, i due lodi furono bocciati dalla Consulta : erano
incostituzionali.
3. “La
Corte costituzionale è formata da 11 giudici di sinistra su 15 nominati da tre
presidenti della Repubblica di sinistra”. Cioè da Scalfaro, Ciampi e
Napolitano. Ora, di giudici nominati da Scalfaro non ce n’è più nessuno: 3 li
ha nominati Ciampi (Gallo, Tesauro e Cassese), 2 Napolitano (Grossi e
Cartabia), 1 il Consiglio di Stato (il presidente Quaranta), 1 la Corte dei
conti (Carosi), 3 la Cassazione (Criscuolo, Lattanzi e Morelli) e 5 il
Parlamento: 3 indicati dal centrodestra (Frigo, Mazzella, Napolitano) e 2 dal centrosinistra
(Silvestri e Mattarella). Ammesso e non concesso che tutti i nominati dal
Colle siano di sinistra (falso: per esempio, Grossi è un giurista cattolico
conservatore), le toghe costituzionali “rosse” di nomina quirinalesca e
parlamentare in quota centrosinistra arriverebbero a 7. Meno della maggioranza.
4.
“Il rapporto debito-Pil al 120% non tiene conto dell’economia sommersa:
calcolandola, si scende intorno al 93-95%, una percentuale in linea
con la media degli altri debiti europei”. Ma già oggi (da un quarto di secolo:
1987, governo Craxi) il rapporto debito-Pil calcolato dall’Istat comprende “la
parte di economia non osservata costituita dal sommerso economico”, cioè –
sempre secondo l’Istat – l’attività di produzione di beni e servizi che sfugge
all’osservazione diretta in quanto connessa al fenomeno della frode fiscale e
contributiva” (circa il 17% del totale finale: nel 2011 ammontava a 270
miliardi sui 1580 di Pil emerso). Se poi valesse la tesi secondo cui il
sommerso ammonta al 31% del Pil ufficiale, il rapporto col debito non
scenderebbe comunque sotto il 110% (figurarsi il 93-95). È allarmante che un
aspirante “ministro dell’Economia e dello Sviluppo” ignori questi fondamentali.
5. “Non
ho mai potuto attuare le riforme promesse perché me lo hanno impedito i
piccoli partiti che badano solo ai meschini interessi dei loro
leaderini: una volta Casini, un’altra Fini, un’altra la Lega, e poi Tremonti…
Gli italiani devono smettere di votarli: votino un solo partito a sinistra
o uno solo a destra, dandogli il 50% necessario per governare da solo”. A parte
il fatto che Tremonti l’ha nominato ministro dell’Economia lo stesso
Berlusconi, e non una sola volta, ma tre (in tutti i suoi governi), e che le
alleanze con Fini, Casini e la Lega le ha sempre decise lui, e che solo un mese
fa si era detto disponibile a farsi da parte a vantaggio di Monti “federatore
dei moderati” per riavere Casini e Fini con sé, anche alle prossime elezioni
Berlusconi avrà come alleato la Lega (che gli impedì di riformare le pensioni)
e la Lista 3L di Tremonti. Ma non solo: accanto al Pdl si schiereranno ben 10
piccoli partiti (la Destra di Storace, Fratelli d’Italia di La
Russa-Crosetto-Meloni, Grande Sud di Micciché, Mir di Samorì, Intesa Popolare
di Catone&Sgarbi, Pensiona-ti, Pid Sicilia di Saverio Romano, Pri Calabria
di Nucara, Federazione Cristiano-Popolare di Baccini, Riformisti Italiani di
Stefania Craxi&Moggi). Come si può invitare gli italiani a non disperdere
il voto e poi allearsi con un tale pulviscolo che disperde il voto?
6.
“La frase sul Paese benestante, sugli aerei e i ristoranti pieni la ripeterei
ancora oggi perché nel 2009 la Borsa andava bene, la disoccupazione era bassa,
il turismo era alto e non c’era alcuna evidenza della crisi che si è
manifestata in seguito, con la tempesta perfetta dell’estate 2011” . A
parte il fatto che la Borsa nel 2009 altalenò fra picchi alti e picchi
bassissimi, l’economia reale era già in crisi nera tant’è che proprio in
quell’anno il numero delle imprese defunte superò quello delle nuove nate
(saldo negativo di 634 esercizi proprio nel settore bar e ristoranti). E poi la
frase sul Paese benestante e sui ristoranti e gli aerei pieni non è del 2009,
ma del 2 novembre 2011, nella conferenza stampa al vertice G20 di Cannes, dopo la
tempesta perfetta dell’estate 2011 e dieci giorni prima delle dimissioni del
governo Berlusconi. Quando tutti gli indicatori della finanza e
dell’economia reale segnavano il profondo rosso. Lo fece notare Gian Antonio
Stella sul Corriere, cifre alla mano: “Lo dicono le tabelle dei Pil del Fmi, la
disoccupazione giovanile salita al 29,3%, il crollo della competitività
turistica, i ritardi enormi sulla rete web, l’impennata ulteriore del debito
pubblico… Dice una tabella dell’Aea, l’associazione delle compagnie aeree
europee, che nel 2011 fino a settembre il load factor (cioè il riempimento)
degli aerei Alitalia è stato del 71,4% contro una media Aea del 77,6. Che si
impenna con Air France all’80,4, con l’Iberia all’82, con la Klm all’84. Lo
stesso amministratore delegato di Alitalia, Rocco Sabelli, tre settimane fa,
diceva al Corriere che sulla tratta Milano-Roma, punto di forza, il riempimento
medio è del 52%… Il load factor effettivo del 2007, per Alitalia, era molto più
alto: 78,8%. E gli alberghi “iperprenotati”? Nell’arco dell’estate, dice
un’Ansa di fine settembre su dati di Michela Vittoria Brambilla, le cose sono
andate abbastanza bene. Grazie agli stranieri, però: gli italiani in vacanza
sarebbero stati 24,5 milioni. E non più per ‘villeggiare’ un mese come un
tempo. L’Istat spiega che la rinuncia totale alle ferie nel 2001 era
determinata da motivi economici nel 33,1% dei casi: oggi questa quota è salita
al 50,1%. Quanto ai ristoranti ‘sempre pieni’, dieci giorni fa, agli Stati
generali di Confcommercio, Lino Enrico Stoppani, presidente Fipe, lanciava
l’allarme: ‘Una crisi come questa ha fatto vittime e danni dovunque, anche nel
settore dei pubblici esercizi… Le cose vanno male…’. Quanto male? Prendiamo il
Sole 24 Ore di un anno e mezzo fa: ‘I dati che emergono su un campione di circa
5 mila locali sono che il numero dei coperti nei ristoranti con fascia di
prezzo più alta è diminuito del 54,5%’. Meno coperti, soprattutto a mezzogiorno
e durante i giorni infrasettimanali, e meno vino determinano un netto calo di
fatturato che, a fronte di costi fissi inalterati, ha provocato a molti
ristoranti enormi difficoltà, a volte insormontabili…’. E da allora, non va
certo meglio. Spiegano all’ufficio studi di Confcommercio: ‘Fino al 2008 se
investivi un euro ricavavi prima della tassazione l’11% l’anno. Oggi 2,9%’”.
7.
“Durante i miei tre governi non ho mai aumentato le tasse”. Falso: anche dopo
il provvisorio calo delle tasse dovuto alla sciagurata abolizione dell’Ici nel
2008, il Dpef del terzo governo Berlusconi varato nel luglio 2008 prevedeva una
risalita della pressione fiscale complessiva al massimo storico a cui l’aveva
portata il secondo governo Prodi: 43,2 per cento. Persino la sanguinosa manovra
Salva-Italia del governo Monti nel dicembre 2011 (63 miliardi di costi in tre
anni) è costata in media alle famiglie italiane meno delle due manovre varate
dal governo Berlusconi nell’estate 2001 (145 miliardi: fonti della Cgia di
Mestre).
8. “La
signora imprenditrice ha ragione. L’euro e l’Europa hanno sottratto sovranità
monetaria all’Italia, una cosa contro la quale mi sono battuto più volte
ponendo il veto del governo italiano: perciò la Merkel ce l’ha tanto con me… È
assurdo che ci impongano di ridurre il debito di 50 miliardi l’anno: ne bastano
15”. Forse la signora ha ragione, ma delle poderose battaglie europee di
Berlusconi in nome della sovranità monetaria mutilata non c’è traccia negli
annali: anzi, risulta il contrario. È sotto il suo governo che l’Italia, come
gli altri Paesi europei, ha approvato senza batter ciglio il Fiscal Compact
(che ci impone il pareggio di bilancio in Costituzione), il Six Pack (le regole
europee che impongono proprio la riduzione di 50 miliardi all’anno di debito
pubblico ). E ha recepito (Tremonti sostiene sotto dettatura di Draghi,
Berlusconi e Brunetta) la famosa lettera della Bce che imponeva tutte le
attuali politiche di rigore e massacro sociale, in cambio della sopravvivenza
del suo governo.
9. “È
vero che alcuni miei parlamentari non erano proprio immuni da
vicende giudiziarie: ma su 400 eletti può capitare che qualcuno sfugga al
controllo”. La tesi delle mele marce è affascinante, ma reggerebbe se si
trattasse di parlamentari illibati al momento della candidatura che tralignano
strada facendo: ma, solo alle ultime elezioni politiche del 2008, Berlusconi
candidò una cinquantina fra indagati e imputati e ben 11 pregiudicati: Berruti
(favoreggiamento), Camber (millantato credito), Cantoni (corruzione e
bancarotta), Ciarrapico (ricettazione fallimentare, bancarotta fraudolenta,
sfruttamento del lavoro minorile, truffa pluriaggravata), De Angelis (banda
armata e associazione sovversiva), Dell’Utri (frode fiscale), Farina
(favoreggiamento in sequestro di persona), La Malfa (finanziamento illecito),
Nania (lesioni personali), Sciascia (corruzione), Tomassini (falso in atto
pubblico). Nel suo governo, poi infilò i pregiudicati Bossi (finanziamento
illecito e istigazione a delinquere) e Maroni (oltraggio e resistenza a
pubblico ufficiale) e diversi personaggi all’epoca imputati (Matteoli,
favoreggiamento), Fitto (corruzione, finanziamento illecito, turbativa d’asta),
Calderoli (ricettazione) o indagati come Gianni Letta (truffa, abuso, turbativa
d’asta) e Cosentino (concorso esterno in camorra).
10.
“Sulla lotta alla mafia non accetto lezioni perché nessun governo ha
sequestrato tanti beni ai mafiosi e arrestato tanti boss latitanti quanti i
miei governi”. Nessun governo ha mai sequestrato un euro di beni ai mafiosi né
arrestato un solo latitante: gli arresti e i sequestri dei beni li dispongono i
magistrati antimafia e li esegue materialmente la polizia giudiziaria. Quegli
stessi magistrati che Berlusconi definisce “cancro da estirpare” e quelle
stesse forze dell’ordine a cui tutti i governi, compresi i suoi, non han fatto
altro che tagliare i fondi, i mezzi e gli organici.
11.
“La prescrizione non significa colpevolezza, ma solo che nei tempi del processo
il pm non è riuscito a dimostrare l’accusa davanti al giudice”. Colossale
sciocchezza: la prescrizione può scattare anche dopo che i giudici hanno
sentenziato due volte sulla colpevolezza dell’imputato, e alla vigilia del
verdetto di Cassazione: cioè quando ormai il giudizio di merito è
cristallizzato e si attende soltanto quello di legittimità. L’unico caso di
prescrizione che non comporta l’accertamento del reato è quello della
prescrizione che scatta prima della condanna di primo grado, anche se spesso,
nelle motivazioni della sentenza, il giudice può scrivere che l’imputato era
colpevole ma, per motivi di tempo, non è più punibile. La prescrizione,
peraltro, è sempre rinunciabile da chi vuole essere giudicato nel merito anche
oltre i termini. C’è poi il caso frequentissimo della prescrizione abbreviata
dalla concessione delle attenuanti generiche, che naturalmente si concedono
all’imputato colpevole (non avendo l’innocente alcuna responsabilità da
attenuare). Scrive in proposito la Corte di Cassazione: “Qualora l’applicazione
della causa estintiva della prescrizione del reato sia conseguenza della
concessione di attenuanti (che ne dimezzano i termini, ndr), la sentenza si
caratterizza per un previo riconoscimento di colpevolezza dell’imputato ed è
fonte per costui di pregiudizio” (sezione IV, n. 569 21-5-1996). “Qualora alla
declaratoria di estinzione del reato per prescrizione si giunga dopo la
concessione delle circostanze attenuanti generiche, la sentenza di
proscioglimento deve contenere in motivazione l’accertamento incidentale della
responsabilità penale” (sezione VI, n. 12048, 23.11.2000). In sette dei suoi
processi penali, Silvio Berlusconi ha beneficiato della
prescrizione proprio in virtù della concessione delle attenuanti generiche.
Dunque era colpevole e l’ha fatta franca. Così com’era colpevole per i tre
falsi in bilancio dai quali è stato assolto perché “il fatto non è più previsto
dalla legge come reato” (in quanto lui stesso l’aveva depenalizzato). Così
com’era colpevole per falsa testimonianza sulla P2, ma si salvò grazie
all’amnistia del 1990.
12. “Travaglio
è un diffamatore di professione: ha dieci condanne per diffamazione”. La
diffamazione è un reato, e può essere accertato esclusivamente dal giudice
penale nel corso del processo penale. Se un giornalista viene citato in
giudizio dinanzi a un tribunale civile per avergli inferto un “danno”, il
giudice decreta la sua soccombenza nella causa se ritiene che il danno ci sia
stato, oppure no in caso contrario. Il sottoscritto, in 30 anni di attività, su
30 libri, 30 mila articoli, centinaia di trasmissioni televisive e online, è
stato denunciato circa 300 volte in sede civile e penale. In sede civile ha
perso alcune cause, pagando il risarcimento del danno, mai per avere scritto il
falso, ma perlopiù per casi di omonimia o per critiche ritenute eccessive o per
fatti veri mal compresi dal giudice o mal dimostrati dalla difesa. In sede
penale, non ha mai riportato una sola condanna definitiva per il reato di
diffamazione. Quella citata da Berlusconi nella letterina scrittagli dal suo
staff scopiazzando da Wikipedia non è né definitiva né caduta in prescrizione:
si tratta di una condanna penale in appello a risarcire Previti con una multa
di 1.000 euro (per un articolo pubblicato sull’Espresso e uscito monco a causa
di un taglio redazionale), su cui pende il mio ricorso in Cassazione senza
che nessuno abbia dichiarato la prescrizione del reato. Curioso che Berlusconi
inventi false condanne a mio carico, avendo appena finito di beatificare il
direttore del suo Giornale, Alessandro Sallusti, che di condanne definitive
(penali) per il reato di diffamazione ne ha ben sette. Ancor più curioso che
colui che comprò la sentenza Mondadori tramite Previti, che finanziò
illegalmente Craxi, che truccò più volte i bilanci delle sue aziende, che mentì
sotto giuramento sulla P2 e che soprattutto, diversamente dal sottoscritto,
deve render conto delle sue condotte agli elettori e all’intero Paese facendo
politica da vent’anni, si occupi dei reati (peraltro inesistenti) di un privato
cittadino che fa il giornalista. In ogni caso, Maria Giovanna Maglie, per
avermi definito su Il Giornale “specialista in calunnia e distruzione di
reputazione altrui”, è stata da me denunciata dinanzi al Tribunale civile di
Milano, e ha perso la causa. Il 20 febbraio 2012 il Tribunale ha
stabilito che “nella realtà dei fatti ciò non corrisponde al vero ed è stato
indiscutibilmente escluso dalle risultanze processuali, mediante produzione del
certificato del casellario giudiziale e del certificato dei carichi pendenti, i
quali entrambi escludono alcuna iniziativa giudiziaria in tal senso”. Dunque
“le espressioni utilizzate dalla giornalista, in quando consistenti in offese
non corrispondenti a verità e non sorrette da alcuna giustificazione, nonché
gravemente lesive dell’onore, della reputazione, della dignità morale e
professionale di Travaglio, integrano gli estremi” di un “illecito civile” con
un “danno patrimoniale e non patrimoniale” valutato in 30 mila euro di
risarcimento (in solido fra la Maglie e l’allora direttore del Giornale, Mario
Giordano) e 5 mila euro di pena pecuniaria (per la sola Maglie). Per gli stessi
motivi, ora denuncerò Silvio Berlusconi. In attesa di reincontrarlo a Servizio
Pubblico, sarò lieto di rivederlo in Tribunale. Sempreché, si capisce, non si
trinceri dietro la vergogna dell’insindacabilità parlamentare.
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