lunedì 28 gennaio 2013

Serie tv, ‘In treatment’: versione italiana su Sky con Castellitto e regia di Saverio Costanzo


da: La Stampa

Castellitto: metto la tv (e me stesso) sul lettino
Costanzo dirige la versione italiana della serie cult “In treatment”


Qualcuno potrebbe addirittura scandalizzarsi. Si può trattare la psicanalisi come se fosse una soap-opera? Anzi, meglio, si può immaginare«un Posto al sole scritto da Sigmund Freud»? La risposta è sì. Lo ha dimostrato In treatment, basato sul format israeliano Be Tipul, ideato dal regista e sceneggiatore Hagai Levi, e adesso la versione italiana prova a bissare il successo della serie Usa realizzata da Hbo e divenuta subito culto.  

Nell’assaggio, presentato ieri sul set, a Formello, poco fuori la capitale, c’è un Castellitto impeccabile nei panni dell’analista Giovanni alle prese con i suoi pazienti. Sul divano, sotto il suo sguardo acuto, scorrono le loro vite. Un marito stressato (Adriano Giannini) e una moglie frivola (Barbora Bobulova), una bella ragazza che si è innamorata del suo terapeuta (Kasia Smutniak), un poliziotto infiltrato (Guido Caprino) che non riesce a liberarsi dai fantasmi di un’indagine sanguinosa: «Le parole - dice il protagonista - evocano immagini, sono come fiori che si schiudono. Durante ogni seduta viene fuori un pezzo dei personaggi, l’analista è come un confessore, una iena buona che si nutre dei pazienti». 

Gli sceneggiatori di In treatment made in Italy (Ludovica Rampoldi, Stefano Sardo,
Alessandro Fabbri, Ilaria Bernardini e Giacomo Durzi) hanno «permeato tutto di una leggera mediterraneità, ma, nello stesso tempo, rinunciando a qualunque riferimento esplicito alla realtà italiana, hanno creato storie che potrebbero svolgersi ovunque». Gli argomenti al centro della serie (35 episodi prodotti dalla Wildside di Lorenzo Mieli e Mario Gianani per Sky Cinema che li trasmetterà ad aprile) riguardano tutti noi: «La vita, la morte, il sesso, l’amicizia, la paternità, la maternità, i sensi di colpa». E la cosa più bella, sottolinea Castellitto, è la grande libertà con cui vengono affrontati: «Dopo tanta tv generalista, provo l’emozione dell’assenza totale di censura, in questa sceneggiatura scritta così bene, si può parlare di tutto, affrontare qualsiasi terreno». Giovane psichiatra nel Grande cocomero di Francesca Archibugi, Sergio Castellitto dice che recitare è un po’ come andare in analisi: «Io non l’ho mai fatta, ma parlare, come fa chi va da un terapeuta, della propria anima e dei propri pensieri significa mettere in scena il proprio ego e in questo c’è un senso di vanità, proprio come quello che caratterizza gli attori... Insomma, per quanto mi riguarda, penso che a psicanalizzarmi sia stato il mio mestiere». 

Ambientato nel chiuso dello studio dove si svolgono le sedute (una per ogni puntata, dal lunedì al venerdì), In treatment ricorda il teatro, ma in realtà è un esperimento di cinema da camera, perchè non c’è niente di più kolossal, di più spettacolare, dell’avventura dentro l’animo umano: «Io sono Sara - spiega Smutniak -, faccio l’anestesista e mi innamoro del mio analista. Nel corso dei nostri incontri cerco di convincerlo che sono la donna perfetta per lui». La lavorazione, senza «flash-back» e con pochi tagli , prevede ciak che durano anche 20 minuti, cosa inimmaginabile su un set cinematografico: «Abbiamo fatto prove come per il palcoscenico - dice il regista Saverio Costanzo - questo sta diventando il divano più difficile d’Italia».  

Del cast fanno parte anche Valeria Golino nel ruolo di Eleonora, la moglie (in crisi) del protagonista, Irene Casagrande in quello di Alice, giovane danzatrice che custodisce un trauma inconfessabile, Valeria Bruni Tedeschi, sua madre, e Licia Maglietta, vecchia amica e mentore di Giovanni che va a trovarla ogni venerdì, passando dall’altra parte della barricata, ovvero da analista ad analizzato: «Le serie tv - osserva Andrea Scrosati vice presidente di Cinema Sky - hanno riportato in alto il livello della scrittura televisiva, il nostro prodotto è concentrato proprio su questo, e sullo schermo si vede». 

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