Tra poco più di un mese, sapremo quanti sono
gli italiani coglioni che credono ancora alla Lega di Maroni e a Berlusconi.
da: Lettera 43
Lega
nord, la bufala della macroregione
Maroni
vuole trattenere il 75% di tasse in Regione. Ma la percentuale è già del 66%.
Le bugie elettorali del Carroccio.
di Ulisse
Spinnato Vega
Il segretario lombardo della Lega nord, Matteo
Salvini, va in televisione e spara cifre in libertà: «Se la mia Regione dà 10
allo Stato e si vede restituire tre allora vuol dire che c’è qualcosa che non
va».
La bocca si apre solo per prendere aria: la
proporzione infatti è sballata. Su un gettito
fiscale totale nazionale che nel 2011 è stato pari a 411 miliardi di euro
(e nel 2012 è già a 378 miliardi tra gennaio e novembre), i lombardi versano circa il 21%, ossia 86
miliardi. Percentuale che collima con quella della ricchezza, visto che la più
popolosa regione italiana produce circa un quinto del Pil nazionale.
IL BALLETTO DELLE PERCENTUALI. Se Salvini avesse ragione, vorrebbe dire
che in termini di trasferimenti, compartecipazioni e servizi, la sua regione ottiene indietro solo 25 miliardi di
euro. Mentre in realtà i lombardi vedono
rientrare il 66% delle risorse prodotte, dunque una percentuale non
lontanissima dal 75% evocato nei proclami del Carroccio come la panacea di
tutti i mali.
LA SOLIDARIETÀ NAZIONALE. La differenza fa
circa 8 miliardi. Non i 20-25 miliardi di cui favoleggia il segretario federale
Roberto Maroni. E comunque rappresenta una porzione di quella quota di
trasferimenti da Nord a Sud (circa 50 miliardi) che giustificano la solidarietà
nazionale e costituiscono il collante necessario per l’esistenza stessa di uno
Stato unitario.
Certo, è naturale che poi i soldi elargiti
al Meridione vadano usati meglio di quanto accaduto finora, ma questo è tutto
un altro discorso.
Il
Cav: «Al Nord rimane già il 75% delle tasse»
La Lombardia,
peraltro, può contare su ben 11,5
miliardi di entrate dovute a tributi propri (bilancio di previsione
2012). E su 7,3 miliardi di tributi erariali e compartecipazioni attesi nel 2013.
Senza dimenticare 1,2 miliardi di assegnazioni dallo Stato (parte corrente e
conto capitale) nella previsione di competenza per il 2012.
I CASI DI VENETO E PIEMONTE. Tra l’altro,
se si allarga il discorso alla vagheggiata macro-regione
del Nord, il Veneto si riprende già
oggi il 72% di quello che elargisce e il Piemonte arriva addirittura all’86%. Dunque, in base ai numeri, non si comprende in cosa consista questo
presunto scippo ai danni dei poveri «padani».
LA RETTIFICA DI BERLUSCONI. In fondo, pochi
giorni fa era stato lo stesso Silvio
Berlusconi a smontare il giocattolo e a ridimensionare con gaffe
forse involontaria la presunta portata storica del nuovo mantra leghista. In
sede di accordo con il Carroccio, l’ex premier infatti aveva detto: «Il 75%? Al
Nord rimangono già ora le stesse
somme, se si intende questa percentuale come comprensiva delle spese di tutte
le istituzioni situate al Settentrione quindi anche le Province, i Comuni e
tutte le società o articolazioni che amministrano servizi pubblici».
Insomma, Maroni invoca la liberazione di schiavi che hanno già perso le catene.
E a dirlo è il suo primo alleato in persona.
Mentre il problema vero è che l’Italia nel suo complesso ha una pressione tributaria troppo alta (nel
2013 sarà del 45,3%) e una spesa per
gran parte inefficiente.
IL NODO DEL FEDERALISMO FISCALE. Ma cosa ne
è stato del federalismo fiscale leghista?
Un ballon d’essai rimasto nel limbo delle incompiute.
Nel frattempo nemmeno la ricca Lombardia
copre il suo settore chiave d’intervento con risorse proprie. Secondo dati
Copaff (la Commissione tecnica per l’attuazione del federalismo fiscale), il
Pirellone nel 2010 ha speso 17,5 miliardi per la sanità e solo il
64% è stato foraggiato in modo autonomo. La precentuale scende al 52% per
il Veneto e addirittura al 43% in Piemonte, poco meglio delle neglette regioni
meridionali.
Il
miraggio dell'autarchia secessionista
In più, la proposta leghista del 75% delle
tasse ai lombardi ha un sapore di autarchia secessionista che gran parte degli
osservatori bolla come eticamente discutibile, antistorica e persino
tecnicamente impraticabile.
LA GEOGRAFIA DEI RICAVI. Se si considera la ricchezza imponibile, per esempio quella delle imprese, su cui viene impostata la rivendicazione delle camicie verdi che sottrarrebbe risorse allo Stato centrale per mantenerle sul territorio, va detto che in gran parte si tratta di ricavi che non scaturiscono da quello stesso territorio, ma derivano da vendite nel resto d’Italia o magari all’estero. Un fatturato che spesso viene realizzato da filiali che si trovano al Sud o in Europa e nel mondo. Allora sorge una domanda: perché un flusso di ricchezza che viene creato in Campania o in Sicilia, e ha in Lombardia solo la sede legale di riferimento, deve rimanere a beneficio esclusivo dei lombardi?
LA GEOGRAFIA DEI RICAVI. Se si considera la ricchezza imponibile, per esempio quella delle imprese, su cui viene impostata la rivendicazione delle camicie verdi che sottrarrebbe risorse allo Stato centrale per mantenerle sul territorio, va detto che in gran parte si tratta di ricavi che non scaturiscono da quello stesso territorio, ma derivano da vendite nel resto d’Italia o magari all’estero. Un fatturato che spesso viene realizzato da filiali che si trovano al Sud o in Europa e nel mondo. Allora sorge una domanda: perché un flusso di ricchezza che viene creato in Campania o in Sicilia, e ha in Lombardia solo la sede legale di riferimento, deve rimanere a beneficio esclusivo dei lombardi?
MEZZOGIORNO PRIMO MERCATO. Il Mezzogiorno d’Italia è il primo mercato per i prodotti delle
regioni settentrionali. La sola Lombardia ricava più di 50 miliardi di euro
l’anno dalla vendita dei suoi prodotti da Roma in giù.
Su chi ricadrebbe il peso di una
fantomatica autarchia fiscale del
Nord che provocherebbe ostracismi e una qualche, pur informale, ritorsione
protezionistica da parte delle altre regioni d’Italia? Ha senso vellicare
pulsioni secessionistiche totalmente anacronistiche?
L'OSTACOLO COSTITUZIONALE. Infine c’è il
nodo istituzionale che lascia facilmente intendere come la promessa del «75% ai lombardi» sia mera propaganda.
I leghisiti evocano quale esempio da
seguire il regime delle regioni a statuto speciale. Per trasformare la
Lombardia in qualcosa di similie alla Sicilia
o al Trentino, però, bisogna
modificare il Titolo V della
Costituzione, passando attraverso l’iter parlamentare lungo e difficile
della procedura aggravata di riscrittura della Carta.
LA RIFORMA DEL TITOLO V. L’eventuale
riforma con doppia lettura degli articoli 116, 117 e 119 avrebbe bisogno dei due terzi di maggioranza per evitare il
referendum confermativo. La Lega pensa davvero di raccogliere numeri del genere
in parlamento? O anche solo di raggranellare una maggioranza assoluta?
Il Carroccio minoritario e frontista del
2013 ritiene davvero di riuscire laddove ha fallito il partito bossiano che era
in maggioranza e al governo nel 2008-2011?
Dopo il federalismo fiscale, ecco un altro ballon d’essai lanciato
in cielo dalla dirigenza di via Bellerio.
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