La rivincita del grande
entertainer
di
Gregorio Paolini
Ci aspettavamo un grande match e abbiamo
avuto una grande serata di wrestling. Nel mondo del wrestling la regola
principale si chiama kayfabe: kayfabe
è l'insieme degli elementi che fanno di quello strano genere di lotta fatta di colpi apparentemente proibiti,
mascherate, voli a sorpresa oltre il ring, insulti e duri confronti anche
verbali una messinscena scritta e
concordata tra i partecipanti al match, in modo da trasformarlo in un rassicurante show.
Era una situazione obiettivamente difficile. Ma scegliendo di concordare il terreno di gioco, gli
argomenti di cui si poteva e non poteva parlare e la liturgia teatrale del confronto Michele Santoro, Marco Travaglio &
C. non hanno potuto che soccombere di fronte alla sagacia del più grande entertainer che l'Italia post
unitaria abbia conosciuto. Come il Sinatra degli ultimi spettacoli,
nonostante qualche stecca, stonatura e dimenticanza il Cavaliere si è pappato
la scena, fino a conquistare anche drammaturgicamente il centro dello stage,
quando si è seduto al tavolo al posto di Travaglio.
Certo, già a priori era chiaro che rispetto all'agenda del governo, alla
moneta unica e all'Europa le posizioni di Berlusconi
e di Santoro viaggiavano verso
quelle che un tempo si sarebbero chiamate le convergenze parallele. E come
faccio a confrontarmi duramente con
te se poi nutriamo simili, anche se diverse, pulsioni populiste? Non a caso nessuno, men che meno Santoro, ha evocato
nello studio, per tutte le tre ore della trasmissione, il nome di Bersani.
Meglio allora puntare sull'audience: che darà sicuramente grandi
soddisfazioni a Servizio Pubblico. Non so però quale sarà il gradimento (non l'ascolto) del pubblico di Santoro per una serata che ha ricordato l'ultima
puntata di Lost: quando le attese e
gli interrogativi di anni di programmazione si addensano tutte verso il momento
fatidico dell'incontro con il proprio destino, o se preferite, con il proprio villain.
Per venir poi disattese. In studio l'ansia da prestazione era quasi palpabile.
Bastava vedere l'atteggiamento di
Travaglio, così diverso dai toni sprezzantemente ilari che gli sono soliti.
Sembrava che fosse esposto alla kriptonite.
E invece era Silvio Berlusconi. Che con i suoi coup de theatre nutrirà le
moviole televisive per le prossime settimane. E rinfrancherà una parte del suo elettorato. Rischiando di rimanere
sgradevolmente aggrappato alla memoria del pubblico più tradizionalmente fedele
a Santoro.
Se l'obiettivo
era quello di un grande spettacolo, nonostante un primo tempo abbastanza
moscio, lo show c'è stato e farà i suoi grandi numeri. Se lo scopo era quello
di fornire una grande serata di giornalismo
televisivo possiamo tranquillamente affermare che è stata un'occasione
persa. (Certo, qua non si rischiano editti: fra un mese nessuno potrà dire che Bersani avrà vinto - se avrà vinto -
grazie a Michele Santoro).
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