da: Il Fatto Quotidiano – 29 agosto 2013
Il
tentativo di salvare il governo dalla condanna definitiva di Silvio
Berlusconi ha portato alla grande recita di ieri, intitolata “abolizione dell’Imu”.
Come farà il Cavaliere a far cadere un
esecutivo che ha realizzato l’unico punto del suo programma elettorale? Da Arcore sono
arrivati segnali di giubilo.
L’obiettivo politico è stato raggiunto, la
stabilità è assicurata, il premier Enrico Letta annuncia che il
governo non ha più una data di scadenza. Nel nome di un presunto interesse
nazionale (la difesa delle larghe intese) i fatti sono stati aboliti. Per
i pochi a cui interessano ancora, sono questi: l’Imu 2012 sulla prima casa
non è stata restituita come promesso da Berlusconi, quella del 2013 è stata
condonata a metà, la rata di 2,5 miliardi di giugno non sarà pagata a
settembre, grazie a coperture molto creative. Ma gli altri due miliardi per
compensare la rata di dicembre non sono stati trovati. C’è soltanto un accordo
politico. Se ne riparla a ottobre, con la legge di stabilità per il
2014.
Il governo ha quindi fatto l’unica cosa in
cui finora ha dimostrato una capacità ineguagliata: prendere tempo (o perderlo,
a seconda delle valutazioni). L’Imu sulla prima casa doveva garantire
all’erario ogni anno 4 miliardi. Abolire una tassa significa trovare
una fonte alternativa di gettito per gli anni a venire o tagliare le spese in
modo strutturale di pari entità. Il governo ha soltanto annunciato l’arrivo di
una Service Tax comunque centrata sulla casa e che dovrà garantire
all’erario circa le stesse risorse. O forse di più, perché a gestirla saranno Comuni con
le casse vuote.
Ma Letta promette che il carico
fiscale sarà redistribuito. Il primo sgravio è per il non profit: la
Chiesa, che già era riuscita a schivare l’Imu nel 2013 nonostante la riforma
Monti, può stare tranquilla. Sei milioni di italiani senza lavoro aspettano che
governo e Quirinale trovino il tempo di occuparsi anche di cose serie e non
soltanto degli interessi di Berlusconi.
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