lunedì 9 settembre 2013

Il Sole 24 Ore: dal 10 settembre, la collana “Enzo Jannacci, la storia del mago”

da: Il Sole 24 Ore

Ho visto un re, Enzo
di Riccardo Piaggio

Sudava ovunque calcestruzzo, poi si copriva dalla vergogna con il suo pesante mantello di nebbia, tra un vermouth e un salto al night club, a due passi dal mondo. Era il 1964. La Milano di Enzo Jannacci era lo scenario perfetto per inventare una nuova drammaturgia, presa dalla strada.
Lui era il fotografo. Le sue canzoni surreali, al contrario di quelle di quasi tutti i grandi autori italiani (Dalla e Mia Martini hanno cominciato come cantanti yé-yé), erano già tutte lì, come la sua Milàn. I titoli della prima avventura discografica di Jannacci? El portava i scarp del tennis, T'ho compraa i calzett de seda, Andava a Rogoredo, Ma mi, M'hann ciamàa. Dialetto e miserie urbane. Tutta roba per cui prima veniva da piangere e dopo si scoppiava a ridere.
E viceversa. All'epoca, i più si rifugiavano negli amori a portata di rima, o guardavano verso gli americani. Lui no. Aveva capito che al bar, alla stazione o in quelle minuscole lingue nere e bucate che sono i marciapiedi milanesi, c'erano le chiavi di un mondo che ne raccontava molti. Così, sono nate le grandi storie di fabbrica e di cazzeggio, di grandi sconfitte e di piccole speranze quotidiane. Il clima era quello, e le storie giravano di conseguenza.

Il grande segreto delle canzoni di Jannacci, la ragione per la quale si possono agevolmente ascoltare anche due, tre volte di seguito, risiede prima in quella voce domestica, familiare, poi nell'umanità di personaggi universali ma affatto retorici. Barbùn e malnat non erano archetipi da bollettino politico, ma per l'appunto malnat e barbùn.
Questa la differenza tra un antropologo delle emozioni come era lui e i tanti "sociologi" della canzone politica che si gonfiavano di utopie e poi cadevano come foglie. Diplomato in armonia, composizione e direzione d'orchestra, a un passo da quello in pianoforte, Enzo Jannacci aveva un dono che non coincideva con i titoli, la voce, coltivato con una curiosità da vero umanista. Pur avendo suonato a metà degli anni 50, come jazzista, con icone del calibro di Stan Getz, Chet Baker e pure il nostro Franco Cerri, vuole portare a Milano e in Italia il rock'n'roll.
Va a fare (siamo ancora nei 50) il tastierista dei Rocky Mountains, urlatori metropolitani sotto la curatela di Tony Dallara, ma la svolta sono le visite milanesi, negli studi Ricordi, della Scuola Genovese (Bindi, Tenco e Gino Paoli). A Milano, in quegli anni, le cose succedono. Il posto giusto è il Derby, in via Monte Rosa, dove Jannacci conosce Dario Fo e il duo Cochi e Renato. Ma in cui nascono anche alcuni suoi personaggi. Al Derby arriva di tutto, da Aznavour a Luciano Lutrig, il «solista del mitra».
Sempre in direzione contraria, con il sorriso e la leggerezza di chi dà forma compiuta alle cose, compone ballate medievali e omaggi alla resistenza (Sei minuti all'alba) ma, nell'anno della contestazione, firma con Dario Fo e Fiorenzo Fiorentini il capolavoro del disimpegno impegnato, Vengo anch'io. No, tu no, il quarto album che contiene canzoni bestseller come Ho visto un re.
Al decennio successivo appartengono i grandi successi, da Vincenzina e la fabbrica a Quelli che.... Il 1980, con l'album Ci vuole orecchio, segna, con giusto tempismo, l'epigono di una grande stagione, per lui e la sua Milano. Chirurgo, attore, autore. E cabarettista. Infine, cantante. Era la carta d'identità di un milanese che ne rappresentava cento. Anzi, forse (quasi) tutti, perché i personaggi cantati, curati, interpretati, derisi e compianti da Jannacci erano i disgraziati esistenziali e sociali che hanno riempito, per tre generazioni, ogni lembo della grande giungla d'asfalto nazionale, sottobosco compreso.
Enzo Jannacci è morto all'età di settantasette anni, il 29 marzo scorso. Il racconto della sua vita, in contropiede, arriva già nel 2011; Aspettando al semaforo. L'unica biografia di Enzo Jannacci che racconti qualcosa di vero (Mondadori) è il racconto del figlio Paolo, polistrumentista di grande talento, e fotografia, gestuale e (quando canta) vocale del padre, di cui coltiva la prima passione, il jazz.
Il quale, grande conoscitore di intrugli post-sbornia, ha vissuto, digerito e smaltito ogni luogo in cui si soffriva, si sperava, si creava e ci si dimenticava del mondo, nella sua Milano. Regalandole un piccolo miracolo. Con Enzo Jannacci, la città più bulimica d'Italia si è trasformata in qualcosa di più umano, un'isola delle storie, capace di accogliere, condividere ed esportare le proprie miserie. Senza i suoi intrugli, sarà più difficile smaltirle, la mattina dopo.

la collana
Dal 10 settembre e per i martedì successivi il Sole 24 Ore presenta «Enzo Jannacci – la storia del Mago», una collana composta da 8 cd e un dvd (al prezzo di 9,90 ciascuno più quello del quotidiano) che ripercorre la vita del geniale cantante. Ad ogni uscita, libretti inediti che raccontano la storia di ogni canzone, con foto d'archivio, aneddoti e contributi di amici e artisti Paolo Tomelleri, Paolo Rossi, Massimo Boldi, Gianni Mura, Claudio Bisio, Dario Fo ed altri. L'opera intera è curata e supervisionata dal figlio Paolo. Con la 1° uscita la raccolta «il primo Jannacci» il cofanetto raccoglitore in regalo.

«il primo jannacci» 17 settembre
«una missione sociale» 24 settembre
«le storie del mago» 1 ottobre
«enzo vede lontano» 8 ottobre
«un periodo intenso» 15 ottobre
«canzoni ad alto volume»22 ottobre
«l'avventura con paolo» 29 ottobre
«la maturità e la sua milano» 5 novembre
 

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