mercoledì 11 settembre 2013

Norvegia: vince il partito del fisco leggere e del Governo snello

da: Il Sole 24 Ore

In Norvegia vince il partito del fisco leggero e del Governo snello
di Gianluca Di Donfrancesco

Ci sarà anche il partito di Anders Behring Breivik, l'autore del massacro di Oslo e Utoya, nella coalizione che guiderà la Norvegia. Le prime elezioni dopo la strage del 2011 hanno incoronato Erna Solberg, leader dei conservatori, premiata dalle promesse di tagli delle tasse. Ma hanno anche probabilmente segnato l'ingresso nella maggioranza del Partito del progresso, di cui Breivik fece parte fino al 2006. Il partito, che neanche a dirlo, prese le distanze dall'assassino, con il 6,6% dei voti ha ottenuto 29 seggi e sarà necessario alla Solberg per avere il controllo del Parlamento.
Le forze di centrodestra raggiungono insieme il 53,9% dei voti, pari a 96 seggi. Oslo avrà così il primo ministro conservatore dal 1990, anche allora al Governo c'era una donna, Gro Harlem Brundtland, la prima a guidare il Paese e ancora ricordata come la «madre della nazione». I laburisti del premier uscente, Jens Stoltenberg, pur sconfitti restano il primo partito, con il 31%, e la coalizione di centrosinistra si ferma al 40,5%, penalizzata dall'astensionismo: l'affluenza si è fermata al 71,4%, la più bassa dal 1927.

Populisti sdoganati? 
L'ingresso del populista e xenofobo Partito del progresso nel Governo sarebbe una svolta per il Paese: nato nel 1973 come un movimento di protesta contro le tasse, è stato sempre tenuto ai margini per la sua difesa della «purezza culturale del popolo norvegese», spesso sbandierata dalla leader Siv Jensen, che in campagna elettorale ha proposto la creazione di «campi di raccolta per richiedenti asilo».
Per questo Paese, che ha una disoccupazione appena al 3%, un costante flusso di immigrati è essenziale per evitare che il mercato del lavoro si surriscaldi. I salari nell'industriale superano già del 70% la media europea. Nel 2012, il Paese ha accolto circa 70mila stranieri, alla fine del primo trimestre di quest'anno, nel sistema produttivo norvegese c'erano 67.600 posizioni lavorative scoperte.
La cassaforte del petrolio 
La Solberg, una ex scout che ha vinto la dislessia, avrà comunque il suo bel da fare a superare le divisioni che separano i partiti di destra, e non solo sulle politiche dell'immigrazione. I Conservatori si sono impegnati a dare al Governo la coalizione più ampia possibile, ma dovranno vincere la riluttanza dei partner minori (cristiano democratici e liberali) ad allearsi con i progressisiti.
Altra questione da affrontare sarà quanto destinare alla spesa pubblica dei 750 miliardi di dollari (pari al 150% dell Pil) custoditi dal Fondo sovrano norvegese, con forti probabilità che cresca. Per quest'anno i laburisti hanno fissato questa quota al 3,3%, al di sotto del tetto del 4% stabilito nel 2001, ma duramente contestato dal Partito progressista, che da sempre vorrebbe mano libera per finanziare le infrastrutture. La Solberg non sembra intenzionata a infrangere il limite massimo, tanto più che basterebbe salire al 4% per ottenere una manovra di stimolo pari al 2% del Pil norvegese.
Una riforma del Fondo è comunque probabile. Istituito nel 1990 per raccogliere e gestire i proventi del petrolio, è diventato il più grande fondo sovrano al mondo, avendo quadruplicato il suo valore dal 2005. Può comprare solo azioni estere (e senza salire oltre il 10% del capitale di una singola società), obbligazioni e proprietà. Il suo portafoglio è composto per il 60% da azioni, per il 35% da bond e per il 5% da immobili. Non può comprare "in casa" per non ingigantire il già ampio settore pubblico.
I conservatori hanno allo studio l'ipotesi di dividerlo in due fondi e di consentire investimenti in private equity e infrastrutture, sempre all'estero. E forse una riforma sarebbe anche auspicabile, dato che il Fondo fallisce costantemente il proprio target di rendimento del 4%: nel secondo trimestre, per esempio, ha portato a casa solo lo 0,1%. Anche a bocce ferme, entro il 2020 arriverà comunque a valere il 200% del Pil norvegese.
Fisco leggero e liberalizzazioni 
I Conservatori sono stati premiati per il loro programma di taglio delle tasse, potenziamento delle infrastrutture, alleggerimento delle regole per la concessione di mutui immobiliari (irrigidite per prevenire una bolla) e maggior coinvolgimento dei privati nella sanità e nell'istruzione. Durante la campagna elettorale, la Solberg aveva proposto la vendita di una quota (si parla del 16%, per 11 miliardi di dollari) della compagnia pubblica Statoil, che estrae oltre il 70% del petrolio e del gas norvegesi, come parte del più ampio programma di liberallizzazione dell'economia. Magari riducendo la quota dello Stato nell'operatore telefonico Telenor e in Norsk Hydro (alluminio).

La coalizione di centrosinistra ha pagato invece il rallentamento dell'economia. Nel bilancio dei suoi otto anni di Governo, Stoltenberg poteva vantare il fatto che il Paese è riuscito ad attraversare la recessione dell'Eurozona senza traumi. Ma negli ultimi due anni la crisi si è fatta sentire e il Pil frena ormai al +2%. Un miraggio per quasi tutta Europa, una delusione a queste latitudini.

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