lunedì 30 settembre 2013

Crisi di governo: Alessandro Gilioli, “Le cose possibili, adesso”





Le cose probabili adesso sono due, sotto gli occhi di tutti.
Primo, un ‘governicchio’, come si suole dire, con una quindicina di new responsabili, che la tiri in lungo ancora un po’.
Secondo, se i new responsabili non si trovassero magari perché terrorizzati all’idea di finire nel fango del Giornale (gli tirerebbero fuori pure i divieti di sosta di vent’anni fa), le elezioni sotto l’albero, come si è detto. Con il Pdl scatenato, il Pd che si affida disperatamente a Renzi, il M5S che punta all’improbabile en plein per rovesciare il tavolo.

Nel frattempo, l’economia italiana eterodiretta come e più che ai tempi di Monti, e tutti a rinfacciarsi che è colpa di quell’altro.
Lati positivi nel primo caso (per il resto squallidissimo): uno solo. E cioè che non si fermerebbe il processo di decadenza di Berlusconi, né quindi il suo diventare un cittadino come gli altri di fronte alla giustizia.
Basta, nient’altro. Nient’altro di buono, intendo dire. Letta vorrebbe fare il bis. Ma si parla anche di Grasso, che in questi mesi è stato muto su tutto perché molto ambisce, sembra quasi uno Spadolini reloaded. Lasciamo perdere le voci
su Amato non perché assurde, ma per eccesso di tristezza, già il tempo è uggioso.
Nel secondo caso, di buono ci sarebbe che in qualche modo si restituisce la parola ai cittadini.
In qualche modo, perché sempre con il Porcellum si andrebbe molto probabilmente a votare. Al limite, depurato del mega premio di maggioranza alla Camera, se la Consulta intervenisse su questo in modo ‘disapplicativo’, come si dice. Improbabile invece che bocci l’intera legge facendoci tornare al Mattarellum.
In ogni caso, anche con il Mattarellum, stanti i sondaggi attuali, avremmo un ‘tripareggio’ o qualcosa di simile, in termini di seggi: quindi saremmo daccapo, come sei mesi fa.
Fin qui, le cose probabili: c’è poco da tirare fuori lo champagne, insomma, anche se almeno è finita l’ipocrita bufala della pacificazione – e le larghe intese hanno avuto il loro prevedibile epilogo.
Ma non è molto consolante, saper di aver avuto ragione. Non è molto consolante finché non si creano le condizioni per un’alternativa possibile, un’alternativa di cambiamento sostanziale, sociale e civile.
Quella di cui il Pd non ha mai parlato nella scorsa campagna elettorale, salvo scoprirla fuori tempo massimo e a scopo puramente opportunistico, quando si è trovata senza i voti al Senato e si è messo brevemente a corteggiare il M5S.
Ma anche quella che Grillo e Casaleggio non si sognano nemmeno di ipotizzare, presi dal proprio autocompiaciuto e apocalittico millenarismo, con un terrore di ‘contaminarsi’ al limite della rupofobia.
Qui siamo.
Per il resto, lontano dai Palazzi, un Paese con sempre più rabbia e sempre meno speranze, che finirà per guardare alla politica – tutta la politica – come a un vecchio stalker da cui tenersi lontano.

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