mercoledì 18 settembre 2013

Luciano Ligabue: “Il mio Miserere rock sugli abusi di potere”

da: La Stampa

Luciano Ligabue “Il mio Miserere rock sugli abusi di potere”
Per il rocker settimana di sold out all’Arena di Verona “Non l’avevo mai fatto, ma oggi devo cantare la crisi”
di Marinella Venegoni



Il cartello «Più Liga per tutti» rovinato dalla pioggia, tutto intorno un fiorire di mantelline colorate tipiche, modello Arena Bagnata. I rosa, i gialli, gli azzurri che restituiscono l’idea di una festa fanciullesca, come in effetti è, incurante del maltempo. Il Liga, più giovane col capello corto, il ciuffo alto un po’ Elvis un po’ punk, non sembra più lui ed è commosso davvero, ieratico, mentre canta a cappella, sommerso dai cori, Il giorno del dolore che uno ha, poi attacca la magnifica, anche a vedersi, orchestra dei 64 giovanissimi più uno (il maestro Marco Sabiu) ed invenzione e tradizione danzano senza paura, mentre si affacciano Il peso della valigia e Leggero. Un concerto rock con contorno di orchestra per dare l’arrivederci ad Arrivederci mostro e riprendersi la strada che porta verso il nuovo album, riscoprire ancora una volta il legame fra i giovani, giovanissimi, e il loro idolo: uno che tanti anni fa ha pensato al rock
come modello per raccontare la ambasce, le storie e i tipi del suo Bar Mario e gli è andata davvero bene: non solo un maestro nostrano del pop, ma regista, scrittore, maitre-à-penser, in quest’Italia che ha perso la bussola e si consola in una notte di pioggia cantando.

E così, come omaggio al Centenario della Fondazione Arena, siamo al ritorno nel tempio veronese che fu un tempo (ormai lontano, pre-Gianmarco Mazzi) appannaggio della sola lirica. Luciano Ligabue ha felicemente visto esaurite in sole 2 ore le prenotazioni per le sei date dell’Arena, il che era anche prevedibile per un artista con uno zoccolo durissimo di fans: 72 mila persone in una settimana. Nel tempo ormai lungo che lo separa dal debutto, egli ci ha insegnato non solo i ritmi delle sue canzoni ma anche quelli della sua vita. E abbiam capito che alle parentesi di silenzio, nel mondo del Liga, fanno seguito autentici scoppiettii personali e artistici che difficilmente possono passare inosservati. Stavolta, però, si è superato.  

Prima, c’è stato il taglio epocale di capelli che lo ha praticamente ridisegnato nel fatale passaggio alla mezza età (il Liga ha 53 anni) alla fine dello scorso maggio, con esposizione dell’immagine al popolo. Poi, il matrimonio con la sua Barbara, mamma della secondogenita Linda che ha ormai 8 anni, il 7 settembre scorso. E ancora, ha concorso all’attenzione l’uscita del primo album da solista del fratello Marco Ligabue già con i Rio, il 10 settembre. 

Subito dopo, e subito prima di questa tornata di concerti, ecco un libro intervista «La vita non è in rima (per quello che ne so)» a cura di Giuseppe Antonelli, storico della lingua Italiana all’Università di Cassino, nel quale si cerca di svelare il misterioso connubio fra testi e musica, da parte di un personaggio che per quanto timido rivela poi, davanti alle domande più intime sulla propria tecnica di scrittura, una limpida serenità e chiarezza nell’esposizione.  

Ben recensito il libro da gente di spessore del mondo accademico, raramente disposto ad abbassarsi al pop, Ligabue incassa intanto anche la gloria delle citazioni ripetute da parte del Primo Ministro Letta: l’ultima volta da Chianciano, quando è ricorso al «Sud, terra di bellezza senza navigatore» per esprimere un concetto difficile da addolcire. Sono anni troppo problematici per mettere l’Italia nelle canzoni, se non fosse per Battiato e per lui tutti, ormai, si tirano indietro. 

Ma dal libro di Antonelli, in una rincorsa senza fine verso il futuro, abbiamo intanto pure appreso i titoli e i testi delle canzoni che riempiranno il nuovo album di inediti (almeno su quello, grazie al cielo, resta una piccola sorpresa) in uscita il prossimo 26 novembre. E intanto è ovviamente uscito una settimana fa un singolo, «Il sale della terra» che manco a farlo apposta cita «Il capitano che fa l’inchino» proprio in questi giorni di diretta dal Giglio dell’epica impresa che riguarda la Concordia.  


Insomma, le concomitanze si fanno inquietanti, e cooperano ad attirare l’attenzione forse più della stessa canzone, un doloroso (ma ahimé non così avvincente, musicalmente) miserere rock sulle tribolazioni di questa crisi «che non è solo economica, ma sociale e di comportamento» come spiega lui al suo intervistatore. «Ha a che fare con il bisogno di potere, con le conseguenze prodotte da chi vuole conquistare il potere a ogni costo e a ogni costo mantenerlo». E Il sale della terra ha finito ieri sera per diventare il gioiello finale, quando l’Orchestra Sinfonica se n’è andata e scritte topiche sono apparse sul maxi schermo, mescolando Henry Kissinger («Il potere è l’afrodisiaco supremo») con Jimi Hendrix («Quando il potere dell’amore avrà superato l’amore per il potere, si avrà la pace») prima che Ligabue desse l’arrivederci al Mostro per avventurarsi nel nuovo mondo musicale.  

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