da: Famiglia Cristiana
Il
ritratto inedito di Papa Francesco
In
una lunga intervista concessa alla rivista dei gesuiti La Civiltà Cattolica,
Bergoglio parla a tutto campo di se stesso, dell'elezione papale, dell'idea di
Chiesa che ha in mente, delle pecorelle smarrite e della spiritualità gesuitica
di Antonio
Sanfrancesco
Come ha ammesso lui stesso, Papa
Francesco non ama le interviste. Eppure sul volo di ritorno da Rio de Janeiro,
lo scorso luglio, non si è sottratto alle domande dei giornalisti che lo
accompagnavano in aereo. Anche sui temi più scottanti dell’attualità della
Chiesa. Ora il pontefice torna a parlare attraverso un’intervista, la prima del
pontificato.
A realizzarla padre Antonio Spadaro, direttore de La Civiltà Cattolica, la rivista dei gesuiti pubblicata con l’imprimatur della Segreteria di Stato.
Spadaro ha incontrato Francesco nel suo
studio privato a Santa Marta, nel corso di tre appuntamenti il 19, il 23 e il
29 agosto. In circa trenta pagine Jorge
Mario Bergoglio traccia un identikit inedito di se stesso, che include
anche le preferenze artistiche e culturali; primo Papa gesuita della storia spiega
l’idea che ha della Compagnia di Gesù; analizza il ruolo della Chiesa oggi e
indica le priorità dell’azione pastorale; affronta le domande che la società e
l’antropologia contemporanea pongono all’annuncio del Vangelo.
Ecco alcuni stralci con le parole del Papa
Ecco alcuni stralci con le parole del Papa
Le interviste
«Non ho riconosciuto me stesso quando sul
volo di ritorno da Rio de Janeiro ho risposto ai giornalisti che mi facevano le
domande»
Chi è Jorge Mario Bergoglio?
«Non so quale possa essere la definizione
più giusta… Io sono un peccatore. Questa è la definizione più giusta. E non è
un modo di dire, un genere letterario. Sono un peccatore (…) Sì, posso forse
dire che sono un po’ furbo, so muovermi, ma è vero che sono anche un po’
ingenuo. Sì, ma la sintesi migliore, quella che mi viene più da dentro e che
sento più vera, è proprio questa: “sono un peccatore al quale il Signore ha
guardato”». E ripete: «io sono uno che è guardato dal Signore. Il mio motto
Miserando atque eligendo l’ho sentito sempre come molto vero per me. Il gerundio
latino miserando mi sembra intraducibile sia in italiano sia in spagnolo. A me
piace tradurlo con un altro gerundio che non esiste: misericordiando»
L’appartamento pontificio
L’appartamento pontificio
«L’appartamento pontificio nel Palazzo
Apostolico non è lussuoso. È antico, fatto con buon gusto e grande, non
lussuoso. Ma alla fine è come un imbuto al rovescio. È grande e spazioso, ma
l’ingresso è davvero stretto. Si entra col contagocce, e io no, senza gente non
posso vivere. Ho bisogno di vivere la mia vita insieme agli altri»
Il discernimento spirituale
Il discernimento spirituale
«Questo discernimento richiede tempo.
Molti, ad esempio, pensano che i cambiamenti e le riforme possano avvenire in
breve tempo. Io credo che ci sia sempre bisogno di tempo per porre le basi di
un cambiamento vero, efficace. E questo è il tempo del discernimento. E a volte
il discernimento invece sprona a fare subito quel che invece inizialmente si
pensa di fare dopo. È ciò che è accaduto anche a me in questi mesi. Il
discernimento si realizza sempre alla presenza del Signore, guardando i segni,
ascoltando le cose che accadono, il sentire della gente, specialmente i poveri.
Le mie scelte, anche quelle legate alla normalità della vita, come l’usare una
macchina modesta, sono legate a un discernimento spirituale che risponde a una
esigenza che nasce dalle cose, dalla gente, dalla lettura dei segni dei tempi.
Il discernimento nel Signore mi guida nel mio modo di governare»
Lo stile di governo
Lo stile di governo
«Ecco, invece diffido delle decisioni prese
in maniera improvvisa. Diffido sempre della prima decisione, cioè della prima
cosa che mi viene in mente di fare se devo prendere una decisione. In genere è
la cosa sbagliata. Devo attendere, valutare interiormente, prendendo il tempo
necessario. La sapienza del discernimento riscatta la necessaria ambiguità
della vita e fa trovare i mezzi più opportuni, che non sempre si identificano
con ciò che sembra grande o forte»
Sant’Ignazio e gli Esercizi spirituali
Sant’Ignazio e gli Esercizi spirituali
«Ignazio è un mistico, non un asceta. Mi
arrabbio molto quando sento dire che gli Esercizi spirituali sono ignaziani
solamente perché sono fatti in silenzio. In realtà gli Esercizi possono essere
perfettamente ignaziani anche nella vita corrente e senza il silenzio. Quella
che sottolinea l’ascetismo, il silenzio e la penitenza è una corrente deformata
che si è pure diffusa nella Compagnia, specialmente in ambito spagnolo. Io sono
vicino invece alla corrente mistica, quella di Louis Lallemant e di Jean-Joseph
Surin. E Favre era un mistico»
La commissione degli otto cardinali
La commissione degli otto cardinali
«Adesso sento alcune persone che mi dicono:
“non si consulti troppo, e decida”. Credo invece che la consultazione sia molto
importante. I Concistori, i Sinodi sono, ad esempio, luoghi importanti per
rendere vera e attiva questa consultazione. Bisogna renderli però meno rigidi
nella forma. Voglio consultazioni reali, non formali. La Consulta degli otto
cardinali, questo gruppo consultivo outsider, non è una decisione solamente
mia, ma è frutto della volontà dei cardinali, così come è stata espressa nelle
Congregazioni Generali prima del Conclave. E voglio che sia una Consulta reale,
non formale»
La santità
La santità
«Io vedo la santità nel popolo di Dio
paziente: una donna che fa crescere i figli, un uomo che lavora per portare a
casa il pane, gli ammalati, i preti anziani che hanno tante ferite ma che hanno
il sorriso perché hanno servito il Signore, le suore che lavorano tanto e che
vivono una santità nascosta. Questa per me è la santità comune. La santità io
la associo spesso alla pazienza: non solo la pazienza come hypomoné, il farsi
carico degli avvenimenti e delle circostanze della vita, ma anche come costanza
nell’andare avanti, giorno per giorno. Questa è la santità della Iglesia
militante di cui parla anche sant’Ignazio. Questa è stata la santità dei miei
genitori: di mio papà, di mia mamma, di mia nonna Rosa che mi ha fatto tanto
bene. Nel breviario io ho il testamento di mia nonna Rosa, e lo leggo spesso:
per me è come una preghiera. Lei è una santa che ha tanto sofferto, anche
moralmente, ed è sempre andata avanti con coraggio»
Le telefonate ai fedeli
Le telefonate ai fedeli
«Ho visto che è stata molto ripresa dai
giornali la telefonata che ho fatto a un ragazzo che mi aveva scritto una
lettera. Io gli ho telefonato perché quella lettera era tanto bella, tanto
semplice. Per me questo è stato un atto di fecondità. Mi sono reso conto che è
un giovane che sta crescendo, ha riconosciuto un padre, e così gli dice
qualcosa della sua vita. Il padre non può dire “me ne infischio”. Questa
fecondità mi fa tanto bene»
La Chiesa come ospedale da campo
La Chiesa come ospedale da campo
«Io vedo con chiarezza che la cosa di cui
la Chiesa ha più bisogno oggi è la capacità di curare le ferite e di riscaldare
il cuore dei fedeli, la vicinanza, la prossimità. Io vedo la Chiesa come un
ospedale da campo dopo una battaglia. È inutile chiedere a un ferito grave se
ha il colesterolo e gli zuccheri alti! Si devono curare le sue ferite. Poi
potremo parlare di tutto il resto. Curare le ferite, curare le ferite… E
bisogna cominciare dal basso. La Chiesa a volte si è fatta rinchiudere in
piccole cose, in piccoli precetti. La cosa più importante è invece il primo
annuncio: “Gesù Cristo ti ha salvato!”»
I pastori della Chiesa
I pastori della Chiesa
«Come stiamo trattando il popolo di Dio?
Sogno una Chiesa Madre e Pastora. I ministri della Chiesa devono essere
misericordiosi, farsi carico delle persone, accompagnandole come il buon
samaritano che lava, pulisce, solleva il suo prossimo. Questo è Vangelo puro.
Dio è più grande del peccato. Le riforme organizzative e strutturali sono
secondarie, cioè vengono dopo. La prima riforma deve essere quella
dell’atteggiamento. I ministri del Vangelo devono essere persone capaci di
riscaldare il cuore delle persone, di camminare nella notte con loro, di saper
dialogare e anche di scendere nella loro notte, nel loro buio senza perdersi.
Il popolo di Dio vuole pastori e non funzionari o chierici di Stato. I Vescovi,
particolarmente, devono essere uomini capaci di sostenere con pazienza i passi
di Dio nel suo popolo in modo che nessuno rimanga indietro, ma anche per
accompagnare il gregge che ha il fiuto per trovare nuove strade»
Le persone gay
Le persone gay
«A Buenos Aires ricevevo lettere di persone
omosessuali, che sono “feriti sociali” perché mi dicono che sentono come la
Chiesa li abbia sempre condannati. Ma la Chiesa non vuole fare questo. Durante
il volo di ritorno da Rio de Janeiro ho detto che, se una persona omosessuale è
di buona volontà ed è in cerca di Dio, io non sono nessuno per giudicarla.
Dicendo questo io ho detto quel che dice il Catechismo. La religione ha il
diritto di esprimere la propria opinione a servizio della gente, ma Dio nella
creazione ci ha resi liberi: l’ingerenza spirituale nella vita personale non è
possibile. Una volta una persona, in maniera provocatoria, mi chiese se
approvavo l’omosessualità. Io allora le risposi con un’altra domanda: “Dimmi:
Dio, quando guarda a una persona omosessuale, ne approva l’esistenza con
affetto o la respinge condannandola?”. Bisogna sempre considerare la persona.
Qui entriamo nel mistero dell’uomo. Nella vita Dio accompagna le persone, e noi
dobbiamo accompagnarle a partire dalla loro condizione. Bisogna accompagnare
con misericordia. Quando questo accade, lo Spirito Santo ispira il sacerdote a
dire la cosa più giusta».
La
castità non si può vivere “da zitelloni”
«I religiosi sono profeti. Sono coloro che
hanno scelto una sequela di Gesù che imita la sua vita con l’obbedienza al
Padre, la povertà, la vita di comunità e la castità. In questo senso i voti non
possono finire per essere caricature, altrimenti, ad esempio, la vita di
comunità diventa un inferno e la castità un modo di vivere da zitelloni. Il
voto di castità deve essere un voto di fecondità. Nella Chiesa i religiosi sono
chiamati in particolare ad essere profeti che testimoniano come Gesù è vissuto
su questa terra, e che annunciano come il Regno di Dio sarà nella sua
perfezione. Mai un religioso deve rinunciare alla profezia. Questo non
significa contrapporsi alla parte gerarchica della Chiesa, anche se la funzione
profetica e la struttura gerarchica non coincidono»
Le donne nella Chiesa
Le donne nella Chiesa
«È necessario ampliare gli spazi di una
presenza femminile più incisiva nella Chiesa. Temo la soluzione del “machismo
in gonnella”, perché in realtà la donna ha una struttura differente dall’uomo.
E invece i discorsi che sento sul ruolo della donna sono spesso ispirati
proprio da una ideologia machista. Le donne stanno ponendo domande profonde che
vanno affrontate. La Chiesa non può essere se stessa senza la donna e il suo
ruolo. La donna per la Chiesa è imprescindibile. Maria, una donna, è più
importante dei Vescovi. Dico questo perché non bisogna confondere la funzione
con la dignità. Bisogna dunque approfondire meglio la figura della donna nella
Chiesa. Bisogna lavorare di più per fare una profonda teologia della donna.
Solo compiendo questo passaggio si potrà riflettere meglio sulla funzione della
donna all’interno della Chiesa. Il genio femminile è necessario nei luoghi in
cui si prendono le decisioni importanti. La sfida oggi è proprio questa:
riflettere sul posto specifico della donna anche proprio lì dove si esercita
l’autorità nei vari ambiti della Chiesa»
Il Concilio Vaticano II
Il Concilio Vaticano II
«Il Vaticano II è stato una rilettura del
Vangelo alla luce della cultura contemporanea. Ha prodotto un movimento di
rinnovamento che semplicemente viene dallo stesso Vangelo. I frutti sono
enormi. Basta ricordare la liturgia. Il lavoro della riforma liturgica è stato
un servizio al popolo come rilettura del Vangelo a partire da una situazione
storica concreta. Sì, ci sono linee di ermeneutica di continuità e di
discontinuità, tuttavia una cosa è chiara: la dinamica di lettura del Vangelo
attualizzata nell’oggi che è stata propria del Concilio è assolutamente
irreversibile»
Le lamentele non aiutano a trovare Dio
Le lamentele non aiutano a trovare Dio
«C’è infatti la tentazione di cercare Dio
nel passato o nei futuribili. Dio è certamente nel passato, perché è nelle
impronte che ha lasciato. Ed è anche nel futuro come promessa. Ma il Dio
“concreto”, diciamo così, è oggi. Per questo le lamentele mai mai ci aiutano a
trovare Dio. Le lamentele di oggi su come va il mondo “barbaro” finiscono a
volte per far nascere dentro la Chiesa desideri di ordine inteso come pura
conservazione, difesa. No: Dio va incontrato nell’oggi. (…) Dio si manifesta in
una rivelazione storica, nel tempo. Il tempo inizia i processi, lo spazio li
cristallizza. Dio si trova nel tempo, nei processi in corso. Non bisogna
privilegiare gli spazi di potere rispetto ai tempi, anche lunghi, dei processi.
Noi dobbiamo avviare processi, più che occupare spazi»
Anche chi ha trovato Dio resta nell’incertezza
Anche chi ha trovato Dio resta nell’incertezza
«Sì, in questo cercare e trovare Dio in
tutte le cose resta sempre una zona di incertezza. Deve esserci. Se una persona
dice che ha incontrato Dio con certezza totale e non è sfiorata da un margine
di incertezza, allora non va bene. Per me questa è una chiave importante. Se
uno ha le risposte a tutte le domande, ecco che questa è la prova che Dio non è
con lui. Vuol dire che è un falso profeta, che usa la religione per se stesso.
Le grandi guide del popolo di Dio, come Mosè, hanno sempre lasciato spazio al
dubbio. Si deve lasciare spazio al Signore, non alle nostre certezze; bisogna
essere umili. L’incertezza si ha in ogni vero discernimento che è aperto alla
conferma della consolazione spirituale»
Ottimisti? No, uomini di speranza
Ottimisti? No, uomini di speranza
«A me non piace usare la parola
“ottimismo”, perché dice un atteggiamento psicologico. Mi piace invece usare la
parola “speranza” secondo ciò che si legge nel capitolo 11 della Lettera agli
Ebrei che citavo prima. I Padri hanno continuato a camminare, attraversando
grandi difficoltà. E la speranza non delude, come leggiamo nella Lettera ai
Romani. Pensa invece al primo indovinello della Turandot di Puccini. (…) Ecco,
la speranza cristiana non è un fantasma e non inganna. È una virtù teologale e
dunque, in definitiva, un regalo di Dio che non si può ridurre all’ottimismo,
che è solamente umano. Dio non defrauda la speranza, non può rinnegare se
stesso. Dio è tutto promessa»
Gli artisti preferiti
«Ho amato molto autori diversi tra loro.
Amo moltissimo Dostoevskij e Hölderlin. Di Hölderlin voglio ricordare quella
lirica per il compleanno di sua nonna che è di grande bellezza, e che a me ha
fatto anche tanto bene spiritualmente. È quella che si chiude con il verso Che
l’uomo mantenga quel che il fanciullo ha promesso. Mi ha colpito anche perché
ho molto amato mia nonna Rosa, e lì Hölderlin accosta sua nonna a Maria che ha
generato Gesù, che per lui è l’amico della terra che non ha considerato
straniero nessuno. Ho letto il libro I Promessi Sposi tre volte e ce l’ho
adesso sul tavolo per rileggerlo. Manzoni mi ha dato tanto. Mia nonna,
quand’ero bambino, mi ha insegnato a memoria l’inizio di questo libro: “Quel
ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte
di monti…”. Anche Gerard Manley Hopkins mi è piaciuto tanto. (…) In pittura
ammiro Caravaggio: le sue tele mi parlano. Ma anche Chagall con la sua
Crocifissione bianca…»
Mozart è “insuperabile, porta a Dio”
Mozart è “insuperabile, porta a Dio”
«In musica amo Mozart, ovviamente. Quell’Et
Incarnatus est della sua Missa in Do è insuperabile: ti porta a Dio! Amo Mozart
eseguito da Clara Haskil. Mozart mi riempie: non posso pensarlo, devo sentirlo.
Beethoven mi piace ascoltarlo, ma prometeicamente. E l’interprete più prometeico
per me è Furtwängler. E poi le Passioni di Bach. Il brano di Bach che amo tanto
è l’Erbarme Dich, il pianto di Pietro della Passione secondo Matteo. Sublime.
Poi, a un livello diverso, non intimo allo stesso modo, amo Wagner. Mi piace
ascoltarlo, ma non sempre. La Tetralogia dell’Anello eseguita da Furtwängler
alla Scala nel ’50 è la cosa per me migliore. Ma anche il Parsifal eseguito nel
’62 da Knappertsbusch»
Da Fellini ad Anna magnani, gli attori preferiti
Da Fellini ad Anna magnani, gli attori preferiti
«Dovremmo anche parlare del cinema. La
strada di Fellini è il film che forse ho amato di più. Mi identifico con quel
film, nel quale c’è un implicito riferimento a san Francesco. Credo poi di aver
visto tutti i film con Anna Magnani e Aldo Fabrizi quando avevo tra i 10 e 12
anni. Un altro film che ho molto amato è Roma città aperta. Devo la mia cultura
cinematografica soprattutto ai miei genitori che ci portavano spesso al cinema
(…) Comunque in generale io amo gli artisti tragici, specialmente i più
classici. C’è una bella definizione che Cervantes pone sulla bocca del
baccelliere Carrasco per fare l’elogio della storia di Don Chisciotte: “i
fanciulli l’hanno tra le mani, i giovani la leggono, gli adulti la intendono, i
vecchi ne fanno l’elogio”. Questa per me può essere una buona definizione per i
classici»
“Sono
vivo grazie a una suora”
«E le frontiere sono tante. Pensiamo alle
suore che vivono negli ospedali: loro vivono nelle frontiere. Io sono vivo
grazie a una di loro. Quando ho avuto il problema al polmone in ospedale, il
medico mi diede penicillina e strectomicina in certe dosi. La suora che stava
in corsia le triplicò perché aveva fiuto, sapeva cosa fare, perché stava con i
malati tutto il giorno. Il medico, che era davvero bravo, viveva nel suo
laboratorio, la suora viveva nella frontiera e dialogava con la frontiera tutti
i giorni. Addomesticare le frontiere significa limitarsi a parlare da una
posizione distante, chiudersi nei laboratori. Sono cose utili, ma la
riflessione per noi deve sempre partire dall’esperienza»
La preghiera
La preghiera
«Prego l’Ufficio ogni mattina. Mi piace
pregare con i Salmi. Poi, a seguire, celebro la Messa. Prego il Rosario. Ciò
che davvero preferisco è l’Adorazione serale, anche quando mi distraggo e penso
ad altro o addirittura mi addormento pregando. La sera quindi, tra le sette e
le otto, sto davanti al Santissimo per un’ora in adorazione. Ma anche prego
mentalmente quando aspetto dal dentista o in altri momenti della giornata. (…)
E la preghiera è per me sempre una preghiera “memoriosa”, piena di memoria, di
ricordi, anche memoria della mia storia o di quello che il Signore ha fatto
nella sua Chiesa o in una parrocchia particolare»
La
confessione
«Questa è anche la grandezza della Confessione: il fatto di valutare caso per caso, e di poter discernere qual è la cosa migliore da fare per una persona che cerca Dio e la sua grazia. Il confessionale non è una sala di tortura, ma il luogo della misericordia nel quale il Signore ci stimola a fare meglio che possiamo. Penso anche alla situazione di una donna che ha avuto alle spalle un matrimonio fallito nel quale ha pure abortito. Poi questa donna si è risposata e adesso è serena con cinque figli. L’aborto le pesa enormemente ed è sinceramente pentita. Vorrebbe andare avanti nella vita cristiana»
I temi "eticamente sensibili"
«Non
possiamo insistere solo sulle questioni legate ad aborto, matrimonio
omosessuale e uso dei metodi contraccettivi. Questo non è possibile. Io non
ho parlato molto di queste cose, e questo mi è stato rimproverato. Ma quando se ne parla, bisogna parlarne in un
contesto. Il parere della Chiesa, del resto, lo si conosce, e io sono
figlio della Chiesa, ma non è necessario parlarne in continuazione. (…) Gli insegnamenti, tanto dogmatici quanto
morali, non sono tutti equivalenti. Una pastorale missionaria non è
ossessionata dalla trasmissione disarticolata di una moltitudine di dottrine da
imporre con insistenza. L’annuncio di tipo missionario si concentra
sull’essenziale, sul necessario, che è anche ciò che appassiona e attira di
più, ciò che fa ardere il cuore, come ai discepoli di Emmaus».
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