da: Corriere della Sera
Il
reality della ferita della Costa Concordia
Simbolo
del «naufragio con spettatore»
Perché
la lunga diretta delle operazioni di recupero della nave ci hanno tenuti
incollati alla televisione o al computer
La lunga diretta no stop dedicata al
recupero del relitto della Costa Concordia passerà alla storia come il più
grande reality della nostra tv: un colossal per investimenti (circa 600
milioni), per spettacolarità, per copertura mediatica.
Da ieri mattina, da quando sono iniziate le
operazioni, le televisioni di tutto il mondo hanno cominciato a diffondere le
immagini dell'isola del Giglio: dirette, live streaming sul web, aggiornamenti
e commenti sui social network. Il reality si chiama, tecnicamente, parbuckling
(ribaltamento), una tecnica utilizzata in
passato soprattutto per recuperare navi da guerra, come la USS Oklahoma. Ma la Costa Concordia è tutt'altra cosa. Ribaltare una «balena d'acciaio» che è lunga 300 metri e pesante 114 mila tonnellate è uno show che non si può perdere. Eppure, nelle lunghe ore in cui abbiamo seguito l'operazione, non è successo quasi nulla: piccoli spostamenti quasi impercettibili (solo la ruggine e le alghe sono i segnali visibili che qualcosa sta emergendo), interminabili conferenze stampa, interviste prudenti ai responsabili, lezioni di grande sobrietà da parte del capo della Protezione civile, Franco Gabrielli.
passato soprattutto per recuperare navi da guerra, come la USS Oklahoma. Ma la Costa Concordia è tutt'altra cosa. Ribaltare una «balena d'acciaio» che è lunga 300 metri e pesante 114 mila tonnellate è uno show che non si può perdere. Eppure, nelle lunghe ore in cui abbiamo seguito l'operazione, non è successo quasi nulla: piccoli spostamenti quasi impercettibili (solo la ruggine e le alghe sono i segnali visibili che qualcosa sta emergendo), interminabili conferenze stampa, interviste prudenti ai responsabili, lezioni di grande sobrietà da parte del capo della Protezione civile, Franco Gabrielli.
Perché allora questo recupero e questi
lenti lavori di rotazione suscitano così tanto interesse? Intanto perché la
ferita è ancora aperta: sulla nave viaggiavano passeggeri di molte nazioni e le
immagini del naufragio hanno avuto un impatto sconvolgente che le ha subito
elevate a simbolo: la leggerezza di un comandante, l'imperizia
nell'evacuazione, i tanti eroismi di gente sconosciuta, i morti, la drammatica
telefonata fra il comandante Francesco Schettino e il capitano Gregorio Maria
De Falco della Capitaneria di porto di Livorno, il senso dell'onore perduto in
fondo al mare.
Ma quello che ci incolla al video o al computer è
quella condizione che Hans Blumberg ha chiamato «Naufragio con spettatore»,
dove si sviluppa l'antica metafora del naufragio, usata da tutte le letterature
per illustrare i rischi dell'esistenza umana nel corso della «navigazione della
vita». Abbiamo assistito a un naufragio ma ora (tocchiamo ferro) potrebbe
essercene un secondo. La nostra condizione di spettatori ci permette di avere i
piedi ben piantati sulla terraferma e osservare un disastro. Non godiamo delle
tribolazioni altrui bensì dal confronto tra la nostra sicurezza e il possibile
esito rovinoso dell'evento. E questo si chiama reality. Speriamo, però, che
tutto si concluda per il meglio. E questo, per noi, si chiamerà riscatto.
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