martedì 17 settembre 2013

Il recupero della Costa Concordia: il più grande reality della nostra tv

da: Corriere della Sera

Il reality della ferita della Costa Concordia
Simbolo del «naufragio con spettatore»
Perché la lunga diretta delle operazioni di recupero della nave ci hanno tenuti incollati alla televisione o al computer


La lunga diretta no stop dedicata al recupero del relitto della Costa Concordia passerà alla storia come il più grande reality della nostra tv: un colossal per investimenti (circa 600 milioni), per spettacolarità, per copertura mediatica.
Da ieri mattina, da quando sono iniziate le operazioni, le televisioni di tutto il mondo hanno cominciato a diffondere le immagini dell'isola del Giglio: dirette, live streaming sul web, aggiornamenti e commenti sui social network. Il reality si chiama, tecnicamente, parbuckling (ribaltamento), una tecnica utilizzata in
passato soprattutto per recuperare navi da guerra, come la USS Oklahoma. Ma la Costa Concordia è tutt'altra cosa. Ribaltare una «balena d'acciaio» che è lunga 300 metri e pesante 114 mila tonnellate è uno show che non si può perdere. Eppure, nelle lunghe ore in cui abbiamo seguito l'operazione, non è successo quasi nulla: piccoli spostamenti quasi impercettibili (solo la ruggine e le alghe sono i segnali visibili che qualcosa sta emergendo), interminabili conferenze stampa, interviste prudenti ai responsabili, lezioni di grande sobrietà da parte del capo della Protezione civile, Franco Gabrielli.
Perché allora questo recupero e questi lenti lavori di rotazione suscitano così tanto interesse? Intanto perché la ferita è ancora aperta: sulla nave viaggiavano passeggeri di molte nazioni e le immagini del naufragio hanno avuto un impatto sconvolgente che le ha subito elevate a simbolo: la leggerezza di un comandante, l'imperizia nell'evacuazione, i tanti eroismi di gente sconosciuta, i morti, la drammatica telefonata fra il comandante Francesco Schettino e il capitano Gregorio Maria De Falco della Capitaneria di porto di Livorno, il senso dell'onore perduto in fondo al mare.
Ma quello che ci incolla al video o al computer è quella condizione che Hans Blumberg ha chiamato «Naufragio con spettatore», dove si sviluppa l'antica metafora del naufragio, usata da tutte le letterature per illustrare i rischi dell'esistenza umana nel corso della «navigazione della vita». Abbiamo assistito a un naufragio ma ora (tocchiamo ferro) potrebbe essercene un secondo. La nostra condizione di spettatori ci permette di avere i piedi ben piantati sulla terraferma e osservare un disastro. Non godiamo delle tribolazioni altrui bensì dal confronto tra la nostra sicurezza e il possibile esito rovinoso dell'evento. E questo si chiama reality. Speriamo, però, che tutto si concluda per il meglio. E questo, per noi, si chiamerà riscatto.

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