martedì 17 settembre 2013

Leonardo Boff (Teologia della Liberazione): dialogo con Papa Francesco

da: La Stampa

Boff: “Con Francesco dialogo continuo anche se a distanza”
Il teologo della liberazione loda Ratzinger. “Andandosene ha pensato al bene della Chiesa”
di Marco Bardazzi



«Bisogna lodare Ratzinger». Scusi? Ma lei è l’ex francescano Leonardo Boff, avversario storico del cardinale Joseph Ratzinger per decenni. Lei non è quello che, quando fu eletto Papa, disse che con Benedetto XVI arrivava «l’inverno della Chiesa»? Il sorriso si apre in mezzo alla folta barba candida di Boff e ci vuol poco a capire che nella Chiesa di Francesco stanno evaporando anche i conflitti teologici che hanno impegnato il Vaticano fin dagli anni Settanta.

Certo, lo scrittore brasiliano rende omaggio al Papa emerito soprattutto perché si è fatto da parte, ma per Ratzinger ha solo parole di stima. E non è la sola sorpresa che l’esponente di spicco della teologia della liberazione svela, sprofondato in una poltrona d’albergo, dopo aver aperto in anteprima la rassegna «Torino Spiritualità». Difficile fino a poco tempo fa immaginare che un
autore con un profilo come quello di Leonardo Boff potesse essere considerato consulente da un pontefice. Eppure è proprio quello che Papa Francesco sta facendo con lui, racconta Boff: si scrivono e dialogano attraverso un’amica comune in Argentina.

Lei dice che Benedetto XVI merita una lode. Perché?
«Quando ha letto il rapporto sugli scandali nella Chiesa, ha capito di non avere più la forza fisica, psicologica e spirituale per affrontare un problema di questa gravità. E in forma umile e sincera, con coraggio a mio avviso, ha rinunciato. Ha voluto pensare più alla Chiesa che a se stesso».

Avete avuto un rapporto burrascoso nel corso degli anni, l’allora cardinale Ratzinger nel 1984 l’ha anche sottoposta a un «processo».
«Eravamo amici, è una persona estremamente elegante, fine, non alza mai la voce. Ha sempre mostrato per me grande rispetto. Il problema è che quando è diventato prefetto, si è rivelato troppo “tedesco”. Io predicavo una Chiesa che promuove la libertà nella società. Ratzinger lo ha capito come un discorso protestante. Mi diceva: “Così parla Lutero”. Io replicavo: “Bene, ascoltiamolo: sono 500 anni che la Chiesa non ascolta abbastanza Lutero”».

Lei ora ripone molte speranze in Papa Francesco. Perché?
«Perché prima di fare la riforma della curia, ha fatto quella del papato. Di solito uno diventa Papa e assume tutti i riti del potere. Lui ha fatto alla rovescia, è rimasto quello che era e ha abituato tutti a cambiare secondo la sua tradizione personale».

Il nome che ha scelto cosa le suggerisce?
«Più che un nome, Francesco è un progetto di Chiesa e di mondo. Una Chiesa nella povertà e umiltà umane. L’attenzione che ha il Papa per i poveri viene da questa intuizione, propria dell’America Latina. Bisogna ricordare che viene da un altro tipo di Chiesa e di teologia, è la tradizione della teologia del popolo argentina. Lui si definisce un Papa peronista e giustizialista».

Lei chiede l’apertura di un Concilio Vaticano III per riformare la Chiesa. Questo Papa riuscirà a portare il cambiamento che lei auspica?
«È molto intelligente, non vuole presiedere la Chiesa in modo monarchico, ma collegialmente. Per questo ha scelto otto cardinali di tutti i continenti che con lui faranno la riforma della curia e guideranno la Chiesa in modo collegiale. Penso sia arrivato il momento, come gli ho scritto perché mi ha chiesto un’opinione».

Dialoga con il Papa? In che modo?
«Abbiamo un’amica comune in Argentina, lui la sente ogni domenica, le parla spesso. Io mando a lei delle cose, lui me ne chiede altre».

Cosa ha suggerito al Papa fino ad ora?
«Per esempio che tutte le chiese, specie quella cattolica, sono occidentali e saranno sempre più accidentali. Andiamo verso una nuova fase dell’umanità che sarà globalizzata. La Chiesa non ha trovato un posto in questo processo, ma è ora di definirlo con le altre chiese. Le differenze dottrinali sono piccole e anche le chiese protestanti accettano un Papa che non domina, ma che fa da riferimento simbolico del cristianesimo, come fenomeno storico e memoria di Gesù».


Se guarda indietro al suo rapporto con la Chiesa, gli scontri, l’addio all’ordine francescano, ha rimpianti?
«Ho lasciato la funzione istituzionale di prete, ma non di teologo. Ho cambiato trincea, ma non battaglia. E in Brasile non ho mai avuto conflitti con la Chiesa. Continuo a fare il teologo nelle comunità di base. E io celebro, faccio battesimi, matrimoni, tutti i sacramenti quando non c’è un sacerdote. I vescovi lo sanno e mi dicono: vai avanti. Mi sento bene, in questa veste di laico. Dopotutto, Gesù non era un sacerdote».

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