da: Il Fatto Quotidiano
La
verità di Saccomanni ignorata dai partiti: l’Italia sempre più a rischio
Nonostante
la minaccia di dimissioni del ministro dell'Economia, il governo continua a far
promesse di spendere i soldi che non ci sono. Trovare un miliardo per evitare
l'aumento dell'Iva non è l'unica grana per l'esecutivo. Tra la ripresa che
sfuma e l'incertezza dello spread ce ne sono molte altre in arrivo
La minaccia è stata inutile. Neanche 24 ore
dopo che il ministro dell’Economia, Fabrizio
Saccomanni, ha detto di essere pronto a lasciare come estremo richiamo alla
serietà, a non giocare con i conti pubblici, i partiti di
governo fanno quello che riesce loro meglio: promettono di spendere soldi che
non hanno. Pd e Pdl trovano l’accordo sull’ennesimo rinvio dell’aumento dell’Ivadal
21 al 22 per cento previsto per il primo ottobre. Un miliardo di euro, che il
governo di Enrico Letta non sa ancora dove prendere. E rinviare
l’aumento dell’Iva era proprio una delle cose da evitare, come diceva
Saccomanni al Corriere della Sera : “Io non mi metto alla disperata
ricerca di un miliardo se poi a febbraio si va a votare”. Ora dovrà farlo,
anche perché dal Quirinale Giorgio Napolitano ordina la sopravvivenza
del governo: la politica proceda “senza incertezze e tantomeno rotture, nel
compiere le azioni necessarie”. Magari nell’illusione che dopo la riconferma di Angela
Merkel la
Germania cambi approccio e la disciplina nei conti si faccia più
morbida. “Gli italiani meritano di sapere come stanno le cose e non soltanto
slogan di carattere propagandistico”, ha detto domenica Saccomanni. Visto che,
si deduce, lui non è libero di dirle, ecco quali sono le verità che è utile
conoscere sui nostri conti. E che, a cercarle, sono scritte nella nota di
aggiornamento del Documento di economia e finanza pubblicata sul sito del
Tesoro.
1) La ripresa è una debole illusione
L’economia è meno disastrosa di qualche
mese fa, ma sperare nella ripresa per spendere senza freni è pericoloso. Il Pil nel
2013 scende almeno dell’1,7 per cento. La previsione del governo per il 2014 è
+1. Tutti gli istituti economici internazionali (tranne il Ref) si aspettano
meno, il consensus (cioè l’orientamento degli analisti) è 0,5. Pil più basso
implica un rapporto con il deficit più elevato e dunque il rischio di
nuove manovre. E il governo, a parte il miliardo per l’Iva nel 2013, si è già
presoimpegni che valgono 12 miliardi di euro. Quasi tutti da trovare.
2)
Lo spread conta molto più di Letta e Berlusconi
Giocare con i conti compromette la
reputazione, un Paese molto indebitato (debito al 132 per cento del Pil) e
poco credibile paga interessi più elevati. Gli interessi passivi che
lo Stato pagherà nei prossimi anni sono questi: 83,9 miliardi nel 2013, 86 nel
2014, 88,8 nel 2015, 91,8 nel 2016. E già così sono tantissimi. Ma il dato più
inquietante è che queste cifre si basano sull’ipotesi che lospread, cioè la
differenza di costo tra debito italiano e tedesco, continui a scendere. E vada
a 200 nel 2014, a 150 nel 2015 e a 100 nel 2016. Oggi è a 234. Se non
comincia ad abbassarsi subito, il conto finale sarà ancora più elevato.
3)
L’Europa costa cara, anche per colpa dei tedeschi
La linea della Germania sulla
gestione dei Paesi in crisi ha fatto lievitare il nostro debito pubblico al di
là delle nostre colpe. Visto che la Bce non poteva intervenire – Berlino non
voleva – i singoli Stati hanno prestato miliardi ai due fondi europei di
emergenza, Efsf ed Esm, che poi giravano i capitali ai Paesi in difficoltà. Tra
il 2011 e il 2012, l’Italia ha versato 50 miliardi di euro e nel 2013 altri
5,8. Quasi 60 miliardi per costruire uno strumento da cui l’Italia non ha
ricevuto un centesimo.
4)
Tagliare la spesa è praticamente impossibile
Questo Saccomanni ha provato a dirlo fin
dalla sua prima intervista da ministro. La spesa pubblicaal netto degli
interessi (cioè senza contare il costo del debito) sarà 714,3 miliardi nel
2013, 723,7 nel 2014, 726 nel 2015 e 739 nel 2016. Sostenere, come fa Renato
Brunetta, che essendo così ingente nessuno si accorgerà se si taglia un
miliardo, è ignorare la pratica quotidiana. Al massimo si riesce a frenare
l’aumento, ma senza riforme molto profonde che riducano il perimetro
dell’azione dello Stato è illusorio sperare di finanziarie politiche costose
con limature alla spesa.
5)
Il rigore continua
Anche se pochi parlamentari ne sembrano
consapevoli, l’Italia ha dato il via libera alle nuoveregole di bilancio
europee che prevedono, tra l’altro, il bilancio pubblico in pareggio (deficit
strutturale, che non considera gli effetti della crisi, pari a zero, deficit
nominale sotto il 3 per cento), e una riduzione ogni anno del 5 per cento
della parte di debito che supera il 60 per cento del Pil. Secondo il Tesoro,
noi siamo in regola fino al 2015, ma soltanto perché le tasse continueranno a
essere altissime, con una pressione fiscale attorno al 44 per cento.
Ogni intervento mette a rischio gli obiettivi , e se il deficit supera il
3 per cento l’Italia torna sotto procedura d’infrazione.
6) Bisogna risparmiare soldi. Per darli alle banche
6) Bisogna risparmiare soldi. Per darli alle banche
Le sofferenze bancarie sono arrivate a 138
miliardi. Le grandi banche sono fragili, hanno bisogno di soldi (Mps cerca
2,5 miliardi) e non ci sono azionisti italiani disposti a metterceli. Finora
l’Italia è uno dei Paesi europei che ha dato meno soldi al sistema
creditizio, ma adesso i timori stanno aumentando. E lo Stato deve essere pronto
a intervenire. Come dimostra l’annuncio della rivalutazione delle quote della
Banca d’Italia, un trucco del governo per rendere più solidi i bilanci delle
banche azioniste dell’istituto di vigilanza.
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