da: Il Sole 24 Ore
L'estate
degli accordi nelle tv a corto di risorse
Pesa
il calo degli abbonati pay e la flessione degli spot
Anche se i conti delle società non sono positivi il piccolo schermo in dieci
anni ha aumentato la base di utenti
di Andrea Biondi
e Marco Mele
Se si guarda ai
bilanci quello delle tv non è più l'Eldorado di un tempo. I dati contenuti
nella relazione Agcom – e riferiti ai conti 2012 – da questo punto di vista
sono chiari: il gruppo Newscorp/Sky Italia ha perso l'1,4% di ricavi (scendendo
a 2,63 miliardi); la Rai il 7,5% (2,34 miliardi); Mediaset il 13,2% (ricavi
scesi a 2,49 miliardi). Per non parlare di La7 che ha chiuso il 2012 con 123,6
milioni di ricavi, ma una perdita operativa di 65,9 milioni. Dati così negativi
– uniti a un'esposizione debitoria così importante – da convincere TiMedia a
disfarsene a vantaggio di Urbano Cairo, che ha strappato condizioni decisamente
vantaggiose.
Ma la Tv continua
ancora a godere di un certo appeal. Secondo le elaborazioni
Aegis Media su dati
Auditel sono aumentati il consumo medio (salito di mezz'ora a 5 ore e 13
minuti), l'audience media (da 11,3 a 12,7 milioni), la base di ascolti (da 46,7
a 47,4 milion) e con canali balzati da 120 a 223. Anche sul fronte dei ricavi
pubblicitari la Tv – seppur con numeri in flessione come dimostra il -16,4%
annuo del primo semestre secondo i dati Nielsen – resta la regina pesando per
il 56% sulla raccolta complessiva nei media.
Il quadro è però
mutato. E proprio nel decennale del cambiamento che ha in sostanza tracciato il
solco della tv dei nostri giorni (l'avvento di Sky nel 2003 con tutto ciò che
ha comportato di recente anche sul fronte dell'innovazione tecnologica con
SkyGo o My Sky), ci sono altre questioni che si agitano all'orizzonte e
rischiano di sparigliare le carte. Innanzitutto c'è l'affaire Ott. Le
"Over the top television" che offrono contenuti audiovisivi tramite
Internet e tv connesse stanno infatti prepotentemente bussando alla porta.
I broadcaster hanno
così iniziato ad alzare la voce nel chiedere regole uguali per tutti e l'Agcom
ha iniziato una sua indagine conoscitiva del fenomeno che in autunno dovrebbe
dare i primi risultati (il cui risvolto concreto sarà poi tutto da vedere).
La crisi economica sta
poi impattando, e molto, sulla pay tv. Sky Italia, per dare una misura, ha
perso 27mila abbonati netti nel quarto trimestre fiscale (aprile-giugno 2013),
e ha terminato il periodo con 4,76 milioni di clienti. Infine c'è la
digitalizzazione, che ha modificato i rapporti competitivi fra le piattaforme.
Come segnalato da Groupm, lo share delle tv generaliste è sceso dall'86% del
2007 al 60% di gennaio-giugno 2013, con le "altre tv" salite dal
14,5% al 35,1 per cento.
A questo punto però,
proprio l'estate del decennale Sky, è contrassegnata da una fitta rete di
accordi e di intese tra i maggiori poli del sistema televisivo, Rai, Mediaset e
Sky, mentre Urbano Cairo sta introducendo ne La 7 conduttori che dovrebbero
"riequilibrare" l'emittente: se ne va Gad Lerner, arrivano Paragone,
Sottile e Rita Dalla Chiesa. Fox Sport, il canale del gruppo Murdoch che doveva
essere una delle punta di diamante dell'offerta sportiva di Sky, lo sarà sempre
ma non in esclusiva: sarà trasmesso anche da Mediaset Premium sul terrestre.
Mediaset Premium che avrà anche i canali di Eurosport, non più in esclusiva su
Sky. Sky che ha ceduto i diritti delle prossime Olimpiadi estive alla Rai per il
terrestre in chiaro: tutte le Olimpiadi, non solo le 200 ore di Londra. In
cambio, si terrà quelle invernali di Sochi che manderà in chiaro su Cielo.
Mediaset e Sky hanno
inaugurato questo "mutuo soccorso" scambiandosi i rispettivi diritti
di Champion's League ed Europa League. Mediaset ha ceduto a Sky, per il
satellite, diversi diritti di film della Universal e della Warner che aveva per
tutte le piattaforme. Su Sky è subito partita una retrospettiva della saga di
Harry Potter, i cui film la piattaforma satellitare non aveva mai potuto
offrire ai suoi abbonati. Mediaset, Sky e Rai, in quanto aziende, nel
frattempo, hanno aderito alla nuova Confindustria televisione. Il clou di tale
stagione potrebbe arrivare al prossimo rinnovo dei diritti della serie A: Sky e
Mediaset potrebbero abbassare la propria offerta rispetto a quanto pagato
finora: lì, allora, nel caso, le società del calcio grideranno all'intesa tra
oligopolisti per ricattare e ridurre alla fame i club nazionali.
Cosa sta succedendo? Semplice. Tutto il discorso economico fatto di riduzione degli abbonati alle pay tv
(800mila in meno a fine 2012 rispetto a fine 2011, secondo la sedicesima
edizione della ricerca Western European Tv di Informa), calo della pubblicità per tutti i media e una flessione degli ascolti delle tv generaliste a vantaggio dei canali
gratuiti tematici stanno spingendo i grandi
gruppi televisivi ad ammortizzare i prezzi di acquisto di canali, film,
contenuti ed eventi, anche rinunciando all'esclusiva monopiattaforma.
Qualcuno potrebbe
dire, a questo punto, che il mercato premia gli utenti, permettendo loro di
usufruire di determinati contenuti su più piattaforme. Ma è un effetto
collaterale di una concentrazione che, attraverso le intese, ovviamente non
formalizzate e del tutto "occasionali", fa di quello italiano un mercato sostanzialmente impenetrabile e impermeabile per altri
soggetti, nazionali o esteri, che non siano i tre grandi gruppi. Quando
prevalgono le intese, insomma, si riduce la concorrenza, già scarsa, nel
mercato televisivo e in quello dei media. In cambio i tre big possono ridurre i
costi dei diritti e trovare nuove fonti di introiti.
Non sarà certo la gara per tre frequenze, sul cui bando,
peraltro, l'Europa finora tace e prende
tempo, ad "aprire" il mercato. Il fatto positivo del nuovo Piano Agcom e della gara è,
piuttosto, la liberazione parziale della banda
700 Mhz. E non è detto che qualcuno non mediti far saltare la gara, in caso
di elezioni anticipate.
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