mercoledì 4 settembre 2013

Marco Travaglio: “Poveretti, come s’offrono”

da: Il Fatto Quotidiano – 3 agosto 2013

Dopo la lunga veglia funebre nella Camera ardente e nel Senato al dente, dopo la processione a Palazzo Grazioli dei vedovi e delle vedove inconsolabili immortalati in una foto tipo Quarto Stato anzi Quinto Braccio, dopo il monitino sfuso di Sua Maestà re Giorgio I opportunamente villeggiante in Val Fiscalina (si trattava pur sempre di frode fiscale), dopo il coro di prefiche e il torneo di rosari allestiti nella cripta di Porta a Porta da un Bruno Vespa in gramaglie prossimo all’accascio, dopo la faticosa ricomposizione della salma imbalsamata in una colata di fard e cerone modello Raccordo Anulare per il videomessaggio serotino a reti unificate con smorfiette di finta commozione, sono finalmente usciti i giornali del mattino. Da leggersi rigorosamente con i guanti, per non macchiarsi le mani di un ributtante impasto di lacrime, salive e altri liquidi organici. 

Il Polito nella piaga.
Estratto a sorte da un bussolotto che comprendeva anche i nomi di Ostellino, Galli della Loggia, Panebianco e Pigi Battista (quest’ultimo ammutolito dal giorno della condanna di Del Turco), Antonio Polito ha vinto l’editoriale sul Pompiere della Sera. Avrebbe potuto cavarsela con una sola riga: “Ragazzi, non ci ho mai capito un cazzo. Scusatemi, ora mi ritiro in convento a leggermi i pezzi di
Ferrarella, che almeno sa le cose”. Invece, impermeabile ai fatti e perfino al ridicolo, ha partorito tre colonne di piombo all’interno per ricicciare la solita lagna sulle “due troppo forti minoranze che si sono aspramente fronteggiate in questo ventennio”, cioè i berlusconiani e gli antiberlusconiani, che secondo lui sarebbero uguali e avrebbero addirittura impedito all’Italia di “riformarsi”: e pazienza se i berlusconiani han sempre difeso un delinquente e gli antiberlusconiani han sempre detto ciò che l’altroieri la Cassazione ha confermato. El Drito dimentica i berlusconiani mascherati e nascosti nella cosiddetta sinistra “riformista” che han sempre fatto finta di nulla e sponsorizzato ogni inciucio, e ora si meravigliano se la condanna del delinquente (naturalmente frutto dell’“accanimento degli inquirenti”) ha un’“influenza sul governo”. Poi dipinge un paese immaginario, dove la maggioranza degli italiani tifa per il governo Letta che ci sta facendo “tornare con la testa fuori dall’acqua” ed è terrorizzata dal “nuovo attacco del partito giustizialista”. Il finale è una lezione di “separazione dei poteri”: che a suo avviso non significa difendere l’indipendenza della magistratura dagli assalti della politica, ma prendere la sentenza che dichiara B. frodatore fiscale e metterla in un cassetto, onde evitare il terribile rischio di “una crisi di governo”. Lui dice “tracciare una linea nella sabbia”, ma vuol dire mettere la testa sotto la sabbia. Che del resto è lo sport preferito di tutti i Politi d’Italia. Tipo il pompierino in seconda Massimo Franco, che ci spiega come “la sentenza della Cassazione regali a Berlusconi un ultimo, involontario aiuto”. Ma certo, come no: gli han fatto un favore da niente. Se lo gusterà tutto dagli arresti domiciliari. Ah, dimenticavo: il pezzo di Polito s’intitola “Siate seri, tutti”. Lo dice lui, a noi. Fiat voluntas Napo. Anche sulla Stampa impazzano i manutentori del governo Napoletta. Mario Calabresi teme che “a pagare il conto della condanna di Berlusconi” sia “il Paese”: forse dimentica che il conto delle frodi fiscali di Berlusconi l’han già saldato con gli interessi quei fessi di italiani che pagano le tasse. Ma per Calabresi il problema non è un governo sostenuto da un pregiudicato, bensì che Letta possa arrivare incolume “al semestre di presidenza italiana della Ue che inizierà il 1° luglio dell’anno prossimo”: quella sarà la nostra “unica salvezza”, e anche un discreto figurone, visto che potremo finalmente esibire in tutto il mondo un governo appoggiato da un monumentale evasore fiscale.
Del resto, “una sentenza che colpisce un politico nelle sue vesti di imprenditore (mentre frodava era pure presidente del Consiglio e parlamentare, ma fa niente, ndr) non determina il destino di un governo”. Anzi, lo rafforza, soprattutto nella lotta all’evasione fiscale. Marcello Sorgi aggiunge altre acute analisi. Tipo che B. “è consapevole che la sua stagione s’è chiusa” (resta soltanto da avvertirlo). E che il vero problema dell’Italia è “il soccombere del potere politico rispetto a quello della magistratura” ed è “venuto il momento di risolverlo”: in effetti non s’è mai vista nel mondo una magistratura che processi e condanni un evasore fiscale. Dunque bisogna guardarsi dal terribile pericolo che il Pd metta B. alla “gogna” e alla “ghigliottina”: Epifani ha giusto il physique du role del boia assetato di sangue, basta guardarlo. Come no.

Capatosta
Sul Messaggero, da non perdere il commento di Piero Alberto Capotosti, che è una specie di Napolitanino. Anche per lui, come per il principale, il guaio non è un politico che froda il fisco, ma “i rapporti fra magistratura e politica che diventano più complessi dopo questa vicenda giudiziaria”. Il processo a un politico per reati comuni diventa per lui “p r o-cesso politico”, come nelle dittature, e meno male che lui stesso denuncia “una certa carenza di cultura istituzionale” (degli altri, si capisce). Segue il rammarico perché i giudici, stretti “tra Curva Nord e Curva Sud” (cioè tra il partito della legalità e quello dell’impunità, che per lui pari sono), “non possono farsi carico di conseguenze politiche di estremo rilievo, come una crisi di governo o addirittura lo scioglimento delle Camere”: giusto, siccome l’evasore è al governo, dovevano assolverlo. Tutti i guai dell’Italia derivano dall’abolizione del-l’immunità parlamentare, a suo dire “predisposta dai nostri Costituenti” come “s eparazione tra processi penali e attività politico-parlamentare”: balla sesquipedale, visto che l’autorizzazione a procedere della Costituzione originaria non prevedeva affatto l’impossibilità di processare i parlamentari di governo per reati comuni, ma era stata concepita per proteggere parlamentari di minoranza da eventuali accuse per reati politici (non la frode fiscale, ma i blocchi stradali , i comizi troppo accesi, le occupazioni delle terre ecc.). A meno che, si capisce, il Capotosti non pensi che i Costituenti del 1948 volessero proteggere un miliardario entrato in politica per non pagare il fio delle sue corruzioni , dei suoi falsi in bilancio e delle sue frodi fiscali. Ah, dimenticavo: questo Capotosti è presidente emerito della Corte costituzionale. Per dire in che mani era la Corte costituzionale.

La nave dei Folli
Anche il Sòla-24 ore è quello delle grandi occasioni. Fabrizio Forquet lacrima copiosamente perché “in Italia ci ritroviamo nel momento peggiore di una drammatica crisi economica a discutere delle mille incognite di un’ennesima crisi politica determinata da una vicenda giudiziaria”, mentre “a Berlino e a Washington si può guardare con fiducia al futuro”. Già, forse perché a Berlino e a Washington i politici si dimettono per una tesi copiata o per una colf non in regola. Di fianco, Stefano Folli (“Il sasso che rotola a valle”), noto manutentore di qualunque governo, annuncia che “da oggi entriamo in un’Italia post-berlusconiana”, ma subito dopo auspica che il governo Letta, di cui B. è signore e padrone, resti tale e quale in eterno “nel-l’interesse superiore dell’Italia” . Che, all’insaputa dell’Italia, è appunto la sopravvivenza dell’inciucio Pd-Pdl. Ma a una condizione, e qui Folli le canta chiare: “la riforma della giustizia”, “messa sul tavolo” nientemeno che da Napolitano . Infatti “la sentenza di Roma parla anche ai democratici e li sfida sul terreno del riformismo”. Siccome la giustizia ha funzionato ed è riuscita a condannare un noto frodatore fiscale, bisogna riformarla perché ciò non accada mai più. E poi adesso vedrete che “l’Italia moderata, l’Italia che ha votato a ripetizione Berlusconi” (dunque è proprio moderata) farà “sentire la sua voce”. Che, siccome ha sempre votato B., “non è mai propensa al populismo e all’estremismo”. Altrimenti votava per un populista e un estremista, e non un moderato come lui che “non si può credere che voglia o possa trascinare l’intero Pdl sulla linea intransigente”. Non sarebbe da lui, che diamine, e sarebbe la prima volta. Se non avete ancora cominciato a scompisciarvi, beccatevi anche questa: “La logica delle larghe intese si ripropone oggi in forme diverse ma non meno cogenti”. Ora che uno dei due partner è un pregiudicato, infatti, l’altro deve stringerglisi vieppiù addosso. Con grande cogenza.

Voci del padrone
Dopo aver annunciato che mai la Cassazione avrebbe potuto condannare quel giglio di campo, quel bocciuolo di rosa, gli impiegati di B. sono lievemente disorientati. Il Giornale incita il padrone come fanno i secondi a bordo ring col pugile suonato: “Berlusconi, non è finita” (è vero, ci sono altri cinque processi in arrivo). Libero è mistico: “Risorgerò” (rivisitazione del canto religioso dei funerali, “Io credo risorgerò”, che fa il paio con il cunnilingus del giorno prima firmato Mario Giordano: “Quel santo che pensa solo a salvare l’Italia”). Belpietro spera nella grazia: non divina, ma napolitana. Invece Sallusti, o quel che ne resta (l’abbiamo visto molto provato in tv), ha scoperto perché B. è stato condannato con una “sentenza politica”: non, come potrebbe pensare qualcuno, perché fosse colpevole, anzi era innocente. La prova è granitica: “L’ha ben spiegato il principe del foro avvocato Coppi”, e come si può dubitare di una fonte super partes come l’a v-vocato dell’imputato? No, l’hanno condannato perché “Napolitano aveva assicurato una pacificazione nazionale” e adesso “o ha preso in giro il Pdl e i suoi elettori oppure è stato a sua volta preso per i fondelli” dai giudici della Cassazione. I quali pare che abbiano sentenziato senza neppure fargli un colpo di telefono in Val Fiscalina. Comunque Zio Tibia è “o r g oglioso di stare da questa parte e che Silvio Berlusconi sia il leader del Pdl”, almeno finché gli paga lo stipendio. Tutto filerebbe liscissimo, se non fosse che a pagina 2  una penna rossa annidata in redazione al Giornale e destinata – temiamo – alla crocifissione in sala mensa ha infilato un titolo che dice testualmente così: “Toghe moderate e di lungo corso: ecco chi ha deciso il destino del Cav”. Toghe moderate che fanno sentenze politiche? Dove andremo a finire, signora mia. Fortuna che il giureconsulto Pitone ha scoperto che “nessuna sentenza, neppure se di Cassazione, è irrevocabile”. Anche il noto giurista Ferrara, sul Foglio, concorda: “Sentenza nulla”, “glossa ininfluente”. Quando i carabinieri andranno a prelevarlo come Pinocchio per condurlo agli arresti, il Cainano potrà sempre obiettare: “Guardate che la sentenza è nulla, è una glossa ininfluente, lo dicono Sallusti e Ferrara”. Potrà sempre sperare in un Tso per infermità mentale.

Fogli umoristici
Per l’angolo del buonumore, ecco il Tempo. La direttora uscente Sarina Biraghi ci spiega perentoria: “Un fatto è certo: Berlusconi resta Berlusconi”. Non solo. Sarina ha pure capito un’altra cosa: “Berlusconi non è Craxi”. Di questo passo, si arriverà prima o poi alle conclusioni tratte a suo tempo da Paolo Panelli in un noto varietà: “Il legno è il legno”. Molto comica anche la fu Unità, dove ancora una volta giganteggia il sempre perspicace direttore Claudio Sardo. Il quale ha un piccolo problema: non l’hanno ancora avvertito che il Pd è alleato col Pdl. Infatti tuona vibrante di sdegno contro B: “In qualunque Paese democratico una condanna simile segna irrevocabilmente la fine di una carriera politica”. In Italia invece no, perché? Perché il Pd se l’è appena portato al governo? No, per colpa “dell’insuccesso del Pd alle elezioni, combinato col cinismo di Grillo”. Ecco, se il Pd governa con B. e contro Grillo è colpa di Grillo. E il governo Letta? “È nato senza alleanza”. Sardo non sa che è nato per volontà di Napolitano e su designazione di B. dall’alleanza fra Pd, Pdl e Scelta civica. Lui è ancora convinto che l’abbia portato la cicogna. Ma adesso, avverte, “il Pdl è a un bivio: resterà un partito patrimoniale, interno alla holding della famiglia Berlusconi, o diventerà una forza politica autonoma, capace di pensarsi oltre il fondatore ormai non più spendibile come leader?”. Ah saperlo. Sorge il lieve dubbio che la risposta sia la numero uno, ma Sardo non lo sospetta neppure. Infatti fa notare che B. non può “guidare la destra avendo quasi 80 anni”: chissà come sarà contento Napolitano, che ne ha appena 88. Alla fine l’acuto Sardo implora il Pdl di restare fedele a Letta col suo leader pregiudicato (tanto “il governo Letta è nato senza alleanza”). E intima, con la proverbiale aria furbetta: “Se qualcuno nel Pd pensa di utilizzare strumentalmente la sentenza per destabilizzare Letta, è un avventurista”. Ben scavato, vecchio Sardo: giù le mani da Berlusconi.

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