da: Il Fatto Quotidiano – 3 agosto 2013
Dopo la lunga veglia funebre nella Camera
ardente e nel Senato al dente, dopo la processione a Palazzo Grazioli dei
vedovi e delle vedove inconsolabili immortalati in una foto tipo Quarto Stato
anzi Quinto Braccio, dopo il monitino sfuso di Sua Maestà re Giorgio I
opportunamente villeggiante in Val Fiscalina (si trattava pur sempre di frode
fiscale), dopo il coro di prefiche e il torneo di rosari allestiti nella cripta
di Porta a Porta da un Bruno Vespa in gramaglie prossimo all’accascio, dopo la
faticosa ricomposizione della salma imbalsamata in una colata di fard e cerone
modello Raccordo Anulare per il videomessaggio serotino a reti unificate con
smorfiette di finta commozione, sono finalmente usciti i giornali del mattino.
Da leggersi rigorosamente con i guanti, per non macchiarsi le mani di un
ributtante impasto di lacrime, salive e altri liquidi organici.
Il
Polito nella piaga.
Estratto a sorte da un bussolotto che
comprendeva anche i nomi di Ostellino, Galli della Loggia, Panebianco e Pigi
Battista (quest’ultimo ammutolito dal giorno della condanna di Del Turco),
Antonio Polito ha vinto l’editoriale sul Pompiere della Sera. Avrebbe potuto
cavarsela con una sola riga: “Ragazzi, non ci ho mai capito un cazzo.
Scusatemi, ora mi ritiro in convento a leggermi i pezzi di
Ferrarella, che
almeno sa le cose”. Invece, impermeabile ai fatti e perfino al ridicolo, ha
partorito tre colonne di piombo all’interno per ricicciare la solita lagna
sulle “due troppo forti minoranze che si sono aspramente fronteggiate in questo
ventennio”, cioè i berlusconiani e gli antiberlusconiani, che secondo lui
sarebbero uguali e avrebbero addirittura impedito all’Italia di “riformarsi”: e
pazienza se i berlusconiani han sempre difeso un delinquente e gli
antiberlusconiani han sempre detto ciò che l’altroieri la Cassazione ha
confermato. El Drito dimentica i berlusconiani mascherati e nascosti nella
cosiddetta sinistra “riformista” che han sempre fatto finta di nulla e
sponsorizzato ogni inciucio, e ora si meravigliano se la condanna del
delinquente (naturalmente frutto dell’“accanimento degli inquirenti”) ha
un’“influenza sul governo”. Poi dipinge un paese immaginario, dove la
maggioranza degli italiani tifa per il governo Letta che ci sta
facendo “tornare con la testa fuori dall’acqua” ed è terrorizzata dal
“nuovo attacco del partito giustizialista”. Il finale è una lezione di
“separazione dei poteri”: che a suo avviso non significa difendere
l’indipendenza della magistratura dagli assalti della politica, ma prendere la
sentenza che dichiara B. frodatore fiscale e metterla in un cassetto, onde
evitare il terribile rischio di “una crisi di governo”. Lui dice “tracciare una
linea nella sabbia”, ma vuol dire mettere la testa sotto la sabbia. Che del
resto è lo sport preferito di tutti i Politi d’Italia. Tipo il pompierino in
seconda Massimo Franco, che ci spiega come “la sentenza della Cassazione regali
a Berlusconi un ultimo, involontario aiuto”. Ma certo, come no: gli han fatto
un favore da niente. Se lo gusterà tutto dagli arresti domiciliari. Ah,
dimenticavo: il pezzo di Polito s’intitola “Siate seri, tutti”. Lo dice lui, a
noi. Fiat voluntas Napo. Anche sulla Stampa impazzano i manutentori del
governo Napoletta. Mario Calabresi teme che “a pagare il conto della condanna
di Berlusconi” sia “il Paese”: forse dimentica che il conto delle frodi fiscali
di Berlusconi l’han già saldato con gli interessi quei fessi di italiani che
pagano le tasse. Ma per Calabresi il problema non è un governo sostenuto da un
pregiudicato, bensì che Letta possa arrivare incolume “al semestre di
presidenza italiana della Ue che inizierà il 1° luglio dell’anno prossimo”:
quella sarà la nostra “unica salvezza”, e anche un discreto figurone, visto che
potremo finalmente esibire in tutto il mondo un governo appoggiato da un
monumentale evasore fiscale.
Del resto, “una sentenza che colpisce un
politico nelle sue vesti di imprenditore (mentre frodava era pure presidente
del Consiglio e parlamentare, ma fa niente, ndr) non determina il destino di un
governo”. Anzi, lo rafforza, soprattutto nella lotta all’evasione fiscale.
Marcello Sorgi aggiunge altre acute analisi. Tipo che B. “è consapevole che la
sua stagione s’è chiusa” (resta soltanto da avvertirlo). E che il vero problema
dell’Italia è “il soccombere del potere politico rispetto a quello della
magistratura” ed è “venuto il momento di risolverlo”: in effetti non s’è mai
vista nel mondo una magistratura che processi e condanni un evasore fiscale.
Dunque bisogna guardarsi dal terribile pericolo che il Pd metta B. alla “gogna”
e alla “ghigliottina”: Epifani ha giusto il physique du role del boia assetato
di sangue, basta guardarlo. Come no.
Capatosta
Sul Messaggero, da non perdere il commento
di Piero Alberto Capotosti, che è una specie di Napolitanino. Anche per lui,
come per il principale, il guaio non è un politico che froda il fisco, ma “i
rapporti fra magistratura e politica che diventano più complessi dopo questa
vicenda giudiziaria”. Il processo a un politico per reati comuni diventa per
lui “p r o-cesso politico”, come nelle dittature, e meno male che lui stesso
denuncia “una certa carenza di cultura istituzionale” (degli altri, si
capisce). Segue il rammarico perché i giudici, stretti “tra Curva Nord e Curva
Sud” (cioè tra il partito della legalità e quello dell’impunità, che per lui
pari sono), “non possono farsi carico di conseguenze politiche di
estremo rilievo, come una crisi di governo o addirittura lo scioglimento
delle Camere”: giusto, siccome l’evasore è al governo, dovevano assolverlo.
Tutti i guai dell’Italia derivano dall’abolizione del-l’immunità parlamentare,
a suo dire “predisposta dai nostri Costituenti” come “s eparazione tra processi
penali e attività politico-parlamentare”: balla sesquipedale, visto che
l’autorizzazione a procedere della Costituzione originaria non prevedeva
affatto l’impossibilità di processare i parlamentari di governo per reati
comuni, ma era stata concepita per proteggere parlamentari di minoranza da
eventuali accuse per reati politici (non la frode fiscale, ma i blocchi
stradali , i comizi troppo accesi, le occupazioni delle terre ecc.). A
meno che, si capisce, il Capotosti non pensi che i Costituenti del 1948 volessero
proteggere un miliardario entrato in politica per non pagare il fio delle sue
corruzioni , dei suoi falsi in bilancio e delle sue frodi fiscali. Ah,
dimenticavo: questo Capotosti è presidente emerito della Corte costituzionale.
Per dire in che mani era la Corte costituzionale.
La
nave dei Folli
Anche il Sòla-24 ore è quello delle grandi
occasioni. Fabrizio Forquet lacrima copiosamente perché “in Italia ci
ritroviamo nel momento peggiore di una drammatica crisi economica a discutere
delle mille incognite di un’ennesima crisi politica determinata da una vicenda
giudiziaria”, mentre “a Berlino e a Washington si può guardare con fiducia al
futuro”. Già, forse perché a Berlino e a Washington i politici si dimettono per
una tesi copiata o per una colf non in regola. Di fianco, Stefano Folli (“Il
sasso che rotola a valle”), noto manutentore di qualunque governo, annuncia che
“da oggi entriamo in un’Italia post-berlusconiana”, ma subito dopo auspica che
il governo Letta, di cui B. è signore e padrone, resti tale e quale in eterno
“nel-l’interesse superiore dell’Italia” . Che, all’insaputa dell’Italia, è
appunto la sopravvivenza dell’inciucio Pd-Pdl. Ma a una condizione, e qui Folli
le canta chiare: “la riforma della giustizia”, “messa sul tavolo” nientemeno
che da Napolitano . Infatti “la sentenza di Roma parla anche ai
democratici e li sfida sul terreno del riformismo”. Siccome la giustizia ha
funzionato ed è riuscita a condannare un noto frodatore fiscale, bisogna
riformarla perché ciò non accada mai più. E poi adesso vedrete che “l’Italia
moderata, l’Italia che ha votato a ripetizione Berlusconi” (dunque è proprio
moderata) farà “sentire la sua voce”. Che, siccome ha sempre votato B., “non è
mai propensa al populismo e all’estremismo”. Altrimenti votava per un populista
e un estremista, e non un moderato come lui che “non si può credere che voglia
o possa trascinare l’intero Pdl sulla linea intransigente”. Non sarebbe da lui,
che diamine, e sarebbe la prima volta. Se non avete ancora cominciato a scompisciarvi,
beccatevi anche questa: “La logica delle larghe intese si ripropone oggi
in forme diverse ma non meno cogenti”. Ora che uno dei due partner è un
pregiudicato, infatti, l’altro deve stringerglisi vieppiù addosso. Con grande
cogenza.
Voci
del padrone
Dopo aver annunciato che mai la Cassazione
avrebbe potuto condannare quel giglio di campo, quel bocciuolo di rosa, gli
impiegati di B. sono lievemente disorientati. Il Giornale incita il padrone
come fanno i secondi a bordo ring col pugile suonato: “Berlusconi, non è
finita” (è vero, ci sono altri cinque processi in arrivo). Libero è mistico:
“Risorgerò” (rivisitazione del canto religioso dei funerali, “Io credo
risorgerò”, che fa il paio con il cunnilingus del giorno prima firmato Mario
Giordano: “Quel santo che pensa solo a salvare l’Italia”). Belpietro spera
nella grazia: non divina, ma napolitana. Invece Sallusti, o quel che ne resta
(l’abbiamo visto molto provato in tv), ha scoperto perché B. è stato condannato
con una “sentenza politica”: non, come potrebbe pensare qualcuno, perché
fosse colpevole, anzi era innocente. La prova è granitica: “L’ha ben spiegato
il principe del foro avvocato Coppi”, e come si può dubitare di una fonte
super partes come l’a v-vocato dell’imputato? No, l’hanno condannato perché
“Napolitano aveva assicurato una pacificazione nazionale” e adesso “o ha preso
in giro il Pdl e i suoi elettori oppure è stato a sua volta preso per i
fondelli” dai giudici della Cassazione. I quali pare che abbiano sentenziato
senza neppure fargli un colpo di telefono in Val Fiscalina. Comunque Zio Tibia
è “o r g oglioso di stare da questa parte e che Silvio Berlusconi sia il leader
del Pdl”, almeno finché gli paga lo stipendio. Tutto filerebbe liscissimo, se
non fosse che a pagina 2
una penna rossa annidata in redazione al Giornale e destinata – temiamo – alla
crocifissione in sala mensa ha infilato un titolo che dice testualmente così:
“Toghe moderate e di lungo corso: ecco chi ha deciso il destino del Cav”.
Toghe moderate che fanno sentenze politiche? Dove andremo a finire, signora
mia. Fortuna che il giureconsulto Pitone ha scoperto che “nessuna sentenza,
neppure se di Cassazione, è irrevocabile”. Anche il noto giurista Ferrara, sul
Foglio, concorda: “Sentenza nulla”, “glossa ininfluente”. Quando i carabinieri
andranno a prelevarlo come Pinocchio per condurlo agli arresti, il Cainano
potrà sempre obiettare: “Guardate che la sentenza è nulla, è una glossa
ininfluente, lo dicono Sallusti e Ferrara”. Potrà sempre sperare in un Tso per
infermità mentale.
Fogli
umoristici
Per l’angolo del buonumore, ecco il Tempo.
La direttora uscente Sarina Biraghi ci spiega perentoria: “Un fatto è certo:
Berlusconi resta Berlusconi”. Non solo. Sarina ha pure capito un’altra cosa:
“Berlusconi non è Craxi”. Di questo passo, si arriverà prima o poi alle
conclusioni tratte a suo tempo da Paolo Panelli in un noto varietà: “Il legno è
il legno”. Molto comica anche la fu Unità, dove ancora una volta giganteggia il
sempre perspicace direttore Claudio Sardo. Il quale ha un piccolo problema: non
l’hanno ancora avvertito che il Pd è alleato col Pdl. Infatti tuona vibrante di
sdegno contro B: “In qualunque Paese democratico una condanna simile segna
irrevocabilmente la fine di una carriera politica”. In Italia invece no,
perché? Perché il Pd se l’è appena portato al governo? No, per colpa
“dell’insuccesso del Pd alle elezioni, combinato col cinismo di Grillo”. Ecco,
se il Pd governa con B. e contro Grillo è colpa di Grillo. E il governo Letta?
“È nato senza alleanza”. Sardo non sa che è nato per volontà di Napolitano e su
designazione di B. dall’alleanza fra Pd, Pdl e Scelta civica. Lui è ancora
convinto che l’abbia portato la cicogna. Ma adesso, avverte, “il Pdl è a un
bivio: resterà un partito patrimoniale, interno alla holding della famiglia
Berlusconi, o diventerà una forza politica autonoma, capace di pensarsi oltre
il fondatore ormai non più spendibile come leader?”. Ah saperlo. Sorge il lieve
dubbio che la risposta sia la numero uno, ma Sardo non lo sospetta neppure.
Infatti fa notare che B. non può “guidare la destra avendo quasi 80 anni”:
chissà come sarà contento Napolitano, che ne ha appena 88. Alla
fine l’acuto Sardo implora il Pdl di restare fedele a Letta col suo leader
pregiudicato (tanto “il governo Letta è nato senza alleanza”). E intima, con la
proverbiale aria furbetta: “Se qualcuno nel Pd pensa di utilizzare
strumentalmente la sentenza per destabilizzare Letta, è un avventurista”. Ben
scavato, vecchio Sardo: giù le mani da Berlusconi.
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