da: Lettera 43
Germania:
Merkel e i problemi da risolvere nel nuovo corso
Deprecarizzazione
del lavoro. Svolta energetica. Integrazione Ue. Moneta unica. I dossier caldi
per la cancelliera rieletta.
di Pierluigi
Mennitti
Angela Merkel quasi non riusciva a godersi
l'euforia dei fan nella festa elettorale del 22 settembre alla Konrad
Adenauer Haus, la sede della Cdu. Loro ballavano e cantavano, lei dal microfono
sul palco rispondeva: «Bene, oggi festeggiamo ma da domani si torna al lavoro».
LA SCONFITTA DEL GOVERNO.L'entusiasmo per
l'entità del successo, infatti, è pari alla responsabilità di gestirlo e alla
consapevolezza di dover affrontare trattative di governo che una vittoria
meno schiacciante avrebbe reso paradossalmente più semplici.
E poi ci sono i problemi da risolvere,
tenuti sotto il tappeto durante una campagna elettorale che la cancelliera ha
impostato replicando il mantra del «tutto va bene». Ma la bocciatura del suo
governo, concretizzata dall'uscita dal Bundestag per la prima volta nella
storia elettorale tedesca degli alleati liberali, è un campanello d'allarme che
Angela Merkel non può ignorare.
LE RIFORME RIMANDATE. Si tratta di
mettere mano ai grandi progetti di riforma che negli ultimi quattro anni sono
rimasti all'angolo, ostacolati non tanto dalle resistenze dei liberali, ma dai
veti incrociati che si sono sollevati nel suo stesso partito.
La Germania di Merkel ha beneficiato sul
piano economico dell'onda lunga delle riforme di Gerhard Schröder, senza
riuscire ad aggiungerne di sue. E anche le sfide intervenute in corso d'opera -
la crisi europea, la svolta energetica, la precarizzazione del lavoro - sono
state affrontate senza l'afflato delle grandi visioni.
Ma i cantieri di lavoro, interni e non, sono tanti e tutti ancora aperti.
Ma i cantieri di lavoro, interni e non, sono tanti e tutti ancora aperti.
1.Le
riforme sociali: salario minimo e deprecarizzazione del lavoro
L'Agenda 2010 di Gerhard Schröder ha
restituito competitività a un Paese che nel 2003 era considerato il malato
d'Europa. Ma, risolte le vecchie rigidità nello stato sociale e nel mercato del
lavoro, si sono nel frattempo presentati nuovi problemi.
DAI MINI JOB ALLA PIENA OCCUPAZIONE. La precarizzazione,
diffusa in tutte le fasce sociali, secondo molti critici è il modo in cui la
crisi internazionale ha colpito il Paese: una recente statistica europea ha
certificato che la Germania è il secondo Paese del continente con il più ampio
settore di lavoratori temporanei.
Non solo: i mini job da 400 euro al mese (ai quali va attribuito il merito di contenere la disoccupazione intorno al 5%) hanno però aumentato l'insicurezza di chi li svolge.
Non solo: i mini job da 400 euro al mese (ai quali va attribuito il merito di contenere la disoccupazione intorno al 5%) hanno però aumentato l'insicurezza di chi li svolge.
UN NUOVO STATO SOCIALE. I tedeschi
attendono dunque una nuova fase di riforme sociali, un'Agenda 2020 che corregga
le storture del modello attuale: salario minimo esteso a tutti i settori,
limitazioni ai contratti di lavoro atipici, lotta al lavoro in affitto,
riequilibrio dei salari fra Est e Ovest, aumento delle pensioni più basse che
sono l'anticamera di una vecchiaia indigente.
Tutti impegni che richiedono un
ripensamento della spesa pubblica e sui quali le posizioni della Cdu sono molto
distanti da quelle dei suoi futuri potenziali alleati.
2.
Energia: la svolta o il ritorno all'atomo
La svolta energetica doveva essere il fiore
all'occhiello della seconda cancelleria Merkel, ma è diventato un pantano nel
quale sono affondati tecnici, ministri e soprattutto i contribuenti, che oggi
pagano bollette più salate.
In campagna elettorale l'argomento è uscito dall'agenda. Ora è destinato a ritornarci con prepotenza.
UN PIANO CHIARO E CONDIVISO. I piani di attuazione sono rimasti bloccati anche sotto la guida dell'ultimo ministro dell'Ambiente, Peter Altmeier: persiste il caos delle competenze fra ministeri, regioni e imprese energetiche, l'incertezza sui piani di costruzione delle reti di trasporto e delle centrali di stoccaggio, il problema della definizione di un deposito definitivo per le scorie nucleari, mentre in tutto il Paese si moltiplicano le iniziative di protesta dei cittadini contro le nuove centrali.
In campagna elettorale l'argomento è uscito dall'agenda. Ora è destinato a ritornarci con prepotenza.
UN PIANO CHIARO E CONDIVISO. I piani di attuazione sono rimasti bloccati anche sotto la guida dell'ultimo ministro dell'Ambiente, Peter Altmeier: persiste il caos delle competenze fra ministeri, regioni e imprese energetiche, l'incertezza sui piani di costruzione delle reti di trasporto e delle centrali di stoccaggio, il problema della definizione di un deposito definitivo per le scorie nucleari, mentre in tutto il Paese si moltiplicano le iniziative di protesta dei cittadini contro le nuove centrali.
L'ATTRAZIONE PER L'ATOMO. E si è
diffuso il dubbio che una potenza industriale come la Germania possa continuare
ad essere produttiva rinunciando all'energia nucleare. A questi dubbi, Merkel
deve ora dare risposte chiare.
3.
La crisi dell'euro: un'alternativa alla rigidità fiscale
La cancelliera ha forse salvaguardato i
risparmi dei contribuenti tedeschi, ma il resto del continente annaspa ancora
nelle conseguenze delle misure di austerità: le economie non si sono riprese, i
debiti pubblici sono aumentati e se non ci fosse stato l'intervento deciso
della Banca centrale europea (Bce) difficilmente i mercati avrebbero concesso
una tregua.
I RAPPORTI CON IL SUD. Tuttavia, la
pausa della speculazione è solo temporanea e la stessa Merkel ha ricordato ai
tedeschi che il loro benessere dipende da quello dei partner europei, ai quali
la Germania vende il 60% del proprio export.
Il terzo pacchetto di aiuti alla Grecia,
poi, deve ancora essere formalmente concordato e già si parla della necessità
di un quarto, forse di un nuovo taglio del debito.
MENO RIGIDITÀ FISCALE? Dunque, nonostante le resistenze, la Germania sarà ancora tenuta a garantire con i propri soldi il mantenimento di Atene nell'euro. E a contribuire con finanziamenti e con idee a misure di crescita per le economie del Sud Europa.
Nessuno si attende grandi giravolte nella politica fin qui seguita da Berlino. Ma certo un nuovo governo senza i liberali potrebbe varare con più facilità allentamenti alle rigidità del patto fiscale.
MENO RIGIDITÀ FISCALE? Dunque, nonostante le resistenze, la Germania sarà ancora tenuta a garantire con i propri soldi il mantenimento di Atene nell'euro. E a contribuire con finanziamenti e con idee a misure di crescita per le economie del Sud Europa.
Nessuno si attende grandi giravolte nella politica fin qui seguita da Berlino. Ma certo un nuovo governo senza i liberali potrebbe varare con più facilità allentamenti alle rigidità del patto fiscale.
4.
L'integrazione europea e la cessione di sovranità
La crisi dell'euro ha evidenziato i ritardi
di integrazione fiscale, economica e politica dell'Unione europea. In campagna
elettorale nessun partito ha affrontato esplicitamente il nodo di una strategia
che eviti il ripetersi di una crisi così devastante.
Eppure Merkel, insieme con il suo potente ministro dell'Economia Wolfgang Schäuble, già nel 2012 aveva discusso alcuni punti essenziali (unione bancaria, supervisione sui budget nazionali, approfondimento dell'unione politica) per stringere i legami fra i Paesi membri della Ue.
MENO SOVRANITÀ, PIÙ EUROPA. Poi, di fronte alle resistenze francesi e inglesi, il dibattito era stato accantonato. Il prossimo governo potrebbe invece trovarsi ad affrontare questioni spinose come il trasferimento alla competenza di Bruxelles di un paio di importanti capisaldi della sovranità nazionale tedesca, atto che richiederebbe modifiche alla Carta costituzionale e probabilmente un referendum popolare di convalida.
IL RISCHIO DI UN REFERENDUM. Il crescente scetticismo dei tedeschi verso l'Ue, confermato dal sorprendente risultato del partito euro-scettico (4,7% alla prima uscita, un successo nonostante il mancato ingresso al Bundestag) è destinato però a rendere ogni decisione in chiave europea estremamente delicata.
E Merkel ora sa di doversi muovere avendo a destra la concorrenza del partito contrario alla moneta unica.
Eppure Merkel, insieme con il suo potente ministro dell'Economia Wolfgang Schäuble, già nel 2012 aveva discusso alcuni punti essenziali (unione bancaria, supervisione sui budget nazionali, approfondimento dell'unione politica) per stringere i legami fra i Paesi membri della Ue.
MENO SOVRANITÀ, PIÙ EUROPA. Poi, di fronte alle resistenze francesi e inglesi, il dibattito era stato accantonato. Il prossimo governo potrebbe invece trovarsi ad affrontare questioni spinose come il trasferimento alla competenza di Bruxelles di un paio di importanti capisaldi della sovranità nazionale tedesca, atto che richiederebbe modifiche alla Carta costituzionale e probabilmente un referendum popolare di convalida.
IL RISCHIO DI UN REFERENDUM. Il crescente scetticismo dei tedeschi verso l'Ue, confermato dal sorprendente risultato del partito euro-scettico (4,7% alla prima uscita, un successo nonostante il mancato ingresso al Bundestag) è destinato però a rendere ogni decisione in chiave europea estremamente delicata.
E Merkel ora sa di doversi muovere avendo a destra la concorrenza del partito contrario alla moneta unica.
Nessun commento:
Posta un commento