da: Corriere della Sera
L’apprendistato?
Corsa a ostacoli Ecco i dodici blocchi anti giovani
di Dario
Di Vico
In altri Paesi, come la Germania, è la via principale per l'ingresso di 1,5 milioni di giovani nel mondo
del lavoro. In Italia, invece, il contratto di apprendistato non funziona.
Il motivo è semplice, secondo la Confederazione nazionale dell'artigianato e
della piccola e media impresa (Cna): troppi
adempimenti burocratici scoraggiano gli imprenditori che devono spendere
3.500 euro in più l'anno.
Per prendere un apprendista la Via Crucis
descritta dalla Cna si compone di 12 stazioni.
Perché in Italia il contratto di
apprendistato non funziona e in altri Paesi, come la onnivirtuosa Germania, è
la via principale per l’ingresso di 1,5 milioni di giovani nel mondo del
lavoro? Secondo una della organizzazioni dei Piccoli, la Cna, il motivo è
semplice: troppi adempimenti burocratici scoraggiano gli imprenditori che
devono spendere 3.500 euro in più l’anno per far fronte all’eccesso di regole.
Per sostenere questa tesi gli artigiani
hanno steso un j’accuse elencando tutti i passaggi necessari per prendere un
apprendista. La Via Crucis descritta dalla
Cna si compone di 12 stazioni ed è
solo la media perché il percorso varia da regione a regione. Stiamo parlando
del contratto di apprendistato professionalizzante istituito con il decreto legislativo 276/2003 (riforma
Biagi), un contratto «a causa mista» perché costituito da lavoro più
formazione. Il dipendente privo di un’esperienza professionale la consegue
frequentando corsi di formazione,
interni all’azienda o esterni a cura della Regione. Con la qualifica di
apprendista possono essere assunti i
giovani tra 17 e 29 anni e per l’artigianato la durata del contratto va da
sei mesi a un massimo di 5 anni.
Ma veniamo alle accuse della Cna. La stazione numero 1 della Via Crucis prevede che l’azienda invii telematicamente la comunicazione di assunzione al Centro provinciale per l’Impiego. In alcune regioni però, stazione numero 2, la comunicazione telematica deve essere inviata per raccomandata con ricevuta di ritorno insieme a un documento del datore di lavoro firmato in originale. Al numero 3 troviamo la creazione della figura del referente aziendale per la formazione. In alcune regioni basta l’autocertificazione attestante la capacità di formare apprendisti, in altre le competenze devono essere vagliate da un test d’esame. Le stazioni numero 4 e numero 5 prevedono il rilascio della dichiarazione di assunzione e del contratto di lavoro dell’apprendistato seguiti dalla visita medica.
Non siamo nemmeno alla metà del percorso perché l’azienda deve passare attraverso una nuova registrazione telematica nel cosiddetto Libro Unico del Lavoro. La stazione numero 7 prescrive che entro 30 giorni dall’assunzione debba essere definito e sottoscritto tra impresa e apprendista il Piano formativo individuale, preludio all’adempimento numero 8. In cosa consiste? L’azienda artigiana se vorrà fare la formazione all’interno dovrà dimostrare di avere capacità formativa e autocertificarla. Alla stazione numero 9 c’è la registrazione dell’avvenuta formazione aziendale nel Libretto Formativo del Cittadino e alla successiva ne è prevista la certificazione e l’attribuzione della qualifica finale. Siamo arrivati alla stazione numero 11: a fronte di un’offerta formativa della Regione l’apprendista è tenuto a frequentare corsi esterni per un totale di 120 ore in tre anni.
Ma in cambio di questi adempimenti quali sono i vantaggi? In via sperimentale fino al 2016 se l’artigiano ha un massimo di 9 dipendenti può beneficiare dello sgravio totale dei contributi previdenziali che viene concesso alle imprese che non hanno avuto aiuti di Stato superiori a 200 mila euro nell’arco di tre esercizi. In questo caso il nostro artigiano deve inviare all’Inps — stazione numero 12 — una dichiarazione attestante che nell’anno di stipula del contratto di apprendistato e nei due esercizi precedenti non ha percepito sussidi di alcun tipo, dal livello nazionale al locale, oppure la quantificazione degli incentivi incassati.
Commenta Sergio Silvestrini, segretario generale della Cna: «È inutile girarci attorno: è arrivato il momento di dare piena dignità alla formazione che si fa dentro le imprese che va riconosciuta da tutti. Ma sono soprattutto i dodici adempimenti che pesano, bisogna semplificare, semplificare, semplificare. I documenti che sono già in possesso della Pubblica amministrazione vanno messi a disposizione in automatico, gli imprenditori non possono trasformarsi in fattorini dei burocrati».
Non la pensa allo stesso modo però Tiziano Treu, ex ministro del Lavoro. I costi che gli artigiani devono sostenere sono ampiamente risarciti dalla defiscalizzazione totale. «E poi la formazione è un aspetto qualificante, non va banalizzata. È un investimento che l’azienda fa, non un purgatorio. I Piccoli devono operare questo salto culturale e comunque metà degli adempimenti elencati dalla Cna sono necessari in un Paese civile. Vogliono forse che salti la visita medica?» Secondo Giuliano Cazzola (Scelta civica) il merito della Cna «è quello di contribuire a chiarire perché nonostante gli omaggi rituali che tutti rivolgono all’apprendistato» la norma non decolli. Anzi, gli artigiani si sono soffermati sui disincentivi burocratici per l’apprendistato professionalizzante «dimenticando i vincoli normativi, compreso l’obbligo di assumere una quota della precedente tornata di giovani». Per non parlare infine, conclude Cazzola,della confusione creata dalle diverse discipline regionali originate «da quell’autentico disastro che è stata la riforma del titolo V» della Costituzione.
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