da: la Repubblica
Sull’Ici
alla Chiesa il governo Monti ha rinunciato a esigere 4 miliardi
Si
disse alla Ue che era “impossibile chiederli indietro”
di Valentina
Conte
Quando lo scorso 19 dicembre la Commissione europea ha chiuso dopo due anni
l’indagine relativa agli aiuti di Stato
accordati dall’Italia alla Chiesa, esentandola dal pagamento dell’Ici sugli
immobili non di culto, in una scuola elementare Montessori della capitale e in
un piccolo Bed&Breakfast di provincia, a pochi chilometri da Roma, hanno
sussultato. Le autorità di Bruxelles ammettevano certo gli aiuti di Stato,
incompatibili con le norme europee. Ma stabilivano anche che tornare in
possesso dell’Ici dovuta manon pagata, tra il 2006 e il 2011, era
«assolutamente impossibile ». Perché così aveva raccontato loro il governo,
presieduto da Monti. «Alla luce delle circostanze eccezionali invocate
dall’Italia, non deve essere disposto il recupero dell’aiuto, avendo l’Italia
dimostrato l’impossibilità assoluta di darviesecuzione», spiegava Bruxelles. Un
unicum nella giurisprudenza comunitaria.
Sbalorditi da siffatta motivazione e
guidati da due avvocati esperti, alla fine
quella scuola elementare e
l’affittacamere hanno deciso di ricorrere alla Corte di Giustizia europea e
chiedere così l’annullamento di quanto disposto dalla Commissione. Proprio
perché la presunta “impossibilità assoluta” di riavere le somme di fatto «non è
stata mai provata». Chi l’ha detto e dov’è scritto che non si può calcolare e
recuperare l’Ici pregressa, si chiedono in pratica i due?
La questione non è di poco conto. Stime
Anci valutavano gli introiti Ici su quegli immobili, riferibili ad enti non
profit e per lo più alla Chiesa, pari a 600-800 milioni l’anno. Moltiplicati
per sei annualità, fanno una cifra astronomica, attorno ai 4 miliardi. Una
manna dal cielo, se confrontata con la caccia affannosa alle risorse di queste
ore per evitare il rincaro Iva
(serve un miliardo). O per cancellare
la rata di Natale dell’Imu (2,3
miliardi). O ancora quanto basta (circa 1,6 miliardi) per riportare nei ranghi il rapporto tra deficit e
Pil (leggermente tracimato al 3,1%), non ripiombare nella procedura di
infrazione europea e sbloccare altri soldi (12 miliardi) da usare l’anno
prossimo per fare investimenti e occupazione. In effetti, il doppio ricorso
depositato dalla Montessori e dal B&B il 16 aprile scorso, esaminato in
questi giorni dalla Corte Ue, potrebbe anche riaprire l’indagine sull’Italia. E
forzare così il governo (questo o il prossimo) a fare finalmente i calcoli.
Impossibile? Forse. E non solo perché
immaginare di richiedere indietro 4 miliardi al Vaticano è pura fantascienza.
Ma anche perché un censimento di quegli
immobili in realtà non esiste, per negligenza o furbizia, chissà. Non solo.
Il governo Monti che di fatto ha messo
in campo l’Imu e ne ha definito i nuovi contorni anche per questi enti non
profit — proprio per avere il via libera di Bruxelles, intascato appunto il 19
dicembre scorso — non ne ha mai ultimato
le procedure attuative. In un anno e mezzo, né Monti né in seguito Letta
sono riusciti ad ottenere dal ministero dell’Economia quel regolamento così
indispensabile per calcolare
concretamente le porzioni commerciali da quelle non commerciali dei singoli
immobili. In Via Venti Settembre assicurano che arriverà entro dicembre.
Intanto, nel 2012 e nel 2013, vista la confusione e le circolari criptiche,
nessuno ha pagato l’Imu. O meglio: ha pagato chi già versava l’Ici a suo tempo.
Gli altri sono in attesa della burocrazia, pigra o pilotata, che arriva sempre
dopo, a volte tardi. Con grandi pasticci per il Paese, come il recente caso
Telecom insegna, neppure in grado di difendere la propria rete telefonica
perché nessun decreto attuativo l’ha ancora definita strategica.
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