Consiglierei a chiunque voglia farsi un’idea
– opinabile, ma acuta - di cosa sia Cl, di che sia un ciellino, che si chiami
Formigoni o altro, di leggere questo articolo di Piero Valesio nel ‘Fatto Quotidiano’ (clicca su Piero Valesio e
accedi al post con il suo articolo).
Perché se Berlusconi si è – momentaneamente
– ritirato a vita privata, il berlusconismo no. E’ ancora in piena attività pubblica.
Perché se anche Formigoni verrà scaricato
del tutto (tra i primi a farlo, l’arcivescovo di Milano Scola), il ciellismo rimane. E il punto della
questione è perfettamente affrontato nell’articolo di Piero Valesio.
Mi permetto di aggiungere che per scrivere
di ciellini, per capire qualcosa di ciellini, bisogna averne conosciuti alcuni.
Non solo a scuola e negli uffici, ma in Chiesa. E fuori da una Chiesa.
Se lo conosci lo eviti. Era uno slogan efficace
per richiamare attenzione sull’AIDS. E’ uno slogan efficace anche applicato a
Comunione e Liberazione.
da: Corriere della Sera
«Ha
creduto di essere diventato il capo»
Ora
Cl vuole il divorzio da Formigoni
Nel
movimento tanti si vantano di lavorare perché non nasca una lista a suo nome.
Si guarda al modello di Sant'Egidio
di Dario
Di Vico
Se proprio volessimo cercare una metafora
dei rapporti tra Roberto Formigoni e Comunione e Liberazione potremmo scegliere
quella legata al nuovo grattacielo
della Regione Lombardia.
Optando per un palazzo di 39 piani il Celeste ha ribadito la sua propensione per la verticalità mentre la filosofia dei ciellini resta,
nonostante tutto, ancorata a una visione orizzontale della vita e della
società. Il distacco tra Cl e Formigoni quindi non parte dagli ultimi episodi,
si alimenta di un'insofferenza che data molto più addietro.
Oggi diversi
esponenti di Cl arrivano a sostenere che se fosse stato per loro
Formigoni sarebbe diventato presidente del Senato e non avrebbe dovuto ricandidarsi alla guida del Pirellone. Secondo questa ricostruzione sarebbe stato Silvio Berlusconi a volerlo ancorare a Milano e a precludergli la Capitale. Sia opportunistico o meno ricordarlo, l'episodio è sintomatico perché è rivelatore di una volontà di prendere le distanze dal Celeste che ormai sembra conoscere poche eccezioni. Trovare un ciellino che tifi per Formigoni è difficile. E non è certo un caso che intervenendo da Gad Lerner lo scorso lunedì sera Mario Mauro, capogruppo pdl a Strasburgo e ciellino onni-rispettato, non abbia minimamente preso in considerazione l'ipotesi di una lista Formigoni e abbia invece esplicitamente indicato come candidato al Pirellone un non ciellino, Gabriele Albertini. Un modo per dire «noi abbiamo già dato e stare fermi un turno non ci può far che bene».
Formigoni sarebbe diventato presidente del Senato e non avrebbe dovuto ricandidarsi alla guida del Pirellone. Secondo questa ricostruzione sarebbe stato Silvio Berlusconi a volerlo ancorare a Milano e a precludergli la Capitale. Sia opportunistico o meno ricordarlo, l'episodio è sintomatico perché è rivelatore di una volontà di prendere le distanze dal Celeste che ormai sembra conoscere poche eccezioni. Trovare un ciellino che tifi per Formigoni è difficile. E non è certo un caso che intervenendo da Gad Lerner lo scorso lunedì sera Mario Mauro, capogruppo pdl a Strasburgo e ciellino onni-rispettato, non abbia minimamente preso in considerazione l'ipotesi di una lista Formigoni e abbia invece esplicitamente indicato come candidato al Pirellone un non ciellino, Gabriele Albertini. Un modo per dire «noi abbiamo già dato e stare fermi un turno non ci può far che bene».
La verità, infatti, è che il movimento sta tentando disperatamente di
non pagar dazio, di chiudere la parentesi
formigoniana così come si licenzia un allenatore che ha vinto tanto ma è
diventato ingombrante. Tutti quindi in questi giorni lavorano per recuperare la
giusta distanza. Non solo dal governatore della Lombardia («che come Lucifero a
un certo punto ha creduto di esser diventato il capo di Cl») ma anche da
Berlusconi che se fosse per i ciellini non dovrebbe nemmeno pensare di potersi
candidare alle politiche del 2013. In questo affannoso recupero di autonomia la
lettera di Julián Carrón, il
successore di don Giussani, uscita il 1 maggio su Repubblica è citata e
stracitata. In molti la sanno a memoria. Il passaggio chiave è laddove Carrón
contrappone «testimonianza» ed «egemonia» e implicitamente accusa
Formigoni di essere rimasto vittima della seconda. La volontà di potenza che ha
preso il posto dei legami orizzontali con la società. Eppure la forza di Cl sta proprio nella sua
capillarità, nelle reti di welfare minimo che ha saputo costruire. Se la
globalizzazione ti lascia da solo, Cl no. Se sei un avvocato troverai la tua
associazione, se la tua famiglia è vittima del disagio troverai chi la
soccorre. Ma a differenza della Caritas
i ciellini hanno sempre tramutato l'empatia sociale in una macchina capace di produrre preferenze e consenso da negoziare con il
mondo politico per ottenere gli obiettivi del movimento. Chi ha partecipato
da dentro alla macchina elettorale di Cl racconta come fosse organizzata stile
Pci vecchia maniera, tutti sapevano perfettamente le cinquine da votare e da far votare e quasi sempre i risultati
confermavano le previsioni. Una macchina che finora ha conosciuto solo una
defaillance, alle ultime comunali di Milano quando Cl non è riuscita a impedire
all'arancione Giuliano Pisapia di vincere. I dietrologi sostengono che non sia stato casuale e che il Celeste
non amasse Letizia Moratti e
preferisse non averla tra le scatole in previsione dall'Expo ma la verità non è
stata mai acclarata e comunque al momento opportuno Pisapia non ha onorato la
presunta cambiale.
Il rapporto
di Cl con la politica ha conosciuto molti passaggi. La venerazione per la
figura di Giulio Andreotti, la
creazione di un vero e proprio braccio operativo - il Movimento popolare -
successivamente soppresso, l'appoggio incondizionato al Cavaliere e il lungo ciclo
formigoniano. Non si può dire che nessuna di queste esperienze si sia
rivelata alla fine esaltante. Certo ha permesso al movimento di consolidarsi,
di ottenere prebende, di reclutare manager e professionisti ma alla fine ha
obbligato Cl a un'ordinaria manutenzione
del consenso che ne ha appannato l'immagine e ne ha logorato la capacità di produrre innovazione politica. Lo stesso
modello di organizzazione sembra conoscere dei limiti oggettivi tanto che alla
fine produce buoni quadri ma non leader. Non stupisca quindi che oggi nel mondo
cattolico c'è chi monta il paragone con la comunità di Sant'Egidio per
sostenere che il modello leggero dei romani è più efficace e li ha dotati di un
leader più in sintonia con i tempi come il ministro Andrea Riccardi.
Nessuno dentro Comunione e Liberazione contesta
i risultati della Lombardia, riconoscono
tutti a Formigoni di aver governato
bene e di aver dato seguito ad alcune idee-chiave del movimento come la
sussidiarietà, la difesa della scuola
privata, il sistema dei voucher,
ma ciò non impedisce di aspettarne con trepidazione l'uscita di scena. Camillo
Langone sul Foglio di ieri ha rivolto addirittura un appello a Carrón «a
staccare la spina», a lasciare esplicitamente la Celeste Zavorra al suo
destino. In molti dentro Cl si vantano di lavorare perché non nasca una lista Formigoni, giudicata un'autentica fesseria che
poteva venire in mente solo a un uomo che ha dimenticato la testimonianza ed è
carico di volontà d'egemonia. Verrà il giorno in cui, senza che canti nessun
gallo, anche i manager da lui nominati lo disconosceranno ma del resto è
destino dei potenti che accada così. I primari ciellini in Lombardia sono
almeno trenta e si parla di almeno 3 mila medici appartenenti al movimento.
Come riusciranno a garantirli tutti?
Nonostante un ciclo politico di 17 anni al
potere della più importante regione italiana non esiste un filone di
«ciellelogi», come invece esiste una nutrita schiera di «legologi». La
spiegazione più semplice è che il Carroccio tutto sommato è un partito facile
da interpretare mentre il singolare intreccio di fede, welfare e politica
rappresentato dal movimento dei seguaci di don Giussani non si presta. Nei
confronti di Cl però non mancano i nemici giurati: c'è chi l'accusa di non
avere una contabilità trasparente,
c'è chi la paragona a una vera e propria setta
con i suoi adepti e a Milano negli ambienti sanitari, bancari e universitari
c'è una corrente di avversione che accusa Cl di pianificare le carriere,
organizzare assunzioni ad hoc, far scivolare la pratica comunitaria in vero e
proprio clientelismo molecolare. «Siamo un ascensore sociale» ebbe a dire
qualche tempo fa un giornalista ciellino. «Se anche l'amicizia in Italia
diventa un reato io emigro» gli fa eco un parlamentare, che per spiegare il
funzionamento della rete di monitoraggio e assistenza racconta come don
Giussani una volta si era recato in Sicilia e aveva conosciuto dei produttori
di vino ad Alcamo. Tornato a Milano aveva dettato i compiti ai suoi: «I nostri
amici siciliani fanno un vino fantastico e noi dobbiamo aiutarli a venderlo».
A rendere stabile l'aiuto alle imprese è nata la Compagnia delle Opere che ha conosciuto nel tempo un discreto successo, si è imbattuta in più di qualche disavventura giudiziaria (come quella di ieri a Bergamo) ma non è quella macchina da guerra che spesso viene dipinta. Solo per avere un termine di paragone aderiscono alla Cdo 36 mila imprese mentre l'associazione degli artigiani di matrice cattolica, la Confartigianato, ne rappresenta 700 mila.
A rendere stabile l'aiuto alle imprese è nata la Compagnia delle Opere che ha conosciuto nel tempo un discreto successo, si è imbattuta in più di qualche disavventura giudiziaria (come quella di ieri a Bergamo) ma non è quella macchina da guerra che spesso viene dipinta. Solo per avere un termine di paragone aderiscono alla Cdo 36 mila imprese mentre l'associazione degli artigiani di matrice cattolica, la Confartigianato, ne rappresenta 700 mila.
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