lunedì 22 ottobre 2012

Film: ‘Argo’ di Ben Affleck


da: la Repubblica 

Grande Affleck, così rivive la crisi Usa-Iran '79
E su Hollywood: "Tanti cialtroni e bugiardi..."
A Roma il regista e protagonista di "Argo", forte di recensioni entusiastiche. Svela i retroscena del sequestro degli
americani in Iran: "Il mio omaggio a chi rischia tutto per salvare vite umane". Ma nel film c'è anche una satira feroce sulla Mecca del cinema: "Anche un Macaco può dirigere un film"

di Claudia Morgoglione


"E' vero, nel mio film uno dei personaggi dice che anche un macaco può fare il regista di cinema. E nella realtà? Bé, in effetti qualche macaco che gira per Hollywood c'è. Magari uno di quei macachi sono proprio io! Certo lo ammetto, lì dove lavoro io ci tanti sono bugiardi e cialtroni...". Sorride, il divo Ben Aflleck, dalla sala dell'Hassler, storico albergo con vista su Trinità dei Monti. E del resto ha tutte le ragioni per essere di buonumore: la sua opera terza da regista - Argo, storia vera dell'azione segreta per salvare gli ostaggi americani in Iran, nel 1979 - sta andando benissimo in patria, e ha convinto all'unanimità pubblico e critica. Sicuramente in odore di Oscar.


Davvero una bella prova di maturità, per un personaggio che di strada ne ha fatta tanta: dalla statuetta dorata per la sceneggiatura ottenuta per Good Will Hunting, insieme all'amico Matt Damon, passando per le "sbandate" personali e artistiche, come il solidalizio sentimental-professionale con Jennifer Lopez. Fino a giungere al
punto in cui è adesso: cineasta convincente, attore sempre sulla cresta dell'onda, marito della collega Jennifer Garner e padre felice. Quanto al film, in uscita nei nostri cinema l’8 novembre, ricostruisce il dramma di 33 anni fa: 52 persone vengono sequestrate nella sede diplomatica statunitense. Sei di loro, però riescono a fuggire. E la Cia chiede l'intervento del migliore specialista in azioni di infiltrazione, interpretato dallo stesso Aflleck...

Con lui, nel cast, Bryan Cranston e Alan Arkin. Mentre John Goodman interpreta uno dei due personaggi hollywoodiani della vicenda: il truccatore John Chambers.  Ecco come il regista e protagonista risponde alle domande dei cronisti.

Lei definirebbe il suo un film politico?
"Assolutamente no. Io con Argo volevo raccontare una storia, dei personaggi. Il film è soprattutto un omaggio a quelle persone che si sacrificano per salvare gli altri, e per il proprio Paese: lasciandosi alle spalle perfino la propria famiglia".

Il rapimento degli ostaggi in Iran ebbe però forti conseguenze politiche: come la mancata rielezione del presidente Carter.
"E' vero, quella crisi gli procurò danni irreparabili. Ma è anche vero che dopo di lui alla Casa Bianca arrivò un presidente dalla fortissima personalità come Reagan".

Esiste un parallelismo tra l'Iran dell'ayatollah Khomeini e quello atttuale di Ahmadinejad?
"Più studiavo fatti e documenti, più trovavo somiglianze: diciamo che, rispetto a trent'anni fa, la situazione non è poi così cambiata. Io ho girato in Turchia, in Iran non avremmo potuto. Ho cercato però di far lavorare iraniani che parlassero il farsi: e mi ha spezzato il cuore vedere che nessuno ha accettato, temevano troppo rappresaglie contro le loro famiglie. Quello attuale di Teheran è un regime stalinista. Ma In generale, pensando al mondo arabo, spesso la responsabilità è anche dell'Occidente: allora appoggiava lo scià provocando la reazione di Khomeini, più recentemente ha appoggiato Mubarak e altri dittatori. Anche per questo la strage di Bangasi mi ha intristito e commosso".

Oltre al tema centrale della crisi in Iran, nel suo film c'è una critica feroce a Hollywood, incarnata dal personaggio di John Goodman. Davvero nel luogo in cui lei lavora sono tutti cialtroni?
"Non posso dire che sono sul serio tutti mentitori e cialtroni, il mio ritorno a casa diventerebbe difficile! (ride). I miei personaggi sono iperbolici: ma come sempre, nell'umorismo c'è un fondo di verità. A Hollywood, come a Washington, le gente cerca sempre di trarre vantaggio dalle situazioni. Ma è anche un luogo dove ci sono tanti amici che non mentono tutti i giorni. E poi ci sono artigiani meravigliosi, attrezzisti, le maestranze".

Tra queste persone non cialtrone e non bugiarde annovererebbe George Clooney, coproduttore di Argo?
"E' una fortuna avere un produttore che fa ottimi film come lui: sai che è gente che si prende cura di te, che non dice del tipo ' sbrigati che hai sforato il budget'. E ovviamente è interessante scambiare opinioni con lui".

Come definirebbe lo stile del regista Ben Affleck?
"Cerco di non stare troppo fra i piedi, di mettermi al servizio della storia, evitando se posso virtuosismi, come le carrellate in dolly. Perché alla fine tutto dipende soprattutto dalla sceneggiatura e dagli attori: anche la suspence che c'è in Argo, ad esempio, è merito loro".

Quanto è difficile, dopo aver girato un film dietro la macchina da presa, tornare a fare l'attore?
"E' facile quando lavori con grandi registi come Terrence (Malick, che l'ha diretto in To the wonder, ndr): anzi lavorare con loro diventa ancoe meglio, perché sei in grado di capire il contesto. Diventa ancora più complicato, invece, coi registi con cui non riesci a stabilire un legame. Una cosa, comunque è certa: da quando sono regista anch'io, litigo molto meno con chi mi dirige".

foto: dal sito ANSA

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