da:
La Stampa
Obama si impone sulla politica estera ma
Romney lo sorprende sull’economia
Il presidente più abile su Iran, Cina
e Bin Laden ma lo sfidante è abile a dirigere nel finale l’attenzione su
povertà ed occupazione. Duello su Israele. Ultimi minuti al calor bianco.
di Maurizio Molinari
Barack
Obama vince sulla politica estera ma Mitt Romney riesce nel finale ad essere
più efficace facendo leva sui temi economici ed entrambi i portavoce parlano
così di vittoria. Il terzo e ultimo dibattito fra il presidente democratico e
lo sfidante repubblicano si chiude in un clima da ring di pugilato, lanciando
entrambi verso le ultime due settimane di una sfida mozzafiato, descritta da
sondaggi che li danno testa a testa in una dozzina di Stati.
Quando
il moderatore Bob Schieffer della Cbs dà inizio al dibattito ponendo la prima
domanda sulla Libia, Romney risponde mettendo subito le mani avanti: “Mi
congratulo con il presidente per l’eliminazione di Osama bin Laden”. E’ un
tentativo di liberare il campo dal maggiore successo del rivale ma anche
l’ammissione di un dibattito in salita perché la politica estera è il cavallo
di battaglia del presidente. Obama si sente più forte, lo mostra per piglio,
linguaggio e determinazione.
Appena prende la parola ridicolizza Romney: “Pochi
mesi fa diceva che il nostro nemico più pericoloso è la Russia, meno male che
ora riconosce che invece è Al Qaeda”. Il repubblicano non reagisce e Obama
affonda i colpi: una valanga di citazioni su errori di giudizio, gaffes e sbagli
strategici di Romney. “Sono citazioni errate, attaccarmi non è un’agenda di
politica estera” riesce appena a dire Romney. Siamo al 16° minuti e se il match
finisse qui, Obama vincerebbe per ko. Romney riesce a riprendere fiato, e
trovare spazio, sull’Iraq, contestando a Obama di non essere riuscito a
lasciare basi nè truppe dopo otto anni di guerra e sacrifici. E’ il primo
battibecco, continua per una manciata di secondi e Obama è abile a
interromperlo con la prima citazione di Israele. “Il nostro alleato più
importante in Medio Oriente”.
Se
Romney puntava su questo cavallo, ora Obama glielo sfila. Schieffer introduce
il tema della sanguinosa guerra civile in Siria: “Davvero non si può fare di
più?”. Risponde Obama: “I giorni di Assad al potere sono contati”. Romney
questa volta riesce a fare un passo in più: “La Siria è un disastro umanitario,
rimuovere Assad è prioritario per noi”. Non invoca l’intervento militare, si
dice contrario anche alla no fly zone, ma invoca a chiare lettere più aiuti per
i ribelli. Obama tiene gli occhi puntati sul rivale e i tratti del volto
tradiscono nervosismo quando Romney lo accusa di “carenza di leadership”. E’
una linea d’attacco efficace. Il repubblicano ripete a più riprese “l’America
non ha leadership in questa crisi” e per la prima volta Obama mostra qualche
esitazione, limitandosi ha rispondere: “Stiamo dimostrando di avere leadership
sulla Siria”.
Entrambi
i candidati hanno appuntate spillette a forma di bandiera americana sulla
giacca, ed entrambi hanno a disposizione due bicchieri d’acqua che non toccano
mai. La tensione fra loro è di gran lunga maggiore rispetto ai precedenti due
duelli perché questo è l’ultimo e ogni parola può essere decisiva. Ecco perché,
quando si supera la boa dei trenta minuti Romney gioca la mossa preparata a
tavolino: “E’ la nostra economia debole che ci impedisce di essere forti in
politica estera”. L’intento è di far entrare nel dibattito i temi economici.
Romney segue un copione mandato a memoria ed accelera. Accusa Obama di voler
tagliare il bilancio militare, riducendo il bilancio del Pentagono di mille
milioni di dollari e poiché il presidente tarda a rispondere, tira gli altri
siluri: “Le tensioni bilaterali con Israele sono state negative, nel 2009 è
stato un errore tacere sulla rivolta iraniana”. Romney tiene l’offensiva,
ingaggia un vivace duello su Israele e Iran, e affonda anche sul commercio: “Si
parla sempre degli scambi con la Cina, bisognerebbe parlare di più di America
Latina”.
E’
un altro tema economico, consente a Romney di restare in sella. Obama gli
risponde sull’educazione ma è un errore perchè Schieffer lo blocca: “Torniamo a
parlare di politica estera”. Pochi attimi dopo ripete la frase a Romney, che
però continua a cercare scorciatoie per allontanarsi da diplomazia e strategia.
Accusa Obama di “voler riportare la Marina ai livelli del 1917” a causa della
riduzione di unità ma la replica è sferzante: “Una volta avevamo anche più
baionette e cavalleria, con il passare del tempo cambia anche la strategia, oggi
dobbiamo tener presente spazio e cyberspazio”. Romney incassa e non risponde.
Schieffer chiede ai due di pronunciarsi sul principio che “un attacco a Israele
equivale ad un attacco all’America”. Nessuno dei due lo fa proprio ma Obama
assicura che “se Israele sarà attaccata saremo al suo fianco” vantando “lo
svolgimento questa settimana delle esercitazioni più grandi di sempre mai
svolte” con l’esercito dello Stato Ebraico. E sull’Iran assicura: “Fino a
quando sarò presidente, non avrà l’atomica”.
Romney
sull’alleanza con Israele usa un linguaggio ancora più esplicito: “Con me
presidente, l’America sarà sempre alle spalle di Israele”. E sull’Iran attacca:
“Servono sanzioni più dure, l’isolamento diplomatico e l’incriminazione di
Ahmadinejad”. Il repubblicano è su un terreno più sicuro, si spinge fino a
contestare a Obama il “tour di scuse” fatto in Medio oriente subito dopo
l’insediamento “senza fare tappa in Israele”. “Se vogliamo parlare dei nostri
viaggi all’estero per me va benissimo” ribatte Obama, sollevano risate fra i
giornalisti americani in sala stampa per il riferimento alle gaffes di Romney
nel recente viaggio in Europa e Israele. Ma Romney resta all’offensiva: “La
verità è che da quando Obama è diventato presidente il numero delle centrifughe
iraniane è aumentato”. Barack tenta di frenarlo con un colpo basso: “Romney
investe in aziende cinesi con interessi in Iran”. Ma il dibattito ora appare
più bilanciato. Romney è efficace quando dice “la Jihad avanza in Medio
Oriente, la Cina avanza nel commercio” e ciò dimostra la debolezza
dell’America. Con un altro colpo basso Obama rimprovera a Romney di “essere
andatoin Israele a raccogliere fondi mentre io nel 2008 andai a rebdere omaggio
allo Yad Va-Shem - il museo della Shoà - ed alla città di Sderot bersagliata
dai razzi di Hamas”. Romney è pronto a ribattere: “Presidente, ben 38 senatori
democratici le hanno chiesto di riparare le relazioni con Israele...”.
Obama
si accorge di aver perso il dominio del dibattito e gioca ancora più pesante:
“Romney disse che bisognava chiedere permesso al Pakistan per un eventuale
blitz contro Bin Laden”. Il repubblicano non smentisce e difende “l’importanza
dei rapporti con il Pakistan, una nazione che ha 100 bombe atomiche”. A 15
minuti dalla fine Schieffer introduce il tema della Cina e Romney ha gioco
facile a trascinare lo scontro lì dove ha voluto sin dall’inizio:
sull’economia. “Abbiamo un deficit commerciale enorme non si può più andare
avanti, rubano i nostri posti di lavoro, manipolano la concorrenza”. Il
repubblicano è un fiume in piena, Obama tenta senza successo di frenarlo. Gioca
contro di lui la carta dell’auto, rimproverandogli di “aver voluto far fallire
Chrysler e Gm che noi abbiamo salvato” e negli ultimi sei minuti il dibattito
diventa un match, la scrivania un ring e Romney riesce nell’intento di avere
tempo e spazio per l’arringa finale sull’”America impoverita, i dissocupati
aumentati e 47 milioni di cittadini che vivono con i buoni pasti”. Se Obama è
stato più efficace sulla politica estera, la tattica di Romney si dimostra
vincente. Nelle dichiarazioni finale Obama accusa lo sfidante di “voler
riportare al passato” e promette di “continuare a battermi per le vostre
famiglie” ma Romney è più efficace: “Sono ottimista sul futuro, Obama ci porta al
declino, io creerò milioni di posti di lavoro, sono come far ripartire
l’America e vi guiderò in maniera onesta”. Nella “spin room” i portavoce di
entrambi i campi parlano di successio e i sondaggi delle tv premiano Obama ma
Romney è riuscito a non soccombere nel dibattito più difficile.
Nessun commento:
Posta un commento