da: Il Fatto Quotidiano
C’era
un cinese in coma
di Marco
Travaglio
Sventuratamente i discepoli dell’Università
delle Libertà, ma anche gli infermi del Sudan e i calciatori del Milan devono
portare pazienza: il Cainano, o quel che ne resta, non potrà dedicarsi a loro a
tempo pieno. Ancora una volta, quando ormai pensava solo agli ospedali, ai gol
e all’erudizione dei (e soprattutto delle) giovani, un evento inaspettato – una
sentenza attesa da appena 11 anni – lo colpisce in quanto ha di più caro – il
portafogli e l’impunità – e lo costringe, a 76 anni suonati, a tornare a
“modernizzare il Paese”. Però, beninteso, rinuncia a Palazzo Chigi (cioè al
nulla: sta al 15%). Rimesso insieme alla bell’e meglio da truccatori e
stuccatori, con la dentiera che fischia, una calotta marron sul capino e
robusti tiranti dagli orecchi che gli regalano due simpatici occhi a mandorla
facendolo somigliare a un cinese in coma, il pover’ometto ha riunito una corte
di fedelissimi plaudenti e di camerieri a mezzo stampa nel bunker di villa
Gernetto – sede dell’Università delle Libertà dove s’insegna furto con scasso,
frode fiscale, abigeato e adescamento di minori – per l’ultimo sequel del
cinepanettone “Natale in Brianza”. Intanto, e non è cosa da poco, ha dichiarato
guerra alla Germania. Poi ha dato il benservito a Monti, che una campagna di
stampa diffamatoria insinuava fosse appoggiato anche da lui (le penne rosse gli
fecero persino dire: “Monti l’ho inventato io”). Il noto infiltrato Ferrara,
sempre sulla notizia, giurava che lui avesse sposato l’Agenda Monti e passato
il testimone al Prof. Invece il governo tecnico è servo della Merkel, ha
“sospeso la democrazia” e ci ha sprofondati in una “spirale recessiva senza
fine”
dopo anni di opulenta prosperità: dunque prima se ne va e meglio è, “ora
vediamo se levargli subito la fiducia” o lasciarlo marcire ancora un po’, tanto
è quasi scaduto. Ma non s’azzardi a rimettere il naso fuori, chiusa “la
parentesi”. Assenti e prevedibilmente attoniti Angelino Jolie e Frattini Dry,
che speravano di salvarsi dalla disfatta finale a bordo di Monti, Passera,
Marcegaglia e Montezemolo. Presente, ma per sbaglio, l’afasica Gelmini,
illuminata dagli sfavillii luciferini delle evabraun de noantri, Brambilla e
Santanchè, e del nibelungico Sigfried Ghedini. Molti applausi per le traduzioni
colte delle massime latine (“sui treni c’è sempre un prefetto”, “tutto capita
nelle sentenze”) e soprattutto per la lezione di storia su Hitler che subentrò
“alla Repubblica di Weimar nel 1921-23” (era dieci anni dopo, ma fa lo stesso).
Ma il pezzo forte è l’economia: “gli spread” sono colpa “dei giornali e di un
preciso disegno delle banche tedesche” al soldo della Merkel, che pretendeva
financo di non calcolare nel Pil italiano il “sommerso”, i fondi neri a cui lui
modestamente contribuisce da 30 anni. La nostra, grazie a lui, resta “la
seconda economia più solida d’Europa”: la gente è ricca sfondata, ma non
consuma perché non può spendere più di mille euro in contanti (“terribile
barbarie”) ed è preda del “regime di polizia tributaria”, delle “estorsioni del
fisco”, della “Magistratocrazia”. Ma soprattutto perché le aziende “fanno meno
pubblicità ai prodotti di marca”. Dunque non resta che concentrarsi sui veri
problemi del Paese: tipo il fatto che “non si può più usare il telefono”. Ergo
urge la separazione “anche fisica” (a filo di spada) dei giudici dai pm, onde
evitare “che si passino la Repubblica o il Fatto Quotidiano al bar”. E la
riforma della Costituzione per abolire, nell’ordine: l’Agenzia delle Entrate
(perseguita gli evasori in Porsche), l’Imu (peraltro inventata dal suo
governo), il Parlamento, la Corte costituzionale, i piccoli partiti e gli
elettori che li votano precludendogli il 51%, la custodia cautelare e le
intercettazioni (almeno per lui), forse il capo dello Stato (fa solo “weekend
operosi”), sicuramente la Germania. L’Agenda Morti.
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