da: Il Fatto Quotidiano
Sconto per Berlusconi, Penati e P4 e la chiamano
Anticorruzione
Il ddl passa con la fiducia al Senato. Severino: il
falso in bilancio è fuori tema
di Caterina Perniconi
Sulla
volta che sovrasta l’aula del Senato sono affrescate le personificazioni della
Giustizia, del Diritto, della Fortezza e della Concordia. Ogni tanto ieri il
Guardasigilli Paola Severino alzava gli occhi e le osservava. Forse pensando
che la sua legge anticorruzione avrebbe dovuto avere a che fare più con i primi
tre che con la quarta. E invece, per assecondare la pace tra i membri di una
“strana” maggioranza bipartisan, a vincere è stata l’ultima. Quando si è issata
in piedi per esprimere il parere del governo dopo un’ora e mezzo di dibattito,
il ministro ha chiesto conto ai parlamentari delle mancanze di questa legge:
“Anch’io appartenevo ad una categoria di grilli parlanti, ogni legge che usciva
la mia critica era pronta, era forte. Ma bisogna passare qui dentro per capire
la fatica che c’è dietro ogni provvedimento, la necessità di conquistarsi la
fiducia di tutti su ciò che si propone”. Una fiducia
raggiunta solo dopo riduttivi compromessi. Il provvedimento che dovrebbe
aiutare lo Stato a recuperare 60 miliardi l’anno introduce maggiore
trasparenza, impedisce ai condannati per mafia di ricevere appalti pubblici e
crea l’Authority anticorruzione. Ma non ripristina il falso in bilancio, non
accorcia i tempi dei processi né allunga quelli della prescrizione (men che
meno abolisce la ex Cirielli). Tutti i temi su cui il Pdl ha alzato le
barricate. Inoltre depenalizza il reato di concussione per induzione, offrendo
un “aiutino” ai processi di Filippo Penati (aree Falck) e Silvio Berlusconi
(caso Ruby). Lo stesso reato ha a che fare anche con i casi P4 (Papa), sanità
pugliese (Tarantini), nomine Asl (Tedesco).
“SO PERFETTAMENTE che il falso in
bilancio, l’autoriciclaggio e il tema della prescrizione rappresentano mondi
che stanno intorno alla corruzione e che ne condizionano le possibilità di
scoperta e di punizione” ha dichiarato la Severino, “sono le premesse della
corruzione: il falso in bilancio serve per nutrire di denaro nero la corruzione;
l’auto – riciclaggio rappresenta la parte postuma, ciò che si fa con il
denaro”. Ma “i reati satellite non devono diventare la tomba del ddl” ha
chiarito. In realtà sono strumenti fondamentali ai quali gli inquirenti non
potranno ricorrere nonostante l’Europa ci chieda di adeguarci dagli anni ’90.
“La riforma dei reati societari ci deve essere – ha continuato il ministro –ma
non nel provvedimento sulla corruzione, perché lo affollerebbe”. Non lo
affollano invece le numerose clausole sui magistrati fuori ruolo. La
regolamentazione chiesta dalla Camera con l’emendamento del deputato Pd Roberto
Giachetti è stata stravolta. Il 2,6% dei togati che hanno un alto incarico
nelle amministrazioni potranno usufruire di speciali eccezioni per preservare
il loro ruolo. Alla fine della sua arringa Severino ha chiesto la fiducia, che
è stata votata dopo sei ore. Per lei solo il tempo di un pranzo veloce, di
cambiarsi una delle sette camicie sudate per trovare un accordo tra i partiti e
di nuovo in aula. Ma di fronte ha trovato una platea scarsa. C’erano solo 12
senatori del Pdl. A sinistra banchi più popolati ma nessuno pareva scon- tento.
Tranne l’IdV, che ha votato contro la legge “per l’impos – sibilità di
modificarla” e Giovanardi, secondo cui “i fenomeni di corruttela aumenteranno
con l’introduzione di funzionari ad hoc in ogni comune che dovranno controllare
persino gli amici e i parenti”.
IL CALCOLO È FINITO con 228 favorevoli, 33
contrari e 2 astenuti, una delle fiducie più basse registrate da questo governo
che, come ha detto Mario Monti, “ci ha messo la faccia”. Ora dovrà fare i conti
con un nuovo rinvio del provvedimento alla Camera. Nonostante gli auspici a
“fare presto” non c’è da sottovalutare il parere del Csm richiesto dalla
Severino sulla legge, atteso per la prossima settimana. Difficile che l’organo
di autogoverno della magistratura non faccia rilievi su un provvedimento
imperfetto. E come faranno a quel punto i deputati a non recepirli? Solo dopo
l’approvazione definitiva scatterà l’impegno del governo a scrivere la delega
sull’incandidabilità dei condannati in Parlamento. Un altro compromesso con la
politica: la norma prevede infatti che non potranno partecipare alle elezioni i
condannati in via definitiva a una pena oltre i due anni per i reati contro la
pubblica amministrazione, a tre negli altri casi. Peccato che l’87% dei
corrotti ne patteggia meno di due e può andare dritto a premere un bottone
sotto la volta di Palazzo Madama, ringraziando la Dea Concordia.
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