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Il Fatto Quotidiano
Metodo Odeon Tv: incassare gli
incentivi dallo Stato e chiudere
Dopo aver ricevuto 22 milioni per la
rottamazione delle frequenze e in attesa dei contributi sull'occupazione (1
milione per il 2010), il gruppo Profit, editore in Lombardia di Telereporter, Telecampione,
si prepara a cessare ogni attività editoriale e produttiva
di Chiara Merico
Il
5 novembre si spegnerà definitivamente una voce storica nel panorama televisivo
lombardo, e 56 dipendenti su 97, tra giornalisti e tecnici, resteranno
disoccupati. È l’epilogo della storia dei canali del gruppo Profit,
editore in Lombardia di Telereporter, Telecampione e della syndication
nazionale Odeon, che ha annunciato a fine settembre l’intenzione di cessare
ogni attività editoriale e produttiva. Tutto questo mentre l’azienda, denuncia
la rappresentanza sindacale, passa due volte all’incasso dallo Stato:
per i ricavi derivanti dalla “rottamazione” delle frequenze e soprattutto per i
contributi Corecom, fondi pubblici che vengono elargiti a sostegno dell’editoria
locale.
Per
comprendere la vicenda bisogna fare un passo indietro al 2009, anno in cui il
gruppo Profit, attivo dal 1986 nell’emittenza televisiva locale, entra in
crisi. Le prospettive del gruppo – che negli anni è stato anche editore di
Telegenova (Liguria), Telereporter Roma (Lazio) Canale 10 Firenze e Arezzo tv
(Toscana) Sardegna, Sardegna TT, Lombardia DTT (Lombardia), Telereporter Sud
(Calabria) – peggiorano rapidamente, a causa del calo degli ascolti e dei
ricavi pubblicitari, degli investimenti da sostenere per lo sbarco sul digitale
terrestre e delle difficoltà giudiziarie dell’editoreRaimondo Lagostena, finito
in manette nel dicembre 2009 con l’accusa di aver pagato una tangente
all’allora assessore regionale lombardo Piergianni Prosperini.
Tre
anni fa i dipendenti del gruppo erano 250, ora sono rimasti in 97,
quasi tutti nella sede di Milano perché nel frattempo le altre emittenti sono
state cedute per fare cassa, approfittando anche della possibilità di
“rottamare” le frequenze. “Con il passaggio al digitale terrestre – spiega
a IlFattoquotidiano.it Sabrina Grilli, giornalista di Telereporter e membro
della Rsu aziendale – si sono moltiplicati i canali e per le reti locali è
diventato difficile ‘riempire’ tutte le frequenze. Per questo, a marzo 2012 il
ministero dello Sviluppo economico ha emesso un bando: le emittenti locali di
alcune regioni potevano restituire le frequenze sui canali dal 61 al 69, che
sarebbero state assegnate agli operatori di telefonia mobile, in cambio di un
indennizzo”.
Nel
caso del gruppo Profit, l’operazione di rottamazione frutterà un totale di 22
milioni di euro, una boccata d’ossigeno per un’azienda in grave crisi. A luglio
il Tribunale di Milano ha infatti emesso una sentenza di fallimento nei
confronti della capogruppo Profit spa. “L’annuncio della rottamazione, ad
aprile, per noi è stato una doccia fredda, perché significava chiudere –
racconta la Grilli -. L’editore ci aveva promesso che l’attività sarebbe
comunque andata avanti, attraverso la formula dell’affitto della banda. Noi ci
abbiamo creduto, ma il piano era diverso”.
A
settembre, infatti, arriva l’annuncio: il gruppo Profit cederà alla cremonese
Primarete il ramo d’azienda che comprende il marchio Telereporter Shopping, le
relative autorizzazioni e soprattutto l’ambito canale 13 del digitale
terrestre. “A quel punto la strategia dell’azienda è stata chiara:‘svuotare’ la
testata, che diventerà di fatto un canale di televendite, eliminando i
contenuti editoriali prodotti in proprio, e quindi licenziando i giornalisti”,
chiarisce la Grilli. Dal momento dell’avvio della procedura di mobilità ci sono
60 giorni di tempo – 75 se non si trova un accordo con i sindacati – e poi
partiranno le lettere di licenziamento.
Nonostante
questo, il gruppo Profit continuerà a incassare i contributi pubblici. “Le
televisioni locali beneficiano di un sostegno da parte del ministero dello
Sviluppo economico: le provvidenze vengono elargite, sulla base del numero dei
dipendenti assunti, a queste emittenti, che forniscono servizi informativi
importanti per il territorio”, racconta la Grilli. Quest’anno l’azienda
incasserà 1 milione e mezzo di euro, assegnati in base al lavoro svolto
dai dipendenti nel 2010; e, visto che i soldi arrivano con un ritardo di due
anni, li dovrebbe ottenere anche nel 2013 e 2014.
“Fa
male pensare che i soldi destinati a fornire un servizio vengano utilizzati per
dismettere un’azienda – commenta amara la Grilli -. Senza contare che,
mantenendo il marchio, nel 2014 il gruppo potrebbe sempre decidere di tornare
all’attività editoriale, assumendo giovani che costerebbero la metà rispetto a
noi”. Non sembrano comunque esserci margini per un cambiamento. Per
Stefano Barbini, direttore del personale del gruppo Profit , “la crisi del
gruppo si è stratificata in un periodo piuttosto lungo, e dopo il fallimento
della capogruppo l’azienda intende alleggerire il carico dei dipendenti”.
Secondo
Barbini “resteranno in piedi i marchi Odeon e Telecampione, ma è veramente
difficile pensare a un’eventuale ripresa dell’attività editoriale in futuro,
date le difficoltà del presente. Comprendiamo il disagio dei lavoratori, ma a
oggi non ci sono prospettive editoriali”. Da tempo i dipendenti, che
ora rischiano il posto, fronteggiano una situazione di notevole difficoltà:
l’ultimo stipendio pagato è il 60% della mensilità di maggio, e le note spese
sono ferme dal 2010.
La
vicenda è stata portata all’attenzione dei principali attori istituzionali:
dopo l’incontro dello scorso 25 settembre al Consiglio regionale lombardo, il
24 ottobre Teresa Mastrandrea, un rappresentante della Rsu aziendale, ha
partecipato all’audizione convocata a Palazzo Marino con i direttori di altre
tre storiche televisioni lombarde (Telelombardia, 7Gold e Telenova), anch’esse
pesantemente colpite dalla crisi. “Gli altri direttori hanno chiesto che le
istituzioni investano nel servizio pubblico rappresentato dalle emittenti
locali, ma per noi rischia di essere troppo tardi”, racconta la Mastrandrea.
Intanto, il deputato del Pd Vinicio Peluffo presenterà nei prossimi giorni alla
Camera una mozione, nata proprio dal caso Telereporter e indirizzata al
ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera, in cui si chiede di vincolare
l’erogazione dei finanziamenti pubblici solo a chi garantisce il
proseguimento dell’attività editoriale.
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