Sanità in nome di sua Santità
Non
è chiaro se siano state le banche della finanza bianca del Nord a far pressioni
su Gotti Tedeschi, come il banchiere confida agli amici, o se sia stato un
sogno portato avanti con ostinazione da Bertone con l’obiettivo di creare un
polo ospedaliero controllato dal Vaticano. O, ancora, se sia stato il disperato
tentativo di aiutare la creatura di don Verzè sull’orlo del fallimento. Forse i
motivi vanno letti insieme per spiegare quanto accaduto. Per capire perché,
quando l’ospedale del padre padrone don Verzé scricchiola, mostrando perdite
enormi (alla fine oltre 1,5 miliardi di euro) e distrazioni di somme in una
vicenda che verrà seguita da più procure, nessuno fiata. In pochi osano
criticare pubblicamente Bertone, che spedisce Gotti Tedeschi come pontiere a
Milano per portare l’ospedale sotto l’ala protettiva della Santa Sede. Ma la
missione si rivela piena di insidie. Il presidente dello Ior, complice anche il
suicidio di Mario Cral, il braccio destro di don Verzé che si spara nell’estate
del 2011, è spaventato: «Noi sappiamo cosa contengono le casse – si confida con
alcuni amici – lasciate da Cral e trovate dai magistrati. Non sappiamo a quanto
ammonti il buco della struttura. Manca qualsiasi contabilità. Camminiamo nel
buio». A opporsi con ogni forza al progetto di Bertone è la diocesi di Milano,
sia prima con Tettamanzi sia con il nuovo arcivescovo Scola. Non per questioni
di denaro ma perché l’ospedale andrebbe contro i dettati del magistero. Lo
spiega bene proprio Scola che dopo essersi insediato a settembre nel capoluogo
lombardo studia una via d’uscita dall’incubo San Raffaele direttamente con
padre Georg.
[…]
All’attenzione del collaboratore del pontefice, l’ex patriarca di Venezia
allega una carta che dovrebbe essere determinante al fine di lasciare la
partita del San Raffaele, abbandonando così ogni piano di conquista. Si tratta
anche in questo
caso di un documento finora rimasto nei segreti delle stanze
vaticane; tale documento, intestato «Promemoria sulla Fondazione San Raffaele
del Monte Tabor», indica come l’ospedale, impegnato nella ricerca tra
biotecnologie e fecondazione assistita, assume posizioni inconciliabili con i
dettati dottrinali del magistero cattolico:
Nella
complicata questione del San Raffaele fa gravemente problema il coinvolgimento
diretto dello Ior o di soggetti a quest’ultimo riconducibili. […] Ciò che
appare come insormontabile difficoltà è la prassi di taluni centri di ricerca
biotecnologica legati all’ospedale e le posizioni espresse da molti professori
dell’università Vita-Salute San Raffaele. Al di là di una certa autonomia di
cui gode l’università Vita-Salute essa è comunque, anche giuridicamente, riferita
a tutto il complesso del San Raffaele. Non pochi professori di fama che hanno
grande peso nell’opinione pubblica hanno affermato di non voler accettare «alcuna
limitazione alla totale libertà di ricerca». […] Nelle aree di ricerca
biotecnologica la pratica ormai consolidata comporta il ricorso alle staminali embrionali.
Anche nel campo della procreazione assistita non vengono rispettati i criteri
etici richiamati dall’insegnamento del magistero.
E’
opportuno sottolineare che non sono soltanto i direttori di questi centri a
concepire in questo modo l’attività di ricerca scientifica, là occorre
considerare che i ricercatori di fascia intermedia stanno costruendo la loro
carriera proprio su questa prassi. E’ astratto illudersi che la nuova proprietà
possa, attraverso eventuali convenzioni, imporre un cambiamento di rotta. Si
tratta di un’ipotesi nei fatti irrealizzabile. Anzi, tale tentativo non farebbe
che sollevare un contenzioso, che avrebbe grande eco sui mass media, assai
dannoso per la Chiesa.
Insomma
al San Raffaele la ricerca non segue il magistero. Anche sul fronte economico
la contraddizione pare evidente. In un momento di crisi economica, investire
200 milioni in un ospedale segnato da un buco colossale rischia di far passare
l’immagine di una Chiesa dedita agli affari:
Dal
punto di vista dell’opportunità pastorale, il coinvolgimento diretto dello Ior
o di soggetti a quest’ultimo riconducibili ha già provocato pesanti giudizi
sull’uso dei beni da parte della Santa Sede e della Chiesa in generale, soprattutto
nel contesto dell’odierna situazione di crisi economica-finanziaria. L’immagine
di una Chiesa ricca e votata agli affari è pesantemente veicolata dai continui
interventi dei mass media. Occorre, infine, notare che essendo lo Ior
un’istituzione della Santa Sede il suo intervento in una vicenda spiccatamente
italiana non potrà che sollevare riserve in ambito internazionale.
Dunque
dal mondo cattolico milanese arrivano segnali precisi di disagio ai progetti
del polo ospedaliero portato avanti dalla segreteria di Stato. Da Milano,
questi aspetti erano già stati sottoposti a settembre al Santo Padre sia allo
stesso Bertone, che aveva cercato di essere tranquillizzante, garantendo che lo
Ior sarebbe uscito a breve dall’avventura:
Lo
stesso segretario di Stato si è impegnato in un appunto scritto nel modo
seguente: «Si prevede che alla scadenza dei primi sei mesi (estate 2012), la
presenza dello Ior o di soggetti a quest’ultimo riconducibili possa essere
sostituita da quella di altri soggetti economici».
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