da: Lettera 43
Usura,
dossier Libera: “Tassi fino al 1500%. Ai clan sequestrati 150 milioni”
Lo
denuncia il rapporto “L'usura, il Bot delle mafie” presentato
dall'associazione: “Non c’è nessun patto di stabilità che tenga dinanzi
all’urgenza di denaro di tanti imprenditori”. La fotografia è quella di
un'Italia strozzata dalla criminalità, dai mercati della Calabria alle aziende
del Veneto, con imprenditori abbandonati dalle banche che diventano facile
preda
di Elena
Ciccarello
Mentre prestiti e mutui alle famiglie
crollano sotto il peso della crisi, il vecchio reato d’usura è tornato a godere
di ottima salute. Lo denuncia il rapporto “L’usura,
il Bot delle mafie” presentato a Roma dall’associazione Libera. La
fotografia è quella di un’Italia strozzata dalla criminalità organizzata, dai
mercati della Calabria alle aziende del Veneto, con imprenditori abbandonati
dalle banche che diventano facile preda dei cravattari: “Se non fosse stato per
loro ora il mio negozio sarebbe sparito”, sono le parole di una vittima di
fronte ai giudici.
Negli ultimi
due anni sono stati ben 54 i clan
mafiosi entrati nel mirino delle procure di tutt’Italia per questo genere
di delitti. Da nord a sud, la criminalità organizzata ha rastrellato risorse
sul territorio applicando tassi fino al
1500% annui, cifra registrata a Roma e che segna il record nazionale. Ma
altre città non sono state da meno: secondo le indagini più recenti nel basso
Lazio, ad Aprilia, gli usurai mafiosi hanno applicato un tasso di poco
superiore al 1000%, il 400% è
toccato invece a Firenze, seguita
dal vibonese (270%), dal padovano (180%) e dalla città di Milano (150%). I clan coinvolti sono i nomi grossi
dell’universo mafioso, cui si aggiungono gregari e gruppuscoli di ogni sorta: dai Casalesi al clan D’Alessandro, dai Cordì ai Casamonica, passando per i
calabresi Cosco e De Stefano, fino ai clan Terracciano e i Fasciani, i Mancuso,
i Parisi, i Mangialupi e gli esponenti della Stidda.
Il giro d’affari è enorme e per lo più
sommerso, ma un veloce riepilogo delle inchieste consente di tracciarne un
profilo eloquente. I sequestri ai clan
accusati di usura sommano negli ultimi
24 mesi più di 150 milioni di euro e il quadro peggiora se a questi
dati vengono sommati quelli della Banca
d’Italia. Secondo le rilevazioni di Palazzo Koch, a fronte delle oltre 18mila segnalazioni per operazioni sospette su cui si è
investigato nell’ultimo biennio, più di
8mila (circa il 46%) sono confluite in procedimenti penali per usura,
abusivismo finanziario, truffa e reati tributari.
Più che le cifre di un fenomeno che resta
prevalentemente sommerso, sono però i meccanismi di radicamento del reato a destare particolare allarme. Poiché il prestito a strozzo continua ad essere
uno dei reati preferiti dalla mafia
per vampirizzare prima, e conquistare poi, le imprese pulite. Come è avvenuto recentemente in Veneto dove un gruppo legato al clan
dei casalesi, arrestato nel 2011 su disposizione del gip di Venezia, si è
accaparrato decine di quote societarie e
aziende come risarcimento per i propri prestiti usurai. Ha iniziato
proponendosi come agenzia finanziaria
e di riscossione crediti, con tanto
di pubblicità su tv e giornali locali, poi ha fagocitato integralmente le
imprese in crisi che si sono rivolte ai suoi intermediari. Situazione simile a
quella individuata nella Locride, in Calabria, dove le cosche Cordì e Cataldo
hanno fatto ammalare le imprese cui avevano prestato denaro fino a farle
proprie.
Eppure le
vittime degli strozzini non denunciano, perché tra loro e i carnefici si
istaura spesso un rapporto di sudditanza psicologica che alcuni finiscono
persino per confondere con l’amicizia. E alcuni usurai ci tengono pure ad una
sorta di loro “galateo”. “Puoi stare
sicuro – dice al telefono l’usuraio Leonardo Fortunato ad un imprenditore cui
aveva prestato dei soldi – se tu mi lasci con tua moglie e lasci i soldi nel
letto, stai sicuro che io non la tocco, a me mi ammirano tutti per sto fatto”.
È stato arrestato nell’operazione Belfagor condotta dalla procura di Bari. Il
bravo usuraio sa mescolare tono melliflui e maniere forti. “Acchiappalo per i
capelli come ti dico io! Piglialo malamente a questa latrina. Digli: ha detto
lo zio che stanno ridendo sopra i morti… digli che se viene lo zio vi schiatta
la faccia!”. È l’insegnamento che Mario Potenza, ex contrabbandiere degli anni
di Zaza-Mazzarella, rivolge ad un vicino che lo aiuterà a gestire il giro
usuraio. Il tatto del cravattaro lo ricorderanno a lungo anche le vittime
toscane degli usurai casalesi: “Non ti permettere più di riattaccarmi il
telefono in faccia perché dove ti trovo, ti spacco la testa con la mazza, hai
capito?”, urlavano loro al telefono.
“Non
c’è nessun patto di stabilità che tenga dinanzi all’urgenza di denaro di
tanti imprenditori” è la conclusione di Libera.
“I clan intercettano quel segmento
di disperazione e rispondono subito e in contanti”.
L’associazione propone uno nuovo traguardo alla sua storica battaglia: non solo confiscare i beni ai mafiosi,
ma fare di tutto perché i mafiosi di quei
beni non entrino neppure in possesso.
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