martedì 30 ottobre 2012

Governo, decreto Sviluppo: scuola digitale


da: la Repubblica

Iniziata una rivoluzione degna di Gutenberg
di Mario Pirani

Ha preso il via una rivoluzione epocale nell’ambito della scuola ma, al di fuori degli istituti, quasi nessuno se ne è accorto. Anche se si tratta di una realizzazione degna di essere tramandata alla storia. Una svolta segnata dal passaggio dei due terzi dei libri di testo, dal cartaceo al digitale. Una rivoluzione paragonabile a quella che venne compiuta nel 1455 da Gutenberg, quando stampò il primo libro scritto, la Bibbia. Da allora tutto l’assieme delle conoscenze scritte passò dalla copia a mano e da altre forme di trascrizione al linguaggio stampato. La cultura cambiò forme, contenuti, dimensione e diffusione. Oggi l’occasione è analoga e solo la sordità mediatica di un governo tecnico poteva non accorgersi di quale piatto si stava bollendo nelle sue pentole. Comunque sia lode ai suoi autori.
La normativa è già stata approvata per legge. Non starò a tradurla dal linguaggio legal-burocratese (decreto Sviluppo 2.0, ottobre 2012) e mi limiterò all’essenziale da cui risulta che da ora in avanti i libri di testo per le scuole del primo ciclo d’istruzione e per gli istituti d’istruzione del secondo grado saranno prodotti in tre versioni: a stampa, online scaricabile da Internet oppure derivante dai contenuti digitali integrativi (tablet, programmi specifici, ecc). Il piano è già stato avviato e pubblicato con il suo inserimento nell’Agenda digitale italiana sulla scia dell’analogo documento europeo le cui linee erano state fissate dal summit di Lisbona. Il ministero fisserà le caratteristiche tecniche della parte cartacea dei libri nonché della parte digitale. Rilevante si annuncia una ridefinizione dei tetti di spesa alla luce dell’attesa riduzione di costi della componente cartacea per effetto dell’introduzione del digitale.

Uno dei più competenti formatori del nostro sistema scolastico, il professor Giovanni Biondi, ci ha permesso di dare una scorsa ai primi capitoli di un suo libro in corso di pubblicazione sull’Information and Communications Technologyche affronta i temi dello sconvolgimento avviato nella scuola italiana , “il più grande sistema sociale del paese ed anche la più grande azienda, con quasi 9 milioni di studenti e 700.000 insegnanti… se però analizziamo gli strumenti utilizzati nelle aule ci accorgiamo che il 90% applica contenuti su carta e solo il 16 si avvale di un setting didattico innovativo. Contemporaneamente, però, ben il 93% dei ragazzi tra i 12 e i 18 anni usano Internet quotidianamente; di poco inferiore (92,1%) la percentuale di studenti che usa quotidianamente il computer”. Si giunge così all’assurdo che la Rete è diffusissima fuori della scuola mentre all’interno investe una esigua minoranza. Ne consegue un gap di competenze che pone gli insegnanti sovente in una posizione di inferiorità nei confronti dei propri allievi. Ad aggravare la situazione interviene un dato anagrafico: l’Italia ha il più alto numero di insegnanti che superano i 50 anni, solo il 3% è inferiore ai 30. È facile capire perché la resistenza alle trasformazioni sia la più radicata in questi strati, a cui si uniscono gli editori e qualche gruppo di pedagoghi conservatori. Ma è possibile rassegnarsi ad una disconnessione pressoché totale della scuola nei confronti della società ? Una società che “parla digitale”, che sfrutta nella vita di tutti i giorni le opportunità offerte dalle nuove tecnologie ed una scuola basata invece sulla “carta” ... una scuola che ancora troppo spesso insegna l’inglese come il latino, attraverso una comunicazione distante dai nostri studenti abituati ad apprendere da altri linguaggi multimediali molto più efficaci e soprattutto interattivi, che permettono loro di entrare nell’infinitamente piccolo o esplorare l’infinitamente grande? I cosiddetti “nativi digitali” hanno spesso poche motivazioni a stare in classe. Uno di loro, su un blog, ha scritto recentemente un frase emblematica: “Se la noia fosse un fossile la scuola sarebbe un museo”. Difficile contestarlo. 

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