da: la Repubblica
Così
fu creata la cassaforte segreta
di Massimo
Giannini
Il trucco dei film strapagati per
creare all’estero una cassaforte segreta. Il sistema Berlusconi:
frode da 270 milioni.
Lo hanno chiamato, con un eufemismo,
«processo Mediaset». Sedici anni, tra indagini dei pm e conflitti con il
tribunale di Milano. In realtà questa condanna del Cavaliere rivela e colpisce
il cuore segreto del «Sistema- Berlusconi»: i fondi neri.
Buoni per tutti gli usi: evadere le tasse,
pagare tangenti. Un metodo collaudato. Non solo in quest’ultimo processo. Con
soggetti e oggetti diversi, ricorre anche in altri processi che hanno visto
l’ex presidente del Consiglio sul banco degli imputati: dall’affare Mills al
caso Mediatrade, fino ad arrivare alle vicende di All Iberian. C’è questo filo
rosso, a legare la lunga sequela di inchieste che lo hanno riguardato e
accompagnato in questi diciotto anni di avventura politica e di sventura
giudiziaria: creare una «provvista riservata», nelle pieghe dei bilanci
societari, per farne un uso indebito e improprio.Per tutelare i propri interessi
finanziari, e addomesticare i propri guai processuali. Intrecciato a questo,
c’è un altro filo: quello della politica, che Berlusconi ha piegato ai suoi
bisogni, militarizzando il Parlamento e deformando i codici con almeno diciotto
leggi ad personam concepite con l’unico scopo di difendere se stesso «dai»
processi, e non «nei» processi. Una storia che merita di essere ripercorsa, a
partire dalla condanna appena irrogata dai giudici milanesi.
PROCESSO MEDIASET: SEI ANNI DI “CORPO A CORPO”
Cinquantamila pagine di documenti.
Rogatorie internazionali in dodici Paesi. L’inchiesta sui diritti
cinematografici Mediaset muove i primi passi nel giugno 2003.
I pm della
procura di Milano De Pasquale e Robledo aprono l’ennesima indagine
su Berlusconi, allora premier, già imputato in altri 7 processi. Indagando
sui fondi riservati del comparto estero delle controllate Fininvest, i
magistrati scoprono quello che, nella sentenza di ieri, definiranno un «sistema
illegale» (guidato dallo stesso Berlusconi anche dopo il suo ingresso in
politica) finalizzato alla costituzione di «disponibilità estere» attraverso
l’utilizzo di diverse «società offshore». Alcune delle quali, la Century One e
la Universal One, si ritrovano anche in altri processi paralleli che riguardano
il Cavaliere.
Tutto ruota intorno alla compravendita fittizia di diritti televisivi su
altrettanti film. Diritti che secondo i magistrati sono «oggetto di passaggi di
mano e di maggiorazioni ingiustificate». Per realizzarli, il Cavaliere si
avvale dei soliti, improbabili «mediatori » che ricorrono nelle sue diverse
scorrerie finanziarie, inevitabilmente trasformate in traversie giudiziarie (da
Mills a Tarantini e Lavitola). Qui il sensale è un egiziano diventato cittadino
americano, Frank Agrama, che compra e rivende diritti, gonfiandone il valore,
per conto di Berlusconi. Sono «passaggi privi di qualsiasi funzione
commerciale, che servono «solo a far lievitare il prezzo», e dunque a
costituire una provvista in nero dentro i bilanci. Per i magistrati il sistema
dei costi gonfiati consente così «un’evasione notevolissima». Almeno 270
milioni di euro, sottratti alla società e agli azionisti, e occultati al Fisco.
Berlusconi – all’inizio dell’inchiesta indagato per falso in bilancio,
appropriazione indebita e frode fiscale insieme ai figli Marina e Piersilvio, a
Fedele Confalonieri e ai manager Fininvest Giorgio Vanoni e Candia Camaggi –
nega tutto. Ma come scrive Giuseppe D’Avanzo in un articolo del gennaio 2010,
il pm Robledo ritiene di poter dimostrare che Agrama acquista i diritti e poi
li rivende alle società di Berlusconi «a prezzi enormemente gonfiati». A Los
Angeles li compra a cento. A Milano li rivende a mille. La differenza tra cento
e mille resta all’estero e Agrama si preoccupa, molto curiosamente, di «restituire»
i profitti su conti nella disponibilità di manager Mediaset, in Svizzera, nel
Principato di Monaco, alle Bahamas.
LO SCUDO DELLE 18 LEGGI AD PERSONAM
Ce n’è abbastanza per ritenere che
quell’Agrama sia un socio occulto di Berlusconi. Come accade in parallelo
nel processo Mills, anche qui ci sono testimoni che confermano. Come Bruce
Gordon, responsabile della vendite della Paramount, che dichiara: «In Paramount
le società di Agrama sono indistintamente indicate come “Berlusconi companies”
e l’esposizione creditoria come “Berlusconi receivables” ». Allora Gordon (come
poi confermeranno i giudici con la sentenza di condanna di ieri) aggiunge che
l’ascesa al governo di Berlusconi non ha mutato la situazione. «Agrama –
ricorda il testimone – ci diceva che continuava a riferire a Berlusconi sulle
negoziazioni per l’acquisto dei film anche dopo la sua nomina a presidente del
Consiglio». Dunque – è la convinzione della magistratura inquirente, ora
ribadita anche da quella giudicante – «non esistono gli affari di Agrama, ma
soltanto quelli di Berlusconi».
Insomma, fin dall’inizio si capisce che il
premier rischia grosso. Comincia così la sua ennesima battaglia contro le
toghe. La procedura è quella di sempre: un sabotaggio continuo e sistematico
del lavoro dei magistrati. Il 7 luglio 2006, dopo che l’allora
ministro Giustizia Castelli ha bloccato almeno due rogatorie in America ed
è stata respinta la richiesta di Ghedini di trasferire il processo a Brescia,
il gup Paparella rinvia a giudizio il Cavaliere. Per il Berlusconi imputato, il
processo inizia ufficialmente il 21 novembre. Ma nel frattempo, il Berlusconi
premier dispiega tutta la sua potenza di fuoco per fermare «i giudici
mozza-orecchi». Prima della fine della legislatura, impone alle Camere due micidiali
leggi ad personam, quella sulla prescrizione breve e quella sulla
depenalizzazione del falso in bilancio.
Equivalgono a due colpi di spugna. E
funzionano. Nel gennaio 2007 i giudici di Milano devono prendere atto
dell’avvenuta prescrizione per i reati commessi prima del 1999 e per il falso
in bilancio. Resta l’accusa di frode fiscale. Ma per questo c’è già pronta un
altro salvacondotto: il nuovo Lodo Alfano, che concede l’immunità (e
l’impunità) alle alte cariche istituzionali. A settembre 2008 il processo è
sospeso, perché i pm invocano l’incostituzionalità del Lodo. La Consulta gli da
ragione, ma intanto se n’è andato un altro anno. Il processo riparte a novembre
del 2009. Il Cavaliere è già tornato a Palazzo Chigi, ma non ha più scudi per
proteggersi. Ne inventa un altro, e lo fa ingoiare a forza alla sua maggioranza
e al Paese. La legge sul «legittimo impedimento». Grazie a questa, per quasi
due anni non si presenta alle udienze, e viene dichiarato formalmente
«contumace». Si rifa vedere ad aprile 2011, per ammonire il pm De Pasquale:
«Lei è quello cattivo?».
È quasi un presagio. A giugno di quest’anno De Pasquale chiede la condanna di Berlusconi a 3 anni e 8 mesi: «Sui soldi dei fondi neri – afferma in aula – ci sono le sue impronte digitali». Non più il «teorema di una magistratura inquisitoria che attenta la democrazia ». Da ieri questa è una sentenza di un tribunale della Repubblica, emessa in nome del popolo italiano. Con un aggravante: il tribunale infligge all’imputato una condanna più pesante di quella richiesta dalla pubblica accusa. Lo fa in ragione della sua comprovata «propensione a delinquere».
È quasi un presagio. A giugno di quest’anno De Pasquale chiede la condanna di Berlusconi a 3 anni e 8 mesi: «Sui soldi dei fondi neri – afferma in aula – ci sono le sue impronte digitali». Non più il «teorema di una magistratura inquisitoria che attenta la democrazia ». Da ieri questa è una sentenza di un tribunale della Repubblica, emessa in nome del popolo italiano. Con un aggravante: il tribunale infligge all’imputato una condanna più pesante di quella richiesta dalla pubblica accusa. Lo fa in ragione della sua comprovata «propensione a delinquere».
I “106 PROCESSI” E LA FALSA TEORIA DEL COMPLOTTO
Questi sono i fatti. L’ex premier, e la sua
cerchia di cortigiani, gridano allo scandalo. Già chiusa la parentesi da
«statista» che con l’ennesimo «atto d’amore » verso l’Italia si ritira in una
sua immaginaria «riserva della Repubblica», l’unto del Signore risfodera i
suoi triti anatemi. Evoca la «persecuzione giudiziaria », la «giustizia a orologeria»,
il «Paese incivile e barbaro ». Parla di «60 procedimenti subiti in diciotto
anni di vita politica». E mente, ancora una volta, come sui suoi processi ha
sempre fatto fin dal 1994. Nell’ottobre 2009 dichiara: «In assoluto ho subito
106 processi, tutti finiti con assoluzioni e due prescrizioni ». Nello stesso
giorno, la figlia Marina ridimensiona le esagerazioni paterne: «Mio padre tra
processi e indagini è stato chiamato in causa 26 volte». Qualche giorno dopo,
il portavoce Paolo Bonaiuti la spara più grossa: «I processi contro
Berlusconi sono 109».
La verità è un’altra. Anche questa, raccontata più volte da Giuseppe d’Avanzo su questo giornale. I processi affrontati dal Cavaliere come imputato sono stati finora 17. Di questi, 13 sono conclusi. Le assoluzioni sono state solo 3. In un’occasione con formula piena per l’affare «SmeAriosto/1» (la corruzione dei giudici di Roma). Due volte con la formula dubitativa del comma 2 dell’articolo 530 del Codice di procedura penale che assorbe la vecchia insufficienza di prove: i fondi neri «Medusa» e le tangenti alla Guardia di Finanza, dove il Cavaliere è stato condannato in primo grado per corruzione (dichiarato colpevole ma prescritto in appello grazie alle attenuanti generiche; assolto in Cassazione per «insufficienza probatoria »).
La verità è un’altra. Anche questa, raccontata più volte da Giuseppe d’Avanzo su questo giornale. I processi affrontati dal Cavaliere come imputato sono stati finora 17. Di questi, 13 sono conclusi. Le assoluzioni sono state solo 3. In un’occasione con formula piena per l’affare «SmeAriosto/1» (la corruzione dei giudici di Roma). Due volte con la formula dubitativa del comma 2 dell’articolo 530 del Codice di procedura penale che assorbe la vecchia insufficienza di prove: i fondi neri «Medusa» e le tangenti alla Guardia di Finanza, dove il Cavaliere è stato condannato in primo grado per corruzione (dichiarato colpevole ma prescritto in appello grazie alle attenuanti generiche; assolto in Cassazione per «insufficienza probatoria »).
I proscioglimenti sono stati 10, propiziati
da altrettante leggi ad personam. Riformato e depenalizzato il falso in
bilancio dal suo governo, Berlusconi viene assolto in due processi (All
Iberian/2 e Sme-Ariosto/2) perché «il fatto non è più previsto dalla legge come
reato». Due amnistie estinguono il reato e cancellano la condanna inflittagli
per falsa testimonianza (aveva truccato le date della sua iscrizione alla P2) e
per falso in bilancio (i terreni di Macherio). Per cinque volte è salvo con le
«attenuanti generiche» che (attenzione) si assegnano a chi è ritenuto
responsabile del reato. Per di più le «attenuanti generiche » gli consentono di
beneficiare, in tre casi, della prescrizione dimezzata che si era fabbricato
come capo del governo: «All Iberian/1» (finanziamento illecito a Craxi); «caso
Lentini»; «bilanci Fininvest 1988-’92»; «fondi neri nel consolidato Fininvest»
(1500 miliardi); Mondadori (Cesare Previti compra il giudice Metta, ed entrambi
sono condannati).
Questa è dunque la vera storia dei processi del Cavaliere. Quasi sempre è risultato colpevole, ma si è salvato grazie alle norme che lui stesso si è cucito addosso. Per trasformare la sua ossessione giudiziaria nell’ossessione di un’intera nazione.
Questa è dunque la vera storia dei processi del Cavaliere. Quasi sempre è risultato colpevole, ma si è salvato grazie alle norme che lui stesso si è cucito addosso. Per trasformare la sua ossessione giudiziaria nell’ossessione di un’intera nazione.
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