da: La Stampa
Veronesi:
il mio primo film senza le corna
Il
regista gira con Elio Germano “L’ultima ruota del carro”
“40
anni di storia italiana dalla parte di un soldato semplice”
di Fulvia
Caprara
Storia
vera di uno come tanti, un «soldato semplice tornato dalla guerra, ma nessuno
sapeva che c’era stato», uno che «è salito sul rombante camion della Storia, ma
non ha mai tenuto il volante», uno che ci ha provato, ma, alla fine, è rimasto
più o meno com’era. All’appuntamento con i 50 anni Giovanni Veronesi si
presenta con un film lontano da manuali e simili, quello, dice, che avrebbe
sempre voluto fare, pensando a C'eravamo tanto amati, libero, per una volta,
dall’imperativo categorico della comicità: «Racconto 40 anni di storia italiana
ispirandomi all’esistenza, particolarissima e piena di accadimenti, di Ernesto
Fioretti, autista nel mondo del cinema, un signore che conosco bene e che ne ha
viste tante». Dall’euforia dei 60 alle tinte cupe degli anni di piombo, dal
sequestro Moro a Tangentopoli, dall’esplosione del rampantismo targato Anni 80
all’affermarsi dell’era Berlusconi, con tutte le conseguenze e gli strascichi
che hanno segnato l’alba del nuovo Millennio: «E’ il primo film in cui non
parlo di corna». La prospettiva del racconto è sintetizzata nel titolo, L’ultima ruota
del carro: «Ho descritto l’idea
che avevo in testa a due scrittori,
mio fratello Giovanni e Edoardo Albinati che ha detto subito “se il film non lo
fai, questo titolo lo uso io”». In effetti rende bene l’idea, perchè Ernesto,
interpretato da un Elio Germano di cui Veronesi non smette di tessere le lodi,
è uno che non conta niente perchè, in un mondo di trasformisti e imbroglioni, è
riuscito a restare se stesso: «Ha le sue fragilità - dice Veronesi -, sogna di
diventare piccolo-borghese, ma ogni volta che prova a uscire dal seminato becca
la fregatura. È di sinistra, ma vedendo quegli ideali sbriciolarsi a poco a
poco sotto gli occhi, inizia a perdere le sue certezze, a un certo punto si
concede il lusso di diventare socialista, lavora per una società di servizi,
una di quelle società che all’epoca crescevano come funghi e solo anni dopo
abbiamo capito a che cosa servi vano...».
Al
suo fianco una moglie tenera e dolcissima (Alessandra Mastronardi), «un piccolo
oracolo che va sempre ascoltato, uno scricciolino dotato di rara grandezza
d’animo». E poi il teatro di una società cresciuta male anche per colpa di
gente come Fabrizio Del Monte (Sergio Rubini): «Un vero figlio di mign...- dice
l’attore -, un personaggio abietto, molto comune nei nostri tempi». Di Mara
(Virginia Raffaele), la sua amante, «una donna in carriera particolarmente
scaltra, in cui s’intravedono tutti i prodromi di certe donne degli Anni 90»,
di Giacinto (Ricky Memphis), amico del protagonista e sostenitore della prima
ora di un Berlusconi nascente: «In fondo - osserva Veronesi - le cose sono
cambiate in poco tempo. C’è stata un’epoca, non troppo lontana, in cui le
veline erano semplicemente ragazze che arrivavano sui pattini a portare le
notizia in una trasmissione».
L’epopea
di Ernesto, «italiano anomalo», si chiude senza bandiere da piantare sul
traguardo: «A Roma - racconta il regista - c’è tanta gente in pensione che, a
60 anni, accetta di fare la comparsa nei film». Personaggi di sfondo, come il
protagonista, che «è onesto e tale rimane fino alla fine, dopo aver
attraversato eventi che simbolicamente riflettono il modo in cui il nostro
Paese si è evoluto». Prodotto da Fandango e Warner Bros, L’ultima ruota
del carro (l’ispiratore Fioretti è cosceneggiatore ,Dalila di
Lazzaro fa una piccola apparizione e l’ uscita sarà più o meno tra un anno)
segna per Veronesi una tappa di carriera importante: «Dopo 7 film con Aurelio
De Laurentiis avevo voglia di cose diverse, lui ha capito e mi ha lasciato
fare». L’impressione, mentre gira in questi giorni a Roma, al Circolo della
Marina Militare, tra prati, piscine e campi da tennis, è «come se, a 50 anni,
fossi uscito per la prima volta di casa. Ho avuto una vita lavorativa facile,
collaborare con persone diverse fa bene. D’altra parte mio padre mi aveva
avvertito, quando si arriva alla mia età succede sempre uno
sconvolgimento».
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