lunedì 29 ottobre 2012

Cinema, ciak: Veronesi “L’ultima ruota del carro”


da: La Stampa

Veronesi: il mio primo film senza le corna
Il regista gira con Elio Germano “L’ultima ruota del carro” 
“40 anni di storia italiana dalla parte di un soldato semplice”
di Fulvia Caprara



Storia vera di uno come tanti, un «soldato semplice tornato dalla guerra, ma nessuno sapeva che c’era stato», uno che «è salito sul rombante camion della Storia, ma non ha mai tenuto il volante», uno che ci ha provato, ma, alla fine, è rimasto più o meno com’era. All’appuntamento con i 50 anni Giovanni Veronesi si presenta con un film lontano da manuali e simili, quello, dice, che avrebbe sempre voluto fare, pensando a C'eravamo tanto amati, libero, per una volta, dall’imperativo categorico della comicità: «Racconto 40 anni di storia italiana ispirandomi all’esistenza, particolarissima e piena di accadimenti, di Ernesto Fioretti, autista nel mondo del cinema, un signore che conosco bene e che ne ha viste tante». Dall’euforia dei 60 alle tinte cupe degli anni di piombo, dal sequestro Moro a Tangentopoli, dall’esplosione del rampantismo targato Anni 80 all’affermarsi dell’era Berlusconi, con tutte le conseguenze e gli strascichi che hanno segnato l’alba del nuovo Millennio: «E’ il primo film in cui non parlo di corna». La prospettiva del racconto è sintetizzata nel titolo, L’ultima ruota del carro: «Ho descritto l’idea
che avevo in testa a due scrittori, mio fratello Giovanni e Edoardo Albinati che ha detto subito “se il film non lo fai, questo titolo lo uso io”». In effetti rende bene l’idea, perchè Ernesto, interpretato da un Elio Germano di cui Veronesi non smette di tessere le lodi, è uno che non conta niente perchè, in un mondo di trasformisti e imbroglioni, è riuscito a restare se stesso: «Ha le sue fragilità - dice Veronesi -, sogna di diventare piccolo-borghese, ma ogni volta che prova a uscire dal seminato becca la fregatura. È di sinistra, ma vedendo quegli ideali sbriciolarsi a poco a poco sotto gli occhi, inizia a perdere le sue certezze, a un certo punto si concede il lusso di diventare socialista, lavora per una società di servizi, una di quelle società che all’epoca crescevano come funghi e solo anni dopo abbiamo capito a che cosa servi vano...».  

Al suo fianco una moglie tenera e dolcissima (Alessandra Mastronardi), «un piccolo oracolo che va sempre ascoltato, uno scricciolino dotato di rara grandezza d’animo». E poi il teatro di una società cresciuta male anche per colpa di gente come Fabrizio Del Monte (Sergio Rubini): «Un vero figlio di mign...- dice l’attore -, un personaggio abietto, molto comune nei nostri tempi». Di Mara (Virginia Raffaele), la sua amante, «una donna in carriera particolarmente scaltra, in cui s’intravedono tutti i prodromi di certe donne degli Anni 90», di Giacinto (Ricky Memphis), amico del protagonista e sostenitore della prima ora di un Berlusconi nascente: «In fondo - osserva Veronesi - le cose sono cambiate in poco tempo. C’è stata un’epoca, non troppo lontana, in cui le veline erano semplicemente ragazze che arrivavano sui pattini a portare le notizia in una trasmissione».  

L’epopea di Ernesto, «italiano anomalo», si chiude senza bandiere da piantare sul traguardo: «A Roma - racconta il regista - c’è tanta gente in pensione che, a 60 anni, accetta di fare la comparsa nei film». Personaggi di sfondo, come il protagonista, che «è onesto e tale rimane fino alla fine, dopo aver attraversato eventi che simbolicamente riflettono il modo in cui il nostro Paese si è evoluto». Prodotto da Fandango e Warner Bros, L’ultima ruota del carro (l’ispiratore Fioretti è cosceneggiatore ,Dalila di Lazzaro fa una piccola apparizione e l’ uscita sarà più o meno tra un anno) segna per Veronesi una tappa di carriera importante: «Dopo 7 film con Aurelio De Laurentiis avevo voglia di cose diverse, lui ha capito e mi ha lasciato fare». L’impressione, mentre gira in questi giorni a Roma, al Circolo della Marina Militare, tra prati, piscine e campi da tennis, è «come se, a 50 anni, fossi uscito per la prima volta di casa. Ho avuto una vita lavorativa facile, collaborare con persone diverse fa bene. D’altra parte mio padre mi aveva avvertito, quando si arriva alla mia età succede sempre uno sconvolgimento».  

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