Renzo Rubino si stacca completamente da
tutti con “Per sempre e poi basta”. Ma passa l’altro brano: ‘Ora’
da: Il Fatto Quotidiano
Sanremo
2014, le pagelle delle 2a serata: plebiscito per Rubino, Fazio melenso
Il
giovane cantautore convince tutti, al pari di Luciana Littizzetto. Per il resto
stona l'eccessivo buonismo del conduttore. Ospiti un po' troppo vintage
di Domenico Naso e Silvia Truzzi
La seconda serata del Festival di
Sanremo fila via liscia come l’olio. Forse addirittura troppo. Per farci
canticchiare una canzone, in una edizione con pochi pezzi che ricorderemo,
devono arrivare le gemelle Kessler. Dove non arriva la gara, mettono una
toppa gli ospiti. L’omaggio a Franca Valeri, di nuovo nei panni della
sua Sora Cecioni, è ovviamente più che meritato e lei si diverte, gioca
con la Littizzetto, dimostra una vitalità che fa onore ai suoi 93 anni.
L’altro momento topico della serata lo regala Rufus Wainwright, la cui
presenza all’Ariston aveva provocato le proteste di PapaBoys e Militia
Christi, che lo avevano accusato di blasfemia e propaganda gay (sic!). La sua
versione di
Across the Universe dei Beatles emoziona platea
e sala stampa. Per i palati meno raffinati, il tributo a Claudio Baglioni,
superospite italiano, omaggiato da una standing ovation. A mezzanotte inoltrata
comincia la gara delle Nuove proposte. Pezzi interessanti, più di quelli
dei big, onestamente. Passano il turno Diodato (ragazzo da tenere
d’occhio) e Zibba, con un reggae romantico che ti entra in testa. Stasera
si ricomincia, con tutti e 14 i big a cantare il pezzo che ha passato il turno
e la seconda semifinale dei giovani. Ospiti sul palco Renzo Arbore, Luca
Parmitano e soprattutto Damien Rice, pronto a incantare il pubblico
(almeno quello dotato di buongusto musicale).
LE PAGELLE DI SILVIA TRUZZI
Fabio Fazio - 5: Almeno la prima sera
poteva scattare la solidarietà per l’incidente iniziale. Nella seconda resta
solo una valanga di retorica, somministrata in dosi omeopatiche. Lo
sdoganamento della cellulite politicamente corretta non si può sentire. E
nemmeno l’enjoy your life diretto a Rufus. Lanciamo una campagna su
change.org, salvateci dalla bontà.
Luciana Littizzetto – 6: Praticamente
tiene su la baracca da sola.
Francesco Renga – 5/6: Non canta bene, ma è
decisamente disinvolto. Fin troppo. Già sicuro della vittoria? Passa la
canzone-vendetta, sull’amore extraconiugale: “Stiamo solo facendo sesso”. Ha
due catene ai polsi, può darsi che abbiano un significato: possiamo anche non
saperlo.
Giuliano Palma – 6: Vivace, ma non
convince. “Così lontano” l’ha scritta Nina Zilli, e non si vede mica tanto. La
seconda assomiglia assai a You can’t hurry love delle Supreme.
Noemi
– 5: Con
le tempie rasate, la chioma rossa, un vestito da cartone animato (per essere
gentili) ricorda un po’ Fiona di Shrek. Le canzoni non sono niente di che, ma
rischia di vincere. Denuncia penale per il consulente d’immagine.
Renzo Rubino – 7: Chansonnier
originale, emoziona la platea. E’ giovane, ma per davvero: ventenne, nel paese
in cui ti dicono giovane fino a quarant’anni. Passa Ora
Ron – 5: Sta sul palco come se stesse
passeggiando. Il mestiere si vede, ma basta? Un po’ di innovazione non
guasterebbe, ma è chiedere troppo. Sala stampa e televoto scelgono il folk di Sing
in the rain
Riccardo Sinigallia – 5,5: Non è che
entusiasmi le folle. Canta tardissimo, ma non è solo questo. E’ che assomiglia
troppo alla vita precedente con i Tiromancino.
Francesco Sarcina – 4/5: Anche per lui
l’eco delle Vibrazioni è piuttosto evidente. E anche per lui vale l’effetto “E’
notte alta e sono sveglio”. L’esecuzione è buona, ma le canzoni sono davvero
poca cosa. Qualcuno che gli vuole bene avrebbe dovuto impedirgli di salire sul
palco con due anelli alle orecchie. E’ Sanremo, non Pirati dei Caraibi.
LE PAGELLE DI DOMENICO NASO
Fabio Fazio – 5,5: Solo il Maestro Manzi
poteva rendere ancora più bonario e dolciastro Fabio Fazio. Ma la serata scorre
liscia, forse addirittura troppo, e lui si limita a fare il bravo conduttore,
rassicurante fino alla narcolessia. Lo scorso anno il Festival aveva
decisamente un altro ritmo.
Luciana Littizzetto – 7: Anche ieri sera ha
caricato su di sé la responsabilità di evitare l’abbiocco agli spettatori. Ci
riesce ancora, perché magari il personaggio è sempre quello, ma le riesce bene.
Meno male che Luci c’è.
Francesco Renga – 6,5: Forse nessuno, negli
ultimi anni, ha incarnato meglio il ruolo del cantante sanremese. Renga piace
al pubblico del Festival. Lui lo sa, e gigioneggia un po’. Nel pezzo che passa
il turno (“Vivendo adesso”) si sente la mano di Elisa, ma lui non è sembrato molto
in forma. Uno dei favoriti. Forse il favorito.
Giuliano Palma – 5: Brano firmato Nina
Zilli e si sente. Forse troppo. Fa il suo. Senza infamia e senza lode, nel
solco della sua carriera. Nel secondo pezzo (“Un bacio crudele”) c’è un pizzico
diYou can’t hurry love e un altro di Para no verte mas. Il risultato
è quello che è.
Noemi
– 6:
Vestito inguardabile, ma tant’è. Le sue canzoni le riconosci subito, al primo
ascolto. Il problema, però, è capire se ha ormai un suo preciso stile (e
sarebbe un bene) o se è diventata prevedibile (e sarebbe un male). Poteva fare
di meglio, ma si giocherà una posizione di prestigio nella classifica finale.
Franca Valeri – 10: Un monumento. Tempi
comici ancora impeccabili. E anche noi abbiamo faticato con lei durante lo
sketch. Fatica tutta fisica, perché la sua mente non ha mai perso un colpo.
Bell’omaggio, meritato, nell’edizione dei sessant’anni della tv.
Renzo Rubino – 8: Il migliore della serata
(e dell’intero Festival). Due belle canzoni, molto diverse tra loro. Passa il
turno “Ora”, più radiofonica e orecchiabile, ma “Per sempre e poi basta” è un
gioiello. Lungo applauso, meritato, dalla platea solitamente pigra
dell’Ariston. Renzo Rubino è una delle poche cose davvero interessanti della
musica italiana degli ultimi anni. O almeno della musica prodotta dalle major e
che arriva fino a noi con maggiore facilità. Se non si perde per strada (e
perché dovrebbe?), ci darà ancora molte soddisfazioni.
Ron – 5,5: Propone due brani diversissimi
tra loro. Il primo è in pieno stile Cellamare, e per questo almeno è credibile.
Il secondo, che incredibilmente passa il turno, è un pezzo folk che farebbe la
sua porca figura in America. Non qui, ecco.
Claudio Baglioni – 6 (alla longevità):
Sgrana, uno dopo l’altro, cinque pezzi del suo Rosario:Questo piccolo grande
amore, E tu, Strada facendo, Avrai, Mille giorni di te e di
me. Ed è subito momento falò. Persino la sala stampa si scatena, l’Ariston si
alza in piedi. Ce lo meriteremmo davvero, il default.
Riccardo Sinigallia – 5,5: Sinigallia sarà
pure bravo, e lo è, ma evidentemente il problema è mio che sono un po’ troppo
pop. E’ un bravo autore e lo ha dimostrato negli anni, ma poi boh, manca sempre
qualcosa.
Francesco Sarcina – 5: Vi mancavano le
Vibrazioni? No? Pazienza, perché Francesco Sarcina è tornato comunque. Lo stile
è quello di un tempo, e onestamente anche le canzoni. Ed è subito “immensamente
Giulia”.
Rufus Wainwright – 9: Quando c’è il
talento, non c’è PapaBoy che tenga. Wainwright ha portato a Sanremo un’eleganza
musicale e interpretativa che sul palco dell’Ariston non è così frequente.
Bella la sua canzone, bellissima Across the Universe dei Beatles.
Bello lui, quando parla delle sue esperienze, quando dice gay. A Sanremo. Che
non fa notizia, per carità, ma dalle nostre parti assume sempre un significato
particolare. Nuove proposte
Diodato – 8: Bella voce, bella canzone,
bella presenza scenica. Diodato è un nome da tenere d’occhio, a prescindere
dalla gara sanremese. Non perdiamolo di vista e non sprechiamolo.
Filippo Graziani – 7: Essere figlio di Ivan
Graziani non aiuta, perché fare i conti con l’eredità musicale del padre è
impresa ardua. Ma la canzone non è affatto male e lui ha il piglio giusto per
farsi largo.
Bianca – 5: “Si sta come le foglie sugli
alberi a novembre”. Ecco, diciamo che “Saprai” non ha nell’originalità il suo
punto di forza. E onestamente non regge il confronto con le canzoni di Diodato,
Zibba e Graziani.
Zibba – 7,5: Lo vedi corpulento,
barbuto, rasato, e ti sembra un burberone cattivo. Invece Zibba canta una
canzone dolcissima ma non banale, racconta un amore contemporaneo e
appassionato. E “Senza di te” ti entra in testa e non se ne va più. Che non
guasta.
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