da: Il
Fatto Quotidiano
Diciamo subito che espellere quattro senatori perché
dissentono dalle scelte del loro movimento, dei loro leader e della
maggioranza dei loro gruppi parlamentari, ma senza aver violato la cosiddetta
“disciplina di partito” (o di non-partito), è una pratica assurda e antidemocratica, anche se è stata votata a maggioranza e ratificata dagli iscritti
al blog di Grillo. E, se anche fosse vero che è prevista dal regolamento o dal
non-statuto che dir si voglia, vorrebbe dire che è sbagliato e antidemocratico
il regolamento, o il non-statuto che dir si voglia.
Lo scrivemmo quando
toccò alla senatrice Gambaro e lo ripetiamo a proposito dei senatori Battista,
Bocchino, Campanella e Orellana. Se Grillo e Casaleggio hanno un po’ di sale in
zucca, dovrebbero riunirsi con gli eletti e scrivere un altro non-statuto, più
elastico e meno autolesionista, riaprendo le porte agli espulsi per “reato di
opinione”. E, se gli eletti hanno un po’ di sale in zucca, dovrebbero chiamare
i due leader a Roma e pretenderlo.
È trascorso un anno da
quando i 5Stelle entrarono in Parlamento con 163 rappresentanti, sicuramente troppi per la gracile struttura di un movimento
così giovane e
inesperto. Dodici mesi bastano e avanzano per far tesoro dell’esperienza
maturata, così com’è avvenuto con la retromarcia
sulla tv: all’inizio l’ordine di scuderia era di disertare i talk show perché
qualcuno aveva deciso che “la tv è morta”, poi si comprese che era viva e
vegeta e gli italiani cominciarono a
conoscere, grazie alla tv, i Di Maio,
Nuti, Di Battista, Sarti, Taverna, Fraccaro ecc.,e a toccare con mano quanto fosse ridicola la
rappresentazione mediatica dei “grillini” come un branco di brubru incolti,
xenofobi, decerebrati e telecomandati dalla Casaleggio Associati. Più volte,
anzi, capitò di vederli metter sotto politici navigati.
In 12 mesi di impegno parlamentare è nata
e cresciuta una piccola classe dirigente – per ora soltanto di opposizione –
che ha segnato molti punti al suo attivo, con scelte nobili e di grande effetto
(la rinuncia ai soldi pubblici) e battaglie meritorie (le mozioni di sfiducia
individuale contro Alfano, Cancellieri e De Girolamo, le campagne contro gli
F-35 e il Porcellum, l’ostruzionismo sulla controriforma dell’art. 138 e sul
decreto Bankitalia), anche contro il parere dei capi (l’abolizione del reato di
clandestinità). Questa classe dirigente
s’è guadagnata sul campo il
diritto-dovere di una sempre maggior autonomia dai vertici, inevitabilmente
lontani dalla quotidianità parlamentare: del resto era stato proprio Grillo a
dirsi ansioso di tornare al suo vecchio mestiere e a incitare gli eletti a
camminare con le proprie gambe.
Tutto ciò premesso, il
problema che i 5Stelle credono di risolvere brutalmente e autolesionisticamente
a suon di espulsioni e calci in culo esiste non solo al loro interno, ma in
tutti i partiti. Ora si sprecano paroloni, lezioni di democrazia da cattedre
improbabili (tutti i partiti usano biecamente lo strumento delle espulsioni,
anche se nessuno lo scrive), paralleli con il comunismo e il fascismo,
citazioni dell’art. 67 della Costituzione (“Ogni membro del Parlamento
rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”).
Ma qui la questione è
molto più banale e attuale: fino a che
punto un partito, o un movimento,
o uno o più suoi eletti possono disattendere
gli impegni presi con i propri elettori? È vero che ogni parlamentare
rappresenta tutta la Nazione, ma non è detto che debba per forza rappresentarla
con la maglietta di un partito in cui non si riconosce.
Se avessero avuto un
pizzico di dignità, i senatori Battista,
Bocchino, Campanella e Orellana, anziché sparare ogni giorno dalle tv e dai
giornali contro il Movimento e gli elettori che li hanno paracadutati in
Senato, in nome di una linea politica rispettabilissima ma incompatibile con
quella che si erano impegnati a seguire, si
sarebbero dimessi e iscritti al gruppo misto.
Oppure, se ne avessero
avuti i numeri (come pare avranno tra breve a Palazzo Madama), formare un
gruppo autonomo. Non ti piace (più) il tuo partito? Ti fanno schifo i tuoi
compagni? Scopri con notevole ritardo che il tuo leader è la reincarnazione di
Hitler? Vattene, senza aspettare che ti caccino. Altrimenti non sei un
Solgenitsin, o un Sacharov: sei soltanto uno Scilipoti. E, già che ci siamo,
sarebbe il caso di risolvere una volta per tutte il dilemma: perché un
berlusconiano o un grillino che vuole allearsi col Pd è un figliuol prodigo
redento alla democrazia e mosso da nobili slanci da accogliere con il vitello
grasso, mentre se uno fa il percorso inverso è un bieco voltagabbana?
Paradossalmente, i 5Stelle scontano un sistema di selezione delle candidature molto più “democratico”
di quelli praticati dai partiti: i
vertici Pdl, Pd, Udc, Lega, Scelta civica, Sel ecc. conoscevano tutti i
candidati che han portato in Parlamento grazie al Porcellum: perché se li sono
scelti e nominati uno per uno (ne sa qualcosa Renzi, che si ritrova i gruppi
parlamentari targati Bersani). Grillo e
Casaleggio i loro eletti li hanno conosciuti per la gran parte dopo il
voto, non prima. Per questo, nei partiti, non muove mai foglia che i leader non
vogliano, nemmeno quando compiono scelte contro natura come le larghe intese
con B. e poi con Alfano (due volte), nate all’insaputa anzi nel tradimento
degli elettori. Ci sono, è vero, le riserve indiane tipo i civatiani: ma,
giunti al dunque, si allineano sempre: altrimenti verrebbero espulsi anche
loro, democraticamente si capisce.
Da oggi, grazie
all’ennesimo autogol dei 5Stelle,
assisteremo alla solita sceneggiata dei
partiti più antidemocratici d’Europa che danno lezioni di democrazia. Ma
sarà soltanto un espediente ipocrita e propagandistico per rinviare la
discussione su un problema che riguarda tutti: davvero la democrazia è chiamare
ogni tanto i cittadini alle urne, incassarne i voti su un certo programma e
usarli per fare esattamente l’opposto?
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