lunedì 17 febbraio 2014

Noemi, nuovo album ‘Made in London’: recensione (Suoniestrumenti)


La recensione: Noemi - “Made in London” (CD)
di Stefano Bonagura



Adesso arriva questo quarto album, “Made In London”, che segna sicuramente una tappa importante per Noemi: ha 32 anni, l’età delle scelte, artistiche e no, che lei ha descritto nelle note che accompagnano il disco, con la decisione di prendersi più responsabilità, di scrivere, comporre, di scegliere i compagni di viaggio e di lavoro, con l’obiettivo di cambiare qualcosa, di crescere, senza rinnegare il percorso fatto finora.
Di questo (e di altro) le va concesso il merito, perché è inutile continuare a dubitare, sempre e comunque, di tutti quelli lanciati nell’universo dai talent musicali, “X Factor”, “Amici”, “The Voice”, “Ti lascio una canzone”, “Io canto”.
Bisogna avere la forza e il coraggio di distinguere, che deriva dalla capacità di ascoltare, senza pregiudizi. Quando ci sono delle qualità, si tratta di farle emergere: avere talento vuol dire anche essere capaci di sfruttarle al meglio. Per un artista, è questione di lucidità, umiltà, repertorio e collaboratori, perché da soli non si fa nulla. Noemi già in passato ha mostrato abbastanza di cosa è capace: avendola seguita dal vivo diverse volte, ho visto l’evoluzione, mi
sembra più portata per i lenti, i tempi medi, brani nei quali distendere la voce, interpretare con cura, vedi soprattutto“Briciole”, “L’amore si odia”, “Vuoto a perdere”, “Sono solo parole”. Gusto personale, però questi sono anche i suoi brani di più larga diffusione e successo, per cui non sono proprio il solo...
In questi giorni Noemi viene data tra i favoriti (con Renga) alla vittoria del prossimo Festival di Sanremo, dove porterà due brani inclusi qui, “Bagnati dal sole” e “Un uomo è un albero”.
Due giorni dopo il debutto sanremese, uscirà “Made In London”, album prodotto esecutivamente da Charlie Rapino, che Noemi dice “mi ha permesso di conoscere e di lavorare con gente veramente talentuosa e inserita nella realtà musicale londinese e nel sound made in UK. Aver avuto la possibilità di collaborare con autori come Paul Statham, Paul O’Duffy e Shelly Poole, con produttori inglesi tra cui Steve Brown - appena nominato per i Brit Awards come miglior album di quest’anno con Laura Mvula - e gli Electric - un duo di giovanissimi produttori di cui sentirete parlare molto presto - è stata una bellissima esperienza”.
Ci sono anche collaboratori italiani: tre autori, cui Noemi è affezionata, Diego Mancino e Luca Chiaravalli (che hanno collaborato con lei alla stesura di due brani) e Daniele Magro, senza dimenticare gli Italians.
Detto questo, un cappellone che serve da premessa, arrivo dritto sparato alle conclusioni: l’evoluzione è evidente, come la voglia di fare nuove esperienze, di avere un suono internazionale, meno “chitarroso”, con ottimi missaggi (voce però abbastanza davanti, italianamente), piacevoli sprazzi vocali black e la voce che spesso spinge.
  
Quello che dicevo sugli slow/mid-tempo è evidente in “Passenger”, brano in inglese, che senza essere travolgente è comunque uno dei brani migliori e che all’inizio mi fa venire in mente addirittura Adele; la codina acustica invece mi sembra un po’ appiccicata...
Molto bello l’arrangiamento firmato da Steve Brown per “Se tu fossi qui”, di grandissimo impatto, coi cori, che contribuiscono parecchio al risultato, nel brano più cantautorale di tutto il disco.“Don’t Get Me Wrong” gira, lato più soul di Noemi, che lo sostiene bene vocalmente: capace che funzioni!
Apprezzo “Un fiore in una scatola”, l’arrangiamento, certe citazioni sonore di Kate Bush (il disegno della batteria di “Running Up That Hill”, 1985).
Un disco credibile, tostino, da ascoltare e rispettare, con alcuni spunti interessanti, per capire chi è Noemi oggi. Sarà in tour tra aprile e maggio.

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