da: Il Fatto Quotidiano
È
fatale: una volta che hai scelto Tony Blair come modello, per forza approdi al
tradimento. Tradimento della sinistra e dell’Europa che pretendi
risuscitare, tradimento di promesse fatte nelle primarie o nei congressi.
Non dimentichiamo il nomignolo che fu dato
al leader laburista, negli anni della guerra in Iraq: lo chiamarono il “poodle
di Bush jr”, il barboncino-lacchè sempre scodinzolante davanti alla finte
vittorie annunciate dal boss d’oltre Atlantico.
Non dimentichiamo, noi che ci siamo
imbarcati nel bastimento della Lista Tsipras, come Blair lavorò, di lena, per
distruggere il poco di Unione europea che esisteva e il poco che si voleva
cambiare.
Fu lui a non volere che il Trattato di
Lisbona divenisse una vera Costituzione, di quelle che cominciano, come la
Carta degli Stati Uniti, con le parole: “Noi, il popolo…”.
Fu lui che si oppose a ogni piano di
maggiore solidarietà dell’Unione, e rifiutò ogni progetto di un’Europa
politica, che controbilanciasse il potere solo economico esercitato dai mercati
e in modo speciale dalla City.
Renzi è consapevole di queste cose, o parla
di Blair tanto per parlare? E il ministro degli Esteri Mogherini in che cosa è
meglio di Emma Bonino, che al federalismo europeo ha dedicato una vita e
possiede una vera competenza? Federica Mogherini ha concentrato i suoi
interessi sulla Nato innanzitutto, e poi sull’Europa.
Chissà se è consapevole della degradazione
dell’Alleanza atlantica, nei catastrofici dodici anni di guerra antiterrorista.
Ma ancor più inquietante è la rinuncia, in extremis, a Nicola Gratteri ministro
della Giustizia.
Questo sì sarebbe stato un segnale di
svolta. La sua battaglia contro il malcostume politico e le mafie è la risposta
più seria che l’Italia possa dare ai rapporti dell’Unione che ci definiscono il
paese più corrotto d’Europa.
Non
è ancora chiaro chi abbia lavorato contro la nomina di Gratteri.
Forse il Quirinale, per fedeltà alle Larghe intese; di certo le destre di
Alfano e Berlusconi, con il quale Renzi vuol negoziare le riforme della
Costituzione.
È stato detto che non è bene che un pm diventi guardasigilli. Anche qui, la rimozione
e l’oblio regnano indisturbati: nel
2011, il Quirinale firmò la nomina del magistrato di Forza Italia Nitto Palma,
vicino al premier Berlusconi e Cosentino.
Evidentemente quel che valeva per Nitto
Palma è tabù per Gratteri. Il veto al
suo nome è ad personam, e accoglie la richiesta della destra di avere un
ministro “garantista” (garantista degli imputati di corruzione, di voto di
scambio, di frode fiscale, ecc).
Al suo posto è stato scelto un uomo di apparato, Andrea Orlando, che
solo da poco tempo si occupa di giustizia, che ha fatto la sua scalata prima
nel Pci, poi nel Pds, poi nei Ds, poi nel Pd. Nel governo Letta era ministro
dell’Ambiente. Auspica – in profonda sintonia con Berlusconi – la fine
dell’obbligatorietà dell’azione penale e la separazione delle carriere dei
magistrati.
Infine il ministro dell’Economia, Pier
Carlo Padoan. Recentemente ha preconizzato l’allentamento
delle politiche di austerità, che aveva difeso per anni. Non ha neppure
escluso l’utilità di una patrimoniale. Ma di questi tempi tutti, a parole, sono
contro l’austerità.
Vedremo cosa Padoan proporrà in Europa:
come passerà – se passerà – dalle parole agli atti. Al momento non vedo
discontinuità tra lui e Fabrizio Saccomanni. Naturalmente può darsi che Renzi farà qualcosa di utile per l’Italia: prima di
tutto su lavoro e fisco. Non mi aspetto niente di speciale sull’Europa, per i
motivi che ho citato prima.
Non
credo nemmeno che creda in quel che è andato dicendo per
mesi: “Niente più Larghe Intese!”, o
“Mai a Palazzo Chigi senza un passaggio elettorale”.
Altrimenti non avrebbe guastato tante parole nel giro di poche ore, giusto per andare a Palazzo Chigi e
presentarsi – terzo premier nominato – in un Parlamento di nominati.
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