da: Il Fatto Quotidiano
C’erano molte ragioni per nominare Giuliano
Poletti ministro del Lavoro. Ma ce n’erano anche tante per non farlo: come
presidente dell’Alleanza della cooperative (Coop rosse più coop bianche) e
storico presidente della Lega coop nazionale è il terminale di un intreccio
imprenditoriale e politico che, a voler essere rigorosi sui potenziali
conflitti di interesse, praticamente gli impedirebbe di toccare qualunque
dossier. Perché la rete delle Coop arriva ovunque: per esempio c’è Obiettivo
Lavoro, un’agenzia di servizi per il lavoro creata nel 1997 dalle larghe intese
tra Coop e Compagnia delle opere (Comunione e liberazione).
Ma le cooperative di cui lui è stato per
anni il più alto rappresentante con la Compagnia delle opere si dividono anche
gli appalti per Expo 2015 a Milano e alcuni dei grandi colossi cooperativi
delle costruzioni sono attivi in progetti ad alta sensibilità politica, come la
Cmc di Ravenna che si occupa dei tunnel Tav Torino-Lione. Per passare dal
macro al micro, tre grandi coop di consumo (Liguria, la piemontese Nova coop e
Coop Adriatica) sono socie di Eataly distribuzione, una delle parti del gruppo
alimentare di Oscar Farinetti, imprenditore molto vicino a Matteo Renzi. E con
Eataly le coop collaborando in tante librerie, tra letteratura e
gastronomia.
Ma queste sono minuzie a fronte di altri
intrecci: tutte le grandi coop hanno scommesso sulla finanza, alcune su Monte
dei Paschi (con risultati disastrosi) altre su Unipol, il gruppo bolognese
guidato da Carlo Cimbri che ora si è fuso con la Fonsai post-Ligresti creando
il colosso del settore. La vigilanza sulle coop non è più del ministero del
Lavoro, è passata allo Sviluppo, ma ci sono materie che saranno di diretta
competenza di Poletti. Come le regole sui contenziosi di lavoro.
Negli anni della crisi si è moltiplicato il numero di cause di lavoro in un mondo, quello cooperativo, che si presenta come armonioso e immune dalle tensioni tipiche dell’impresa. A Bologna Poletti si era schierato con Granarolo contro la Clt, società che gestisce la piattaforma logistica dell’azienda alimentare e che aveva subappaltato i lavori a un’altra coop che aveva poi tagliato gli stipendi del 35 per cento. Dopo le proteste Clt ha assorbito 80 facchini della coop, ma non i 23 protagonisti della protesta. In questi giorni si discute del caso di Lucia Di Maio: lavorava per un supermercato di Unicoop vicino ad Avellino, quando il negozio è stato ceduto a un’altra azienda, lei è stata licenziata nel 2009. Nel 2013 il tribunale stabilisce il reintegro: Unicoop le restituisce il posto, ma a Orbetello, a 400 chilometri da casa.
Negli anni della crisi si è moltiplicato il numero di cause di lavoro in un mondo, quello cooperativo, che si presenta come armonioso e immune dalle tensioni tipiche dell’impresa. A Bologna Poletti si era schierato con Granarolo contro la Clt, società che gestisce la piattaforma logistica dell’azienda alimentare e che aveva subappaltato i lavori a un’altra coop che aveva poi tagliato gli stipendi del 35 per cento. Dopo le proteste Clt ha assorbito 80 facchini della coop, ma non i 23 protagonisti della protesta. In questi giorni si discute del caso di Lucia Di Maio: lavorava per un supermercato di Unicoop vicino ad Avellino, quando il negozio è stato ceduto a un’altra azienda, lei è stata licenziata nel 2009. Nel 2013 il tribunale stabilisce il reintegro: Unicoop le restituisce il posto, ma a Orbetello, a 400 chilometri da casa.
A Poletti il Jobs Act di Matteo Renzi è
piaciuto subito, e anche la riforma Fornero che ha indebolito l’articolo 18 non
gli è dispiaciuta. “Ho iniziato a lavorare nei campi a sei anni, so cosa vuol
dire il lavoro”, ha detto ieri.
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