lunedì 24 febbraio 2014

Marco Travaglio: “Il Vangelo secondo Matteo”

da: Il Fatto Quotidiano

Il governo delle facce nuove” (La Stampa). “Più donne e giovani” (Corriere). “La nuova generazione”, “Le signore della competenza” (la Repubblica). “I due partiti maggiori… stanno compiendo un atto coraggioso. Sanno che per loro questa è l’ultima chiamata. Sanno che non possono fallire” (Pigi Battista, Corriere). “Questa è l’ultima spiaggia della Penisola: più in là c’è solo il mare in tempesta e un azzardo pericoloso… L’Italia ha voglia di novità. È primavera: bisogna cambiare aria nelle stanze e nel cervello” (Beppe Severgnini, Corriere). “L’Italia, paese considerato gerontocratico, fa un salto in avanti inatteso e si colloca all’avanguardia in Europa” (Aldo Cazzullo, Corriere). “Il risultato corrisponde pienamente all’impegno preso… con una presenza femminile mai verificata prima… Se i fatti corrisponderanno alle parole molte sofferenze saranno lenite e molte speranze riaccese” (Eugenio Scalfari, Repubblica). Ecco, questi erano i commenti di dieci mesi fa sul governo Letta.

Viceversa, ecco quelli sul Renzicchio. “Giovani e donne: nasce il Renzi-1” (Sole-24 ore). “Un governo giovane e di donne” (l’Unità). “Giovani e donne, il governo Renzi” (La Stampa). Negli editoriali, oltre al concetto di ultima spiaggia già usati per Monti e Letta, si nota lo sforzo sovrumano di rendere credibile l’excusatio
non petita di Sua Altezza che rassicura: “con Renzi nessun braccio di ferro”. Come nella scena de Il dormiglione, con Woody Allen e Diane Keaton che corrono per l’ospedale dicendo “siamo dottori, non siamo impostori!”, così tutti capiscono che sono impostori e cominciano a inseguirli. Solo che, nella stampa italiana, tutti si bevono l’impostura, o almeno fanno finta. Napolitano ha “dissipato ogni interpretazione maliziosa sul lungo colloquio con Renzi”, turibola Marcella Ciarnelli dell’Unità. Ha “rimarcato la serenità del colloquio e il fatto che né ieri né prima vi sia stato alcun ‘braccio di ferro’”, salmodia l’altra vestale Antonella Rampino sulla Stampa. 
Le tre ore di tortura nello studio della Vetrata son cosa normale, anche perché Renzi ne ha approfittato per svolgere “un lavoro parallelo”: non sapendo che fare, è salito al Quirinale tre ore prima e ha sbrigato un pò di corrispondenza, poi “in un salottino attiguo ha colmato le caselle che, a effetto-domino, si erano riaperte attorno alla Giustizia”. Per il braccio di ferro su Gratteri? No, anzi, “non sapremo mai se Renzi aveva inserito in quella casella il giudice Gratteri”: la verità – rivela la Rampino – è che la “riconosciuta saggezza dell’argomentazione presidenziale” ha posto una questione filosofica mica da ridere: “È opportuno un magistrato per via Arenula, quando il governo ha in programma di riformare la giustizia?”. No che non lo è. Purtroppo analoga saggezza il Monarca non manifestò con B. nel 2011, quando firmò senza batter ciglio la nomina a Guardasigilli del magistrato Nitto Palma, che però aveva il merito di essere amico di Nick Cosentino (così come fece nel ‘95 Scalfaro, nominando il giudice Filippo Mancuso nel governo Dini). Gli inquisiti e gli imputati possono fare i ministri, i generali (da Corcione a Di Paola) andare alla Difesa come nei governi golpisti, i prefetti andare all’Interno e alla Giustizia, specie se amici di Ligresti (tipo Cancellieri), ma i pm antimafia alla Giustizia no, specie se onesti e capaci.

“Meglio, molto meglio – scrive il Corriere – un esponente politico con esperienze parlamentari e di governo già acquisite”. Cioè Andrea Orlando, che con la sua maturità scientifica è quasi un tecnico e soprattutto un “garantista” (cioè beniamino del partito degli imputati: infatti s’è già espresso – sul Foglio, e dove se no?- per cancellare l’ergastolo e l’azione penale obbligatoria). Non a caso è l’unico ministro che piace al Giornale e a Libero, assieme alla berlusconiana Guidalberta Guidi. Tutto è bene quel che finisce bene: pussa via Gratteri, brutta bertuccia.
Aldo Cazzullo conia nuove categorie semantiche ad hoc. La Mogherini, avendo 40 anni, non è solo quarantenne, ma addirittura una “neoquarantenne”, per meglio sottolinearne la quarantennitudine. Fermo restando che – siccome “i quarantenni sono troppo poco solidali tra loro per riuscire a fare rete”, come purtroppo sperimentato da Letta – “ora tocca ai trentenni”. Anzi, ai neotrentenni. Tipo la Madia, “33 anni e incinta di 8 mesi”, “un segno di apertura al futuro in un paese a volte gerontocratico”. A volte. Neo.

A vanificare gli sforzi papillari del pur bravo collega corrierista provvede Giuliano Ferrara, che sfodera sul Foglio due metri di lingua extralarge a doppio pennello, riuscendo a leccare Matteo e Silvio in un colpo solo: “Partenza grandiosa”, “governo perfetto”, “Renzi, come Berlusconi, è un colpo di scena vivente”, “se sta attento a non litigare con il Cav.,se non per finta, il Cav. coautore di questo capolavoro che ha la metà dei suoi anni, ce la farà”, “il governo Leopolda è il migliore possibile”. A questo punto Renzi si gratterà: gli manca il bacio della morte di Scalfari ed è spacciato. La Stampa, oltre a titolisti da Istituto Luce (“Poletti il cooperatore”, “Padoan da teorico dell’austerità a suggeritore della svolta-crescita”, “La Botticelliana e la Giaguara: Madia & Boschi, l’avanzata delle ‘amazzoni ’ di Matteo”, “Priorità Giannini: scuole più sicure”), schiera agiografi da vite dei santi. Molto apprezzato Mauro Baudino sul neoministro della Cultura: “Con la sua quarta prova narrativa, aveva dato un avviso che sta fra Borges e l’amato Pessoa”. Sta parlando di Franceschini. I suoi romanzi sono pregni di una “vena fantastica e ironica”, ma senza diventare “armi nelle mani degli avversari”, forse perché sfuggiti ai più. “Il Franceschini scrittore guarda a spiriti acri e ribelli, magari un Bolano, certamente uno Zavattini” e “ha sempre avuto un buon successo di critica”. De Santis? Sapegno? No, “Jovanotti” che lo “definì ‘visionario’. Come scrittore, non come politico”. Viene in mente il miglior Calvino: “Nel Visconte dimezzato, quando le due metà di Medardo di Torralba incrociarono le spade per il duello finale, fu un’apoteosi”. Slurp.

Sempre su La Stampa, Teodoro Chiarelli segnala un altro portento: “Renzi non è il solo scout al governo. Anche Roberta Pinotti ha un passato fra i seguaci di sir Robert Baden Powell. Il suo primo pensiero? Ovviamente per i nostri marò. Dobbiamo riportarli a casa” e lei ha “idee già chiare”. Un blitz alla Chuck Norris, “Missing in action” con un pugno di scout pronti a tutto. La scoutessa ha financo “volato su un Mb339 delle Frecce Tricolori”. Insomma, è fatta.

Quando, ormai in vista del traguardo, la classicissima Lecchino d’Oro 2014 pare una corsa a tre Cazzullo-Baudino-Chiarelli, ecco spuntare dalle retrovie un Francesco Merlo in grande spolvero, che stacca il gruppone e allunga la lingua oltre il fotofinish proprio sul filo di lana. “Basta con la demagogia della giustizia che non è politica, Gratteri… sarebbe stato l’ennesima supplenza di un magistrato”. Dunque viva “Napolitano che, secondo il giudizio di Malaparte, ‘non perde mai la calma neppure dinanzi all’Apocalisse’” e “ha imposto a Renzi il passo”. In Matteo “la gioia era genuina… Ebbene, questa è l’allegria del rilassamento, l’evviva del dopo-partita, la felicità della vittoria. Un presidente del Consiglio così raggiante è una novità per l’Italia”. E vai con le papille di velluto: “Solo grazie alla prudenza di Napolitano che lo ha dosato e sorvegliato, Renzi è rimasto l’attor giovane con il bellissimo torto di prendersi il futuro”. Il tempo di tirare il fiato e la lingua riprende a vibrare: “Il vecchio e il giovane, appaiando la spada che ferisce e separa con la spada che cuce e ripara hanno tenuto a battesimo la nuova classe dirigente”. È l’aratro che traccia il solco, ma è la spada che lo difende. Il finale è chapliniano: il Vecchio e il Giovane incedono scattanti e sicuri, pancia in dentro e petto in fuori, verso il tramonto: “Sorridono sia l’uomo della politica sia quello dell’antipolitica, il principe Ippolito e il garibaldino Lando”. Che meraviglia, che commozione. Ha vinto Merlo, gli altri si rassegnino, chapeau.

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