martedì 25 febbraio 2014

Governo Napolitano III-Renzicchio I: Marco Antonio Matteo Renzi al Senato per la fiducia

da: Lettera 43

Governo Renzi, l'agenda del premier
Molte parole. Ma anche programmi precisi. Dai debiti Pa al taglio del cuneo e scuola. Il piano di Matteo vale 100 mld.
di Gabriella Colarusso


Nessun canovaccio, addio ghost writer. Parla a braccio, il presidente del Consiglio Matteo Renzi, nel suo primo discorso al parlamento. Sessantotto minuti di fila - qualche senatore sbadigliava, i giornalisti si annoiavano, i più smaliziati già commentavano via social network il primo “flop” del nuovo premier - e tiene dentro un po' di tutto: la scuola e l'Europa, l'innovazione digitale che non c'è e il cuneo fiscale da tagliare, le inefficienze della pubblica amministrazione, della giustizia, della burocrazia.

DISCORSO DA SINDACO. Un discorso da sindaco, concreto. Ma che a molti è apparso piatto e non all'altezza del contesto e del ruolo, privo del necessario spessore programmatico e culturale.
In sintesi: demagogia senza troppi contenuti secondo i detrattori. «Un discorso da bar», ha sintetizzato Giorgia Meloni, Fdi. «Un minestrone male assortito», ha detto Altero Mattioli, Forza Italia. «Né carne né pesce», è stato il giudizio dell'azzurra Debora Bergamimi. «Scarsezza dei contenuti programmatici, un vero e proprio comizio di piazza», ha sottolineato Miguel Gotor del Pd.
Sarà, ma a ben rileggere il lungo «comizio» che il sindaco d'Italia ha tenuto il 24 febbraio al Senato, ci si accorge che le proposte non mancano. Anzi. Rileggendo gli appunti se ne ritrovano in abbondanza, anche troppe.
Semmai, a far difetto al premier è stato il realismo, o forse l'umiltà, considerata la portata degli obiettivi indicati.
PER CONFARTIGIANATO SERVONO 100 MLD. Obiettivi che secondo Confartigianato valgono almeno 100 miliardi di euro. «Fatti due conti veloci», ha osservato Giorgio Merletti, presidente Confartigianato Imprese, «nel discorso programmatico del presidente Renzi ci sono, sul lato imprese e lavoro, 100 miliardi da trovare subito».
Soltanto per pagare il debito residuo di Stato, Regioni ed enti locali verso le imprese nel 2014, ha aggiunto, servono almeno 70 miliardi. «E una riduzione del cuneo fiscale a due cifre significa circa 34-35 miliardi, cioè il 10% dei 344 e rotti miliardi del cuneo in Italia in valore assoluto».

1. Pagare i debiti della Pa
Il primo impegno che il nuovo governo si è assunto è lo sblocco «totale - non parziale - dei debiti della pubblica amministrazione attraverso un diverso utilizzo della Cassa depositi e prestiti».
A quanto ammontino i debiti complessivi della Pubblica amministrazione non è facile dirlo. Nel 2013, con il governo Letta sono stati stanziati circa 22 miliardi per coprire il buco, e altri 20 sono stati messi in conto spese per il 2014.
Ma nonostante gli sforzi di Saccomanni, a fine gennaio la commissione europea – alla cui vicepresidenza siede l'italiano Antonio Tajani – ha avviato la procedura di infrazione nei confronti dell’Italia per la lentezza con la qualepaga i debiti verso le aziende.
«Adesso l'Italia avrà cinque settimane di tempo per rispondere alle contestazioni», ha avvertito Tajani il 3 febbraio, «se la risposta non sarà soddisfacente si procederà con la messa in mora». E a Renzi è passata la patata bollente.
2. Un fondo per le Pmi
Il secondo impegno assunto dal premier «è la costituzione e il sostegno di fondi di garanzia, anche attraverso un rinnovato utilizzo della Cassa depositi e prestiti, per risolvere l'unica reale, importante e fondamentale questione che abbiamo sul tappeto, che è quella delle piccole e medie imprese che non riescono ad accedere al credito».
Anche su questo fronte la sfida è ardua. Nel 2013, secondo uno studio del centro studi Cna sono state chiuse 93 aziende al giorno, circa 20 in più rispetto all'anno precedente. Uno tsunami che richiede interventi immediati.
IL RUOLO DELLA CDP. E Renzi li ha promessi confidando sulla potenza di fuoco della Cassa depositi e prestiti governata da Franco Bassinini. Resta però da capire per quanti utilizzi dovranno essere impiegati i denari della Cdp, visto che l'ente sta già intervenendo in diversi settori dell'economia e dell'industria italiane, rilevando quote di aziende come è successo nel caso di Ansaldo Energia.

3. Taglio di due cifre del cuneo fiscale
Il terzo obiettivo indicato da Renzi è forse il più ambizioso: «Una riduzione a doppia cifra del cuneo fiscale, attraverso misure serie e irreversibili, legate alla revisione della spesa», ha annunciato il premier, indicando anche le tempistiche per realizzarlo. «Lo faremo nelle prossime settimane e nel corso dei primi mesi del primo semestre del 2014» si vedranno «risultati immediati e concreti».
IL PIANO LAVORO ENTRO MARZO. Entro il mese di marzo, poi, il nuovo governo presenterà il tanto agognato Piano per il Lavoro. «Modificando uno strumento universale a sostegno di chi perde il posto di lavoro», ha spiegato Renzi, la riforma «interverrà attraverso nuove regole normative, anche profondamente innovative. Se non riusciamo a creare nuove assunzioni, il problema delle garanzie dei nuovi assunti neanche si pone».

4. Scuola ed edilizia scolastica
Altro cardine della road map renziana è la scuola. Il premier ne ha parlato a lungo nel suo discorso, insieme con la centralità degli insegnanti, del dovere di resitutuire loro prestigio e attenzione pubblica, dell'impegno di visitare ogni lunedì mattina un istituto diverso.
Ma, al netto della retorica, Renzi ha parlato anche esplicitamente della possibilità di sforamento il patto di stabilità per permettere interventi consistenti sull'edilizia scolastica.

5. Riforma del Senato e della Pa
Last but not the least, la mannaia del bimbaccio si è abbattuta con una certa verve, oltre che sui senatori trattati comedead man walking (Renzi ha ripetuto più volte che è fondamentale abolire Palazzo Madama parallelamente alle altre riforme istituzionali) anche sulla pubblica amministrazione.
IL PIANO PRIMA DELLE ELEZIONI. Un piano organico di riforma verrà presentato «prima delle elezioni», ha assicurato il presidente del Consiglio. La filosofia che lo ispira è chiarissima: «Mi permetterete di dire - e so che potrà sembrare persino provocatorio - che vi sono settori dello Stato che vivono le peripezie della politica con apparente rispetto, ma con un sostanziale retropensiero: i governi passano, i dirigenti restano».
Bene, ha spiegato il premier, «credo però che sia civile un Paese che afferma la contestualità tra l'espressione popolare del governo del Paese e la struttura dirigente della macchina pubblica».
Applausi trasversali, i pochi ricevuti durante tutto il discorso al Senato. Poi l'affondo: «Credo sia arrivato il momento di dire con forza che una politica forte è quella che affida dei tempi certi anche al ruolo dei dirigenti e che non può esistere, fermi e salvi i diritti acquisiti, la possibilità di un dirigente che rimane a tempo indeterminato e che fa il bello e il cattivo tempo».
SERVE UNO SPOIL SYSTEM. È lo spoil system americano che manca all'Italia e che ha fatto ingrassare nei decenni un'alta burocrazia di Stato parassitaria, spesso ostile a qualsiasi riforma della macchina pubblica.
«Non siamo per sottrarre responsabilità ai dirigenti: siamo per dargliele tutte», ha avvertito Renzi. Che tra gli obiettivi del nuovo governo ha indicato anche la riforma della giustizia amministrativa e la semplificazione burocratica, a partire da quella del fisco.
Ora la parola ai fatti.

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