da: Famiglia Cristiana
Monsignor
Georg racconta: cosi Benedetto XVI decise di rinunciare al papato
Per la prima volta il
segretario dei due Papi racconta quei giorni drammatici. "Per me",
dice, "fu come una coltellata".
L’orologio batte le cinque, nel cortile di
San Damaso, in Vaticano. «Sono puntuale!», esclama ridendo monsignor Georg
Gänswein. Di ritorno dalla passeggiata con papa Benedetto, borsa nera e passo
spedito, il prefetto della Casa pontificia, comincia a parlare prima ancora di arrivare
nelle stanze del suo ufficio. «Il Papa
emerito sta bene, l’ho lasciato proprio adesso. Abbiamo pregato insieme il
rosario».
Il “segretario dei due Papi” fa la spola
tra «due personalità diverse, due modi diversi di fare, ma adesso credo nel
frattempo di aver trovato la bussola per fare bene quello che devo fare. La
difficoltà più grande? Non poter chiedere al mio predecessore. Nessuno si è
trovato prima in una situazione del genere».
Siamo
a un anno dalla rinuncia di papa Benedetto al Pontificato. Lei era stato
avvertito molti mesi prima?
«Sì, naturalmente sotto il segreto
pontificio. Mi ha detto che non potevo parlarne con nessuno finché lui stesso
non avrebbe comunicato la decisione. Ho mantenuto il segreto anche se non è
stato facile. Per me è stata come una coltellata, ho sentito un grande
dolore».
Ha
tentato di dissuaderlo?
«Istintivamente ho detto “no, Santo Padre,
non è possibile”, ma poi ho subito capito che non mi stava comunicando qualcosa
di cui discutere, ma una decisione già presa. Da allora ho cercato di alleviare
le pressioni esterne, di diradare i suoi impegni perché potesse concentrarsi
sul magistero».
Hanno
influito sulla sua decisione i vari scandali, Vatileaks, per esempio?
«No, per niente. Tutto ciò che è conosciuto
come Vatileaks non ha per niente condizionato né tantomeno causato la rinuncia.
E neppure la vicenda della pedofilia. Non dobbiamo dimenticare che la rinuncia
non era una fuga. Il Papa non è fuggito da una responsabilità, ma è stato
coraggioso perché si è detto: “Io non ho più le forze che sono necessarie in
questo momento e allora ridò la responsabilità a Colui che me l'ha data, al
Signore”».
Però
è indubbio che alcuni scandali hanno pesato sulle forze del Papa.
«Posso dire che, per quanto riguarda per
esempio la pedofilia, un giorno, quando si scriverà la storia su come i
vescovi, i cardinali, la Santa Sede hanno reagito, lì si vedrà che la prima
persona in Vaticano che ha risposto in modo giusto e coraggioso, e non sempre
ascoltato, è stato lui. Ciò che ha cominciato da cardinale-Prefetto della
Congregazione per la Dottrina della fede, ha continuato sistematicamente da
Papa fino al momento della rinuncia. Chi dice che non è vero, o non sa o non
vuole sapere, o non gli interessa la verità storica».
E
per quanto riguarda la vicenda del maggiordomo che trafugava le sue carte?
«È chiaro che è stata umanamente una grande
amarezza. Paolo Gabriele ha vissuto proprio nella famiglia pontificia, tutti i
giorni, per anni. Quella vicenda è stata dolorosa, per il Papa, per me, ma
anche per tutta la famiglia pontificia. Sappiamo che Papa Benedetto, però, alla
fine del 2012, prima di Natale lo ha visitato in cella e lo ha perdonato. E con
questo atto di perdono per il Papa la vicenda del maggiordomo si è chiusa».
Guardando
a ciò che sta succedendo nella Chiesa dopo l’elezione di papa Francesco, qual è
lo stato d’animo di Benedetto?
«È molto sereno e in pace con se stesso.
Durante il suo Pontificato ci sono state delle sfide non facili che hanno
richiesto molta forza. Adesso, da Papa emerito, segue tutto attentamente, ma
non avendo più la responsabilità istituzionale, è molto più rilassato».
Si
sente con papa Francesco, gli dà dei consigli?
«Non è un segreto che fra i due Papi c’è
una buona relazione. Si parlano, si scrivono, si telefonano… Quello che si
dicono faccia a faccia non posso saperlo. Ci sono state diverse visite di papa
Francesco da noi, al monastero Mater Ecclesiae, e anche papa Benedetto è stato
invitato a Santa Marta, da papa Francesco».
È
una sintonia che è nata subito, già la sera dell’elezione di papa Francesco?
«La sera del 13 marzo, dopo l’elezione,
anch’io ero nella cappella Sistina per salutare il nuovo Papa e per
promettergli obbedienza. E, subito, papa Francesco mi ha chiesto di Papa Benedetto
e detto di volergli telefonare. Io stesso ho fatto il numero di telefono e
gliel’ho passato. E dieci giorni dopo l’elezione, il 23 marzo, papa Francesco è
andato di persona a Castel Gandolfo per visitare il suo predecessore. C’è un
rapporto molto cordiale e di affetto tra due persone che non si erano molto
frequentate prima».
Lei
che lo conosce bene. Cosa ha pensato papa Benedetto dell’elezione di papa
Francesco?
«Papa Benedetto ha seguito la fumata
bianca, cioè l’elezione del suo successore alla televisione a Castel Gandolfo.
In quel momento io non ero lì, ma ero nel Palazzo Apostolico in Vaticano,
perciò non so qual è stata la sua prima reazione. Certamente era sorpreso del
fatto che il nuovo Papa, subito dopo l’elezione, volesse parlargli al telefono.
In quella telefonata Benedetto gli ha fatto gli auguri e gli ha promesso la
propria preghiera e il proprio appoggio».
Come
trascorre, oggi, le sue giornate di Papa emerito?
«Con la preghiera, innanzitutto, con lo
studio, la corrispondenza personale e le visite. Arrivano, giorno per giorno,
molti libri in diverse lingue, vedo che lui predilige quelli di teologia,
filosofia e storia. Legge molto e preferisce i testi in tedesco e in italiano.
Il giorno comincia con la messa, poi c’è il breviario, poi segue la prima
colazione. La mattinata, in genere, è dedicata alla preghiera allo studio, alla
posta e alle visite che aumentano. All’una e trenta pranziamo tutti insieme,
papa Benedetto, io e le memores. Non può mancare la siesta. Il pomeriggio sbriga
la vasta corrispondenza privata, ascolta anche musica. Naturalmente il
programma cambia quando, per esempio, c’è suo fratello».
E
poi ci sono le passeggiate che fate insieme.
«Ne facciamo una dietro la casa, subito
dopo pranzo e, un’altra, verso le quattro, per dire insieme il rosario. Poi una
brevissima sul terrazzo, dopo la cena delle sette e mezza e il telegionale.
Dopo, il Papa si ritira, a volte suona il pianoforte».
È
lo stesso che aveva da cardinale?
«Si, è lo stesso che aveva giá da professore.
È stato un dono della sua famiglia e, in 50 anni, lo ha seguito ovunque, in
ogni tappa, da Frisinga a Bonn, a Münster, a Tubinga, a Ratisbona, a Monaco e
finalmente a Roma».
Anche
i gatti si sono trasferiti?
«I gatti non sono mai stati suoi, ma è
vero, ci sono gatti che girano nei giardini vaticani, vengono anche al
Monastero e qualche volta si avvicinano quando hanno il desiderio della
presenza umana. Certo, al Papa piacciono molto i gatti, anche se, per esempio,
in Tv preferisce il commissario Rex, che ha per protagonista un bel cane di
pastore tedesco».
Cos’altro
vede in Tv?
«Gli piacciono i vecchi film di don
Camillo. Gli piace anche la serie di don Matteo. Adesso ne è cominciata
un’altra, no?».
È
difficile immaginarlo, siamo abituati al Ratzinger teologo, professore.
Dall’apparenza anche un po’ rigida.
«Un’apparenza appunto, uno stereotipo. Chi
lo conosce da vicino sa che non è così. Papa Benedetto, pur essendo un po’
riservato, è una persona molto affabile, per niente rigido o qualcos’altro del
genere».
Cos’hanno in comune, secondo lei i due Papi?
«Hanno in comune l’amore per il Signore,
per la Chiesa e per i fedeli, anzi per tutti gli esseri umani. Se non ci fosse
questo amore sarebbe impossibile fare il Papa. Impossibile».
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