“Ora mi gioco la faccia”, ha detto Renzi. Già fatto.
da: Il Fatto Quotidiano
Bando alle ciance sul premier più giovane e
sul governo più rosa della storia italiana. Chissenefrega della propaganda: il
governo Letta vantava il record dell’età media più bassa, infatti è durato meno
di una gravidanza. Fino a oggi avevamo concesso a Matteo Renzi – come sempre
facciamo, senza preconcetti – il sacrosanto diritto di fare le sue scelte prima
di essere giudicato. Ora che le ha fatte possiamo tranquillamente dire che il suo governicchio è un Letta-bis, cioè un
Napolitano-ter che potrebbe addirittura riuscire nell’ardua impresa di far
rimpiangere quelli che l’hanno preceduto.
Già la lista con cui è entrato al Quirinale presentava poche novità vere, anzi una sola: quella del magistrato antimafia Nicola Gratteri alla Giustizia. Quella che ne
è uscita dopo due ore e mezza di
cancellature a opera di Napolitano è un brodino
di pollo lesso che delude anche le più tiepide aspettative di svolta. E il
fatto che la scure di Sua Maestà si
sia abbattuta proprio su Gratteri la
dice lunga sul livello di non detto dei patti inconfessabili che Renzi ha
voluto o dovuto stringere col partito trasversale del Gattopardo.
Se il premier fosse quello che dice di
essere, avrebbe dovuto tener duro su Gratteri o mandare tutto a monte. Invece
s’è democristianamente genuflesso a baciare la pantofola e ha nominato il
ragionier Orlando, ultimamente parcheggiato all’Ambiente (“Orlando chi?”,
avrebbe detto Renzi qualche giorno fa), rinunciando a dare una sterzata alla
Giustizia (clicca qui per approfondire) . Complimenti vivissimi a lui e a Giorgio Napolitano, che si conferma il peggior presidente della storia
repubblicana: se Scalfaro nel ’94 usò il potere di nominare i ministri per
sbarrare la strada a Previti, lui l’ha usato per fermare un pm competente,
efficiente, onesto ed estraneo alle correnti. E non per un’allergia congenita
ai Guardasigilli togati: nel 2011 firmò l’incredibile nomina del magistrato
forzista Nitto Palma, amico di B. e di Cosentino. Il veto è proprio ad personam
contro Gratteri, che la Giustizia minacciava di farla funzionare sul serio,
senza più indulti, amnistie, svuotacarceri e leggi vergogna. Davvero troppo per
lo Stato che tratta con la mafia e per il suo capo.
Accettando senza batter ciglio i veti del
Colle, della Bce e di Bankitalia, Renzicchio
si candida al ruolo di rottamatore autorottamato. Poteva tentare una svolta,
costi quel che costi: s’è prontamente fatto fagocitare dalla “palude” che
rinfacciava a Letta. Voleva essere il primo premier della Terza
Repubblica: sarà il terzo premier a sovranità limitata,
circondato da un accrocco di partitocrati di nuova generazione che non danno
alcuna garanzia di esser meglio degli antenati. Con due sole eccezioni: il
ministro dell’Economia Padoan, finto tecnico che rassicura le autorità europee
e mastica politica da una vita, infatti era consigliere di D’Alema (Renzi
voleva Delrio, poi anche lì ha alzato bandiera bianca); e l’addetta allo
Sviluppo Federica Guidi, che ha soprattutto il merito di essere una
turboberlusconiana e la figlia di papà Guidalberto.
Alfano, che Renzi voleva cacciare dal
Viminale per l’affare Shalabayeva, resta a pie’ fermo al Viminale. Lupi, che
persino il renziano De Luca accusava di farsi gli affari suoi alle
Infrastrutture, rimane imbullonato dov’è. Un altro formidabile conflitto
d’interessi porta con sé Giuliano Poletti, ras delle coop rosse, al Lavoro.
Notevole anche la Pinotti, genovese come Finmeccanica, alla Difesa. La
catastrofe Lorenzin farà altri danni alla Salute. Il multiuso Franceschini
passa dai Rapporti col Parlamento alla Cultura. La Giannini, segretaria di quel
che resta di Scelta civica, va all’Istruzione.
Il cerchietto magico renziano si aggiudica
gli Esteri con la Mogherini, le Riforme con la Boschi, la Pubblica
amministrazione con la Madia (avete capito bene: Madia). Un po’ di fumo negli
occhi con la sindaca antimafia Lanzetta alle Regioni, poi due figuranti come
Martina all’Agricoltura e il casiniano Galletti che, essendo commercialista, va
all’Ambiente. “Ora mi gioco la faccia”, ha detto Renzi. Già fatto.
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