Durante i lavori della Commissione Attività Produttive della Camera dei Deputati nei giorni scorsi è stato votato e approvato un emendamento a firma Marco Causi (Pd) che sostituisce dal testo originario le «persone fisiche e giuridiche» destinatarie degli sgravi con gli «esercizi commerciali che effettuano la vendita di libri al dettaglio» che costituisce di fatto un cambio di destinazione e un dietrofront sulle detrazioni per l’acquisto dei libri…
Il pasticcetto triste dello sgravio fiscale sull’acquisto di libri, promesso e non mantenuto, esprime, nel suo piccolo, la vera malattia della nostra politica. C’è uno squilibrio spaventoso, davvero patologico, tra la produzione di parole e la produzione di fatti. Questa sproporzione è benefica solo in un caso: se alla violenza verbale corrispondesse una prassi conseguente, ci sarebbero montagne di morti per le strade. In tutti gli altri casi la vanità delle parole è devastante, perché ci abitua a considerarle solo fumo negli occhi, pretesto, inganno. Come si fa ad annunciare un provvedimento così lieto e così specifico (la detraibilità fiscale dell’acquisto di libri fino a duemila euro annui) senza essere certi che esiste una copertura finanziaria? La famosa “politica degli annunci”, che in una botta sola riesce a illudere e poi a deludere, dovrebbe essere malvista e deprecata tanto quanto le grida offensive: chi per esempio
posa la prima pietra (ricordate la farsa del Ponte sullo Stretto?) di un’opera che non si farà; o chi annuncia una legge puramente virtuale senza alcuna certezza di poterla poi mettere in pratica; fa uguali danni al cosiddetto “prestigio delle istituzioni” dell’ultimo dei deputati maneschi e vocianti.
posa la prima pietra (ricordate la farsa del Ponte sullo Stretto?) di un’opera che non si farà; o chi annuncia una legge puramente virtuale senza alcuna certezza di poterla poi mettere in pratica; fa uguali danni al cosiddetto “prestigio delle istituzioni” dell’ultimo dei deputati maneschi e vocianti.
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