da: Il Fatto Quotidiano
Il
Decreto Bankitalia non è un furto agli italiani
di Bruno
Tinti
Incollo qui di seguito un (lungo) post
del mio amico Antonio Carlucci.
E’ una persona molto intelligente e
informata e – soprattutto – persona che, prima di parlare, pensa e si
documenta.
La rete non è il posto migliore per
chiedere riflessione e obiettività; ma, hai visto mai, qualcuno potrebbe
comprendere la differenza tra informazione e propaganda.
Girano in rete affermazioni, filmati,
servizi tv, articoli dove da semplici cittadini, da giornalisti, da conduttori
di talk show, da influencer sconosciuti vengono asserite terribili verità e
terribili conseguenze a seguito del decreto Banca d’Italia.
Il decreto era lì da tre mesi e tutti
questi esperti se ne sono accorti solo ora, a seguito delle chiassate dei M5S
che, per tre mesi, evidentemente, neanche sapevano che esistesse, sennò si
sarebbero attivati in tempo per opporsi e spiegare le loro ragioni, visto che
al Senato, dove è stato approvato senza colpo ferire, i numeri della
maggioranza di governo sono estremamente scarni e facilmente attaccabili.
Ma lì sono stati buonini buonini e si
sono scatenati alla Camera dove i numeri del Porcellum non creavano nessun
pericolo di riuscire a mandare a fondo la maggioranza.
C’erano tutte le componenti giuste per
organizzare un bell’evento mediatico: un argomento molto complesso per chi non
è del mestiere, le Banche che incamerano delle plusvalenze, la Finanza reietta
ed odiata, soldi che girano là dove pochi sanno cosa succede ecc. ecc.. Cosi
sono partiti gli anatemi, i complotti, i furti ai danni degli italiani
ecc.
Leggendo tutto quello che mi passa
sotto gli occhi ho letto ed ascoltato un mucchio di fesserie, falsità e tanta,
tanta incompetenza e malafede.
Qui non si tratta di essere d’accordo o
no con l’operazione, si tratta di sapere di cosa si parla.
L’esercizio, gravissimo per i
giornalisti, parte dalla conclusione che è un furto delle Banche ai danni
degli italiani con la complicità del Governo e poi si costruiscono degli
argomenti, senza nessuna base specialistica a supporto della conclusione, cioè
la tecnica chiamata: macchina del fango.
Vediamo cos’è il Decreto Banca
D’Italia.
Tre problemi erano sul
tappeto:
1.
Le banche italiane, come tutte quelle
europee (e mondiali), a fronte della crisi economica che ha provocato
fallimenti e perdite di posti di lavoro, hanno subito pesanti perdite sui
crediti verso i loro clienti, livello di perdite che richiedono iniezioni di
Capitale che gli azionisti non hanno o non intendono dare. Questo può
significare il fallimento della banca con perdita dei risparmi per milioni di
cittadini o visto che lo Stato garantisce tutti i c/c sino a 100.000 euro un
costo enorme per lo Stato. Tutti gli Stati hanno coperto questo problema con
fondi pubblici (comunque avrebbero dovuto sborsare somme ben maggiori per
ripagare i correntisti della loro perdite):
I fondi pubblici stanziati e utilizzati
dai maggiori Paesi europei a favore del sistema bancario. Fonte: Commissione
europea, direzione generale per la Concorrenza.
Grafico a cura di Pierluigi Tolot. |
Come si può vedere l’Italia ha speso
molto meno degli altri grandi Paesi. Tra l’altro i fondi, in Italia, non sono
stati erogati a fondo perduto ma prestati con interessi alti.
2.Il Capitale della Banca d’Italia era
di 165.000 euro una cifra ridicola che risaliva al 1936. Il problema di
rivalutarlo era in discussione da anni. Per farlo non c’è bisogno di iniezioni
di soldi, basta consolidare parte delle notevolissime riserve della Banca. Ora
bisogna tener conto che le quote ( non azioni) della Banca d’Italia
appartengono si alle banche italiane ed in particolare a Credito Italiano e
Banca Intesa, ma le quote non hanno nessun diritto di voto ne di intervento
nella gestione . Possono solo incassare dividendi, se vengono
pagati.
3. La Banca Centrale Europea ha
richiesto a tutte le Banche europee di aumentare la propria consistenza
patrimoniale per maggiore sicurezza a fronte di quanto detto al punto 1.
Da questa situazione è nato il
Decreto dello scandalo.
Cosa dice il Decreto?
- la
Banca d’Italia rivaluta il proprio capitale a 7.5 miliardi di euro
- nessun
detentore delle quote potrà avere più del 5 % del capitale
- La Banca potrà pagare sino al 6% del capitale in dividendi (più che precedentemente)
Che cosa significa?
1.
La rivalutazione del capitale non
comporta nessun esborso di soldi da parte di nessuno, è solo una scrittura
contabile interna che sposta dalle riserve a capitale la somma indicata
(dalla tasca sinistra a quella destra, i pantaloni sono gli stessi).
2.
Le banche detentrici delle quote, anche
loro, effettuano una semplice scrittura contabile e rivalutano le loro quote,
ma questa volta ci pagano le tasse sulla plusvalenza, ma non hanno intascato
alcun soldo.
3.
Quando, le Banche che, in eccesso al
limite del 5%, dovranno vendere delle quote, allora e solo allora,
intascheranno dei soldi veri. Chi li pagherà ? Gli investitori che compreranno
le quote che possono (decide la Banca d’Italia) avere un interesse sino al 6%
del valore nominale.
Chi sono gli investitori potenziali che
tireranno fuori i quattrini? Gli italiani come becera Grillo
seguito da folle ansimanti con la bava alla bocca ? No, c’è scritto nel
Decreto, basta leggerlo :
“4. Le quote di partecipazione al
capitale possono appartenere solamente a:
a) banche aventi sede legale in
Italia ovvero aventi sede legale e amministrazione centrale in uno Stato
membro dell’Unione europea diverso dall’Italia;
b) imprese di assicurazione e di
riassicurazione aventi sede legale in Italia ovvero aventi sede legale e
amministrazione centrale in uno Stato membro dell’Unione europea diverso
dall’Italia;
c) fondazioni di cui all’articolo
27 del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153;
d) enti ed istituti di previdenza
ed assicurazione aventi sede legale in Italia, fondi pensione istituiti ai
sensi dell’articolo 4, comma 1 del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n.
252, e fondi pensione di cui all’articolo 15-ter del citato decreto
legislativo n.252, del 2005, aventi soggettività giuridica.
5. Ciascun partecipante non puo’
possedere, direttamente o indirettamente, una quota del capitale superiore
al 5 per cento. Per le quote possedute in eccesso non spetta il diritto di
voto ed i relativi dividendi sono imputati alle riserve statutarie della
Banca d’Italia.
6. La Banca d’Italia, al fine di
favorire il rispetto dei limiti di partecipazione al proprio capitale
fissati al comma 5, può acquistare temporaneamente le proprie
quote di partecipazione e stipulare contratti aventi ad oggetto le
medesime. Tali operazioni sono autorizzate dal Consiglio Superiore con il
parere favorevole del Collegio Sindacale ed effettuate con i soggetti
appartenenti alle categorie di cui al comma 4, con modalita’ tali da
assicurare trasparenza e parita’ di trattamento. Per il periodo di
tempo limitato in cui le quote restano nella disponibilita’ della
Banca d’Italia, il relativo diritto di voto e’ sospeso e i dividendi
sono imputati alle riserve statutarie della Banca d’Italia.”
Quindi il Bilancio dello
Stato, cioè i soldi degli italiani, non sono coinvolti, chi pagherà le quote
investendo con un ottimo rendimento e senza rischi possono essere
Istituzioni Finanziarie, Fondi pensione, Assicurazioni italiane, cioè Enti
che gestiscono istituzionalmente risparmio e che sono sotto il
controllo della Banca d’Italia.
Se non riuscissero a venderle, se non
trovassero acquirenti, la stessa Banca d’Italia può riacquistare le quote,
prassi questa normale nelle aziende quotate.
Questa ipotesi ho visto che preoccupa
il prof. Boeri, mi permetto di far notare che sulle quote riacquistate e che la
Banca dovrà comunque rivendere quando si presenterà un acquirente la Banca
risparmierà il pagamento del dividendo e quindi si tratterebbe di un
investimento a buon rendimento.
Resta un punto tra le tante fesserie
dette e cioè se la Banca d’Italia sia o no di proprietà dello Stato.
No non lo è, non lo è mai stata, non lo
è nessuna Banca Centrale di nessun Stato al mondo, almeno di quelli civili.
Tra Governo e Parlamento e Banca
Centrale c’è una situazione di autonomia che ricorda quella tra
Magistratura e Governo e Parlamento. Il Capitale e le Riserve della Banca non
sono disponibili per nessuno né Stato né Detentori delle Quote del Capitale.
I Governi amerebbero tanto metterci le
mani sopra, visto che si parla di molti miliardi euro, ma nisba, niente da
fare, ma forse , cosi come Berlusconi non vede l’ora di mettere le mani sulla
Magistratura, dopo aver messo le mani sul Parlamento con il Porcellum e
l’Italicum, Grillo è a quello che punta, quando dice che sono i soldi degli
italiani. Suona un pò come quando scambia la democrazia diretta con i click di
poche migliaia di seguaci sul suo Blog.
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