da: la
Repubblica
Quei vertici in Vaticano per preparare la scissione
Avversione nei confronti di Renzi, cattolico ma con il
sogno di iscrizione del partito al Pse
di Claudio Tito
L’appuntamento era
fissato sempre nello stesso luogo. Un appartamento nei pressi di Piazza Pio
XII, Vaticano. Gli incontri ripetuti nel tempo. E da settembre con cadenza
molto più serrata. Un gruppo centrale di ministri e rappresentanti del
centrodestra e del centro non cambiava mai. A loro si aggiungevano
alternativamente altri esponenti del mondo politico, ma mai di sinistra.
Nessuno del Pd. Ed è proprio lì che è maturata la scelta di arrivare alla
frattura dentro il Pdl: gli alfaniani da una parte e i berlusconiani
dall’altra. «I cattolici da una parte, i laici dall’altra», ripetevano.
A organizzare le
riunioni era Monsignor Fisichella, ex cappellano di Montecitorio ed ora
titolare del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova
evangelizzazione. Gli ospiti erano stabilmente tre membri del governo Letta: i
due pidiellini Angelino Maurizio Lupi e Gaetano Quagliariello; e l’ex montiano
Mario Mauro. In almeno una occasione si è unito anche il vicepresidente del
consiglio Angelino Alfano.
L’obiettivo: provare a
ricostruire l’unità politica dei cattolici. O meglio, era lo slogan utilizzato,
«restituire una nuova unità politica dei credenti». Porre fine insomma alla
fase degli ultimi venti anni in cui i cattolici impegnati nelle istituzioni
potessero essere disseminati nei vari partiti — dalla sinistra alla destra —
per unirsi sui singoli temi. Riunire quindi gli esponenti “credenti” del
centrodestra deberlusconizzato e il gruppo “centrista” di Scelta civica, quello
che fa riferimento a Mauro, appunto, e anche all’Udc di Casini. E magari
attrarre i cristiani che si trovano in questa fase anche nel Partito
Democratico e che non gradiscono l’ascesa di Matteo Renzi e l’iscrizione al
Pse. Insomma il sogno spesso invocato di una rinascita in piccolo — e ancora embrionale
— di quella che fu la Democrazia Cristiana.
Dietro gli incontri a
Piazza Pio XII, però, non c’era solo Monsignor Fisichella. Come spesso è
accaduto in questi anni, un ruolo determinante l’ha avuto Camillo Ruini. L’ex
presidente della Cei ha da tempo preso atto della fine politica di Silvio
Berlusconi ed è convinto che si possa costruire un nuovo soggetto politico che
interpreti in forme nuove il cattolicesimo in politica. Il messaggio lanciato
ai quattro ministri era infatti sempre il medesimo: «Dare vita ad un
contenitore svincolato dai due poli principali, e sicuramente non alleato con
il centrosinistra». In attesa che l’eredità elettorale del Cavaliere, quel
blocco socialee di voti custodito a Palazzo Grazioli, cada come un frutto
maturo all’interno del nuovo soggetto politico. «Perché ricordatevi che se
anche il Cavaliere è finito — avvertiva l’ex Vicario di Roma e ora Presidente
del comitato scientifico della Fondazione Joseph Ratzinger — i voti ce l’ha».
Eppure con il ministro degli Interni ed ex delfino di Berlusconi e’ stato piu’
che incoraggiante. Attraverso Fisichella gli ha fatto pervenire un messaggio
esplicito: «Le sue intenzioni sono positive, vada avanti».
L’operazione guidata
dunque da Ruini e dall’ex cappellano della Camera ha però provocato più di un
dissidio all’interno delle sale ovattate di San Pietro. Soprattutto non ha
ricevuto l’avallo della Segreteria di Stato. Anzi, molti sospettano che la
Conferenza episcopale, guidata da un altro ruiniano come Bagnasco, si sia mossa
approfittando dell’assenza del successore di Bertone al vertice della Curia.
Pietro Parolin, infatti, sebbene nominato da tempo, si insedierà a Roma
concretamente solo oggi. E pur stando a Padova non avrebbe gradito
l’interferenza di una parte della Cei nei fatti della politica italiana. Anche
perché Papa Bergoglio, fin dall’inizio del suo pontificato, ha sempre spiegato
di volersi attenere ad una linea di “non intervento” nelle questioni dei
partiti lasciando spazio al protagonismo dei laici.
Non è un caso che solo
una parte dei vescovi italiani abbia assecondato i progetti “ruiniani”. Le più
attive in questo senso sono state le diocesi del “Triangolo del nord”:
Milano-Genova-Venezia. Tutte e tre guidate da esponenti vicini a Don Camillo:
Bagnasco, appunto, a Genova, Scola a Milano e Moraglia a Venezia. E tra le
associazioni cattoliche di base è stata soprattutto Comunione e Liberazione, di
cui sono esponenti di spicco proprio i ministri Lupi e Mauro (e alcuni
scissionisti come Formigoni), e Rinnovamento nello Spirito Santo a promuovere
l’operazione a favore del Nuovo Centrodestra. Il resto della galassia cattolica
è rimasta in attesa, forse anche consapevole che alcuni equilibri all’interno
della Conferenza episcopale appaiono “congelati” ma non “confermati”. Basti
pensare alla semplice “proroga” concessa a Monsignor Crociata, segretario
generale della Cei. O anche all’arcivescovo di Firenze Betori che potrebbe
essere presto trasferito e che non ha mai nascosto una certa avversione nei
confronti del sindaco fiorentino, Matteo Renzi, cattolico ma probabile leader
del centrosinistra. «E’ chiaro — spiegava qualche mese fa proprio il candidato
alla segretaria del Pd — che non sto simpatico all’Arcivescovo».
Ed è chiaro che il
disegno ruiniano punta a strappare anche una parte consistente dei cattolici
del Partito democratico, i suoi dirigenti e anche i suoi elettori, minando le
basi originarie del progetto che ha unificato gli ex Ds e gli ex Ppi. Nella
consapevolezza che in questa fase la tolda di comando del fronte progressista è
proprio occupata da ex popolari come Letta e Renzi, non interessati ad
un’operazione neocentrista, e quindi simbolicamente in grado di sgonfiare gli
scenari a favore della Nuova unità dei cattolici.
E del resto non è un
caso che tra i pilastri della separazione da Berlusconi ci siano quegli
esponenti del Pdl che nel 2009 si sono battuti in sintonia con le richieste del
mondo ecclesiastico sul caso Englaro. Allora in prima fila spiccavano proprio
uomini come Lupi, Quagliariello, Sacconi. Alcuni di loro cattolici dell’ultima
ora che hanno abbracciato con vigore la ragioni della Chiesa. «In quei giorni —
raccontava qualche mese fa Beppe Pisanu — Sacconi mi diceva “noi cattolici non
possiamo cedere sul caso di questa ragazza”. E io gli rispondevo: voi ex
socialisti atei in effetti sì che siete cattolici, mica un democristiano come
me…».
Nessun commento:
Posta un commento