"Germania nasconde grave crisi bancaria"
La Germania sta
tenendo nascosta una grave crisi bancaria interna e per questo vorrebbe che la
supervisione dei bilanci degli istituti di credito dell'area euro fosse
condotta dalle autorità monetarie di ciascun paese. Per continuare
nell'operazione di camuffamento.
A sostenerlo è il
professore Christian Marazzi, professore
e direttore di ricerca socio economica presso la Scuola Universitaria della
Svizzera Italiana.
A livello di politiche
europee, per Berlino il Vecchio Continente è un mercato sempre più importante e
le sue aziende esportatrici fanno sempre più affari con l'Asia. Appoggiandosi
dunque su questa convinzione, sono indifferenti alle critiche piovute da Fmi,
Stati Uniti e Commissione Europea circa il saldo commerciale in attivo
esageratamente alto, al 7% del Pil, per il quale la locomotiva europea rischia
peraltro di incorrere in sanzioni disciplinari. L'atteggiamento tedesco va
osteggiato, in nome del rilancio della domanda interna.
Riguardo al
trattamento di favore riservato nel concedere prestiti alle banche italiane,
accettando titoli Strip come collaterale, Mario Draghi non ha alternative, non
potendo agire come prestatore di ultima istanza. In un mondo perfetto tali
metodi ai limiti del legale andrebbero condannati, ma la Bce deve operare in un
contesto, quello dell'area euro, tutt'altro che ideale.
Draghi sta cercando di
ricalcare le strategie di allentamento monetario straordinario delle altre
banche centrali. Per far fronte al problema della liquidità delle banche dei
paesi periferici, che altrimenti sarebbero paralizzate, a causa della mancanza
di garanzie idonee da concedere alla Bce, Draghi ha trovato una soluzione
innovativa che costituisce però un colpo basso ai tedeschi, che da parte loro
continuano ad avere paura dell'inflazione in un momento in cui il rischio di
deflazione è reale, anche se ancora lontano.
WSI: Secondo le fonti
citate dal Financial Times, in seno al direttorio Bce sta montando il clima
anti Italia tra i rappresentanti del Paesi virtuosi. Come cambia il margine di
manvora di Draghi?
Christian Marazzi: Sì,
sembrerebbe davvero che la tensione tra Draghi e i falchi tedeschi, con
l'economista "germanissimo" Hans-Werner Sinn in veste di portavoce
della linea conservatrice, si stia pericolosamente avviando verso una rottura.
In gioco ci sono evidentemente due approcci all'intera questione del futuro
della politica monetaria della BCE, con Draghi che cerca di
"americanizzare" la politica monetaria europea con politiche di
quantitative easing, acquisto di buoni del tesoro ("whatever it takes")
e, in prospettiva, anche di obbligazioni private e, soprattutto, con
l'obiettivo di fare della BCE l'unico supervisore dell'unione bancaria
attraverso l'analisi dei bilanci della maggiori banche europee.
Da parte tedesca, ma
anche olandese e austriaca, si guarda a tutto quanto Draghi sta portando
avanti, come la riduzione del tasso direttore, come una vera e propria minaccia
alla supremazia dei paesi "virtuosi" a tutto vantaggio dei paesi
cosiddetti periferici, dell'Italia in particolare, facile bersaglio dei falchi
che in questo hanno buon gioco, vista l'inerzia politica della coalizione
italiana e l'avvicinarsi del punto di crisi del debito pubblico, della
disoccupazione, dei consumi, ecc.. Perché mai, specie se si tiene conto del
rischio di deflazione che è reale (per quanto, sul piano macroeconomico
europeo, ancora sotto controllo: concordo con l'analisi di Wolfang Munchau di
ieri sul Financial Times) e, quindi, una politica monetaria espansiva è
sicuramente necessaria? Perché i tedeschi sono convinti che la deflazione dei
costi, del costo salariale in primis, è quel che ci vuole per rilanciare la
crescita export oriented, senza cura di rilanciare più di tanto la domanda
interna.
Una visione, quella
tedesca, che ormai criticano tutti (dal Fmi a P. Krugman), ma che li vede
indifferenti, forse perché si sentono "protetti" dallo spostamento
strategico delle loro esportazioni verso i paesi asiatici, ciò che per loro
rende l'Europa un mercato tendenzialmente sempre meno importante. Il margine di
manovra di Draghi, indubbiamente, si sta restringendo, ma molto dipende dal
governo di larghe intese tra la Merkel e la Spd, che ha al suo centro la
fissazione di minimi salariali e un allentamento delle misure d'austerità
interne alla Germania. Se, politicamente, si va in questa direzione, Draghi
potrebbe avere un sostegno politico proprio dall'interno della Germania, e la
spaccatura si sposterebbe dall'interno della BCE al nuovo governo tedesco al
rapporto tra questo e la Bundesbank.
WSI: Proprio Draghi
che vuole massima trasparenza prima di passare all'unione bancaria, concede
favori agli istituti di credito italiani assegnando un rating A ai titoli usati
come collaterale dalle banche. Solo la piccola agenzia DBRS ha un rating A sui
bond italiani e non certo per quelli Strip. Si può parlare di metodo
fraudolento?
CM: Non ne sono
niente, ma se così è, bè la questione è a dir poco delicata. E lo è perché la
questione della trasparenza è centrale per la costruzione dell'unione bancaria
e le misure di supervisione dei bilanci delle maggiori banche europee. I
tedeschi sono terrorizzati di vedere svelati i bilanci delle loro banche,
perché sono messi male. Si pensi che la Commerzbank è esposta per un quarto su
attivi legati allo shipping, e questo in un periodo in cui il commercio mondiale
è in netta diminuzione e tutto il settore della logistica sta attraversando una
vera e propria crisi da sovrapproduzione. Per questo i tedeschi vorrebbero una
supervisione dei bilanci condotta dalle autorità monetarie di ciascun paese,
appunto per gestire a modo loro questa crisi bancaria finora sempre mascherata.
Quindi meglio sarebbe garantire la massima trasparenza e evitare di essere
accusati di metodi fraudolenti.
WSI: L'Eurozona
convive con lo spettro della deflazione: è un rischio per la ripresa o potrebbe
rilanciare i consumi, prima che i redditi scendano ancora?
CM: La deflazione
rilancia i consumi nel breve termine, ma sul lato dell'offerta di beni e
servizi ha un effetto per così dire benefico solo dal punto di vista delle
esportazioni. E' quanto sta succedendo in Spagna. In realtà, la deflazione è un
pericolo perché ingenera quell'effetto domino di stagnazione/riduzione dei
salari nominali che non incentivano gli investimenti e che, di conseguenza,
contribuiscono a ridurre ulteriormente la domanda aggregata. La spirale
deflazionistica è deleteria: aiuta, ma per poco, una crescita orientata
all'esportazione (in un periodo in cui la domanda su scala mondiale non tira,
complice anche la guerra valutaria in corso), ma al prezzo di una povertà dilagante.
Crescita marginale a mezzo di povertà, ecco cosa è il rischio deflazione. E
quindi ha ragione Draghi a cercare di prevenirla con politiche monetarie
espansive. Tutto sta nel vedere se l'iniezione di liquidità "alla
Friedman" riesca o meno a invertire la rotta dei prezzi. Qui ho qualche
dubbio, dato che la liquidità finora creata è rimasta nei circuiti finanziari,
non è cioè "sgocciolata" nell'economia reale. E' possibile che il
prossimo passo sia quello di tassi della BCE negativi, tali cioè da scoraggiare
le banche dal depositare questa stessa liquidità presso la BCE stessa.
Il fatto è che fin
quando le prospettive economiche sono quel che sono, ossia recessive, il
credito bancario a imprese e famiglie è destinato a essere non solo contenuto,
ma decisamente molto caro. Se non si esce dalla logica dell'austerità, se non
si riducono le disuguaglianze dei redditi, spaventosamente cresciute in questi
cinque anni di crisi, insomma se non si ha il coraggio politico di avviarsi
verso un'inversione della governance della crisi, sarà difficile per la
politica monetaria avere un impatto decisivo sul rischio deflazione. In questo
sta il vero limite della politica monetaria espansiva.
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