da: Il
Fatto Quotidiano
L’ambulatorio dei raccomandati
Più di uno su tre ha la “spinta”. Dalle showgirl a
freccia alata, ma il paradiso è la politica.
Giovanardi ne fa l’elogio. “Ho un ufficio apposta”
di Emiliano Liuzzi
Ci sono quelli che,
come il senatore Carlo Giovanardi, arrivano a fare un elogio della spintarella.
“Io a Modena”, spiega al Fatto Quotidiano, “ho il mio ambulatorio e più che
altro è un ufficio raccomandazioni. Ma non ne vedo lo scandalo. Riesco a dare
referenze a chi non ne avrebbe: aiuto il disoccupato e l’eventuale datore di
lavoro”. Certo, e mantiene il suo personalissimo bacino elettorale. Non la
pensano allo stesso modo le grandi aziende, multinazionali come Ikea e
McDonald’s che a causa delle lettere di raccomandazione si trovano sull’orlo di
una crisi di nervi. L’Ikea ha risposto pubblicamente all’assessore regionale
che mandava le liste da assumere (“facciamo di testa nostra”) e McDonald’s ha
risolto la questione con le selezioni di personale in piazza. Come dice al
Fatto il direttore delle risorse umane del colosso della ristorazione, Stefano
Dedola, esperienze in Galbani, Barilla e da dieci anni
manager della
multinazionale statunitense. “Per noi la spintarella non esiste. Ci provano,
dai politici ai ristoratori, ma abbiamo fatto in modo che non funzioni così: i
curricula arrivano on line, le selezioni del personale le facciamo in piazza.
Anche perché dobbiamo fare tremila assunzioni nei prossimi tre anni e non
abbiamo nessuna voglia di essere additati come quelli che assumono
raccomandati. Siccome è già accaduto, salvo poi dover smentire, ci difendiamo
dal vizio molto italico con la trasparenza. E cestiniamo la posta riservata alle
spintarelle di questo o quello, del potente o dell’amico degli amici”.
Non è esente dalla
spintarella l’università. C’è dentro fino al collo, mettiamola così. Un caso su
tutti, quello di Maria Rita Lorenzetti, ex presidente Pd della Regione Umbria e
allora presidente di Italferr, finita agli arresti per associazione a
delinquere e corruzione nell’inchiesta sui lavori del passante Tav di Firenze.
Il 3 settembre dello scorso anno Lorenzetti chiama la professoressa Gaia
Grossi, ordinaria di Chimica generale all’università di Perugia e suo ex
assessore alle Politiche sociali alla Regione Umbria. Comincia così una serrata
serie di contatti telefonici. Obiettivo: raccomandare uno studente di
Odontoiatria. Giustificazione: deve aprire uno studio a Terni. Il ragazzo deve
superare al più presto un esame di patologia generale. E Lorenzetti si prodiga
perché questo avvenga senza intoppi e senza troppi se. Ordinaria
amministrazione (rossa) almeno dalle parti di Perugia. E non solo, ovviamente:
ateneo che cerchi, grande raccomandatore che trovi.
Gaspari, il re d’Abruzzo
Il grande vecchio
della raccomandazione in carta bollata portava il nome di Remo Gaspari, zio
re’, come lo chiamavano in Abruzzo. “Lo facevo per scopi caritatevoli, senza
mai nessun guadagno”, raccontò in una delle ultime interviste. Potente lo era:
se Pescara ha un aeroporto lo si deve a Gaspari: un volo al giorno,
destinazione Roma. Talvolta era lui unico passeggero. Ma parliamo del passato.
Come l’ufficio di piazza San Lorenzo in Lucina, regno di Giulio Andreotti, dove
smistava curricula e pizzini a favore dei raccomandati. Per non parlare di
Bettino Craxi, grande occupatore di Rai e di tutta quella finanza salottiera
della Milano che fu: craxiani, talvolta, lo erano interi consigli d’amministrazione.
La Rai era craxiana. Lo erano giornalisti di intere redazioni e inviati poi
diventati vicedirettori e direttori, anche in epoca berlusconiana.
In tempi strettamente
d’attualità c’è il ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri che chiama il
Dap per accertarsi delle condizioni in carcere di Giulia Ligresti, figlia del
suo grande amico Salvatore, agli arresti anche lui. Non è una raccomandazione
per farla scarcerare, così dice Cancellieri e conferma il procuratore capo di
Torino, Gian Carlo Caselli. Non è una telefonata usuale, mettiamola così. E la
corsa alla raccomandazione non inizia e finisce qui. Ci sono quelle
apparentemente più leggere come l’ufficio dell’Alitalia che lavora un giorno sì
e l’altro anche perché questo o quello venga ammesso nel club Freccia Alata,
sala d’aspetto vip a Fiumicino. “Non avete idea”, racconta una fonte in
Alitalia al Fatto, “delle richieste che arrivano. Ogni giorno ne contiamo
almeno una decina, tra scritte e fatte al telefono. Una lista infinita. Amici,
fidanzate, amanti più o meno ufficiali. E funziona così da una ventina d’anni”.
Tutto per un’ora d’attesa tra i potenti e le celebrità. Magari perché la catena
di raccomandazioni si trasferisca anche lì, tra un aereo e l’altro. “Ci sono
fior di parlamentari che passano intere giornate qui dentro”, racconta
un’hostess di terra.
Spintarelle da larghe intese
Uno spazio, quello
dell’attività di pressione, che viaggia anche ai tempi delle larghe intese.
Come per Freccia Alata il viaggio verso Vedrò è ambito. Lì, dentro al think
tank voluto da Enrico Letta e l’amico di sempre, Filippo Andreatta, grande
addetto allo smistamento, abita mezzo governo e non da marzo, ma da molto
prima. É lì che è nato l’amore bipartisan tra Francesco Boccia e Nunzia De
Girolamo. Amici influenti di Vedrò sono Angelino Alfano, Anna Maria Bernini,
Giovanna Melandri, Maurizio Lupi, Marianna Madia, Laura Ravetto e Flavio Tosi.
Un incrocio che abbraccia tutto l’arco politico istituzionale. Non propriamente
raccomandazioni – anche se di attività di lobbying si parla.
Se parliamo di
raccomandazioni, invece, vengono in mente Gaspari e Craxi, vero. Ma anche Fini
e una pletora di berlusconisti. Berlusconi, appunto. Lui, in tempi recenti, non
disdegnava occhio di riguardo anche per questioni molto meno fondamentali: agli
atti del processo Tarantini si parla di molte raccomandazioni riguardo la
partecipazione delle ragazze ad alcuni programmi televisivi, e persino di
quanto accadeva in quei programmi televisivi. Berlusconi a un certo punto si
lamenta del fatto che Barbara Guerra sia andata in nomination nel reality show
La fattoria. “Mi sono arrabbiato perché… questi… questi delinquenti di autori
hanno… adesso sono intervenuto e se la fanno uscire… poi… fanno uno sgarbo a me
insomma”. Sempre Berlusconi, in alcune intercettazioni, parla al telefono con
Belén Rodriguez e le fa sapere di avere fatto pressioni perché fosse scelta per
condurre Scherzi a parte. Più complicato il giro strettamente politico e
mediatico che aveva stretto Berlusconi. Anche perché era diviso tra amici di bagordi
e quelli cresciuti con lui. Memorabile la foto scattata alle Bermuda, nella
villa del Cavaliere: c’erano il gruppo dei fedelissimi: Fedele Confalonieri.
Adriano Galliani, Marcello Dell’Utri, Carlo Bernasconi. Ognuno portava in dote
a Berlusconi uno dei suoi amici degli amici. Il secondo anello, era formato da
Gianni Letta, Paolo Bonaiuti, Antonio Tajani. E un gradino più i basso Emilio
Fede. Lo stesso Fede (ai tempi della Rai lo chiamavano sciupone l’africano per
via delle note spese inviate dalle trasferte in Africa appunto) che ritroveremo
ad Arcore, nelle feste con le olgettine. Ma a vario titolo ci sono passati
tutti. Re Silvio badava a riempire i format televisivi con le amiche che si
alternavano nelle sue serate a tema Bunga Bunga. C’era Nicole Minetti, il clan
delle olgettine, l’ape regina, e via via a scendere, fino alle ballerine del
Billionaire. Nella prima indagine Vallettopoli finisce anche l’attuale moglie
di Briatore, Elisabetta Gregoraci. Durante un’interrogatorio ammette di aver
più volte incontrato l’allora portavoce di Gianfranco Fini, Salvatore Sottile,
che doveva procurarle ruoli da valletta. Incontri avvenuti alla Farnesina.
Restano ammissioni della Gregoraci in fase di interrogatorio, ma nessun reato
se non quello di peculato nei confronti di Sottile per l’utilizzo dell’auto blu
che serviva a far accompagnare la Gregoraci alla Farnesina.
Belen, Minetti e cognati italici
Parlare di Fini porta
alla memoria il caso del cognato più famoso della destra italiana, Giancarlo
Tulliani, fratello di Elisabetta, la signora Fini. Tulliani destinatario di
appalti da mamma Rai, oltre che dell’immobile di Montecarlo, aveva un referente
a viale Mazzini in Guido Paglia, messo lì, dicevano i maligni, da Fini. Storie
che la raccontano lunga sull’Italia della spintarella. Spintarella che ha
cambiato la ragione sociale, un po’ per via del berlusconismo, fatto di
lustrini e gambe mozzafiato, un po’ per via della crisi. Ma che resiste.
Bipartisan. Pd come ex Pdl.
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