da: Il
Fatto Quotidiano
La UE si sveglia tardi: Berlino ha spremuto i paesi
deboli
La commissione europea: “La politica di export della
Germania ha azzoppato i partner dell’unione”. Ma non ha la forza di imporsi
di Marco Palombi
Buona ultima – dopo
economisti d’ogni corrente ideologica, il Tesoro Usa e il Fmi – anche la
Commissione Ue s’è accorta che gli squilibri regionali dell’eurozona sono un
problema e che, in particolare, il surplus commerciale della Germania (oltre il
limite del 6 per cento negli ultimi tre anni) ha finito per azzoppare i suoi
presunti partner europei. Ha spiegato il governo americano: “La crescita
anemica della domanda interna tedesca e la dipendenza dalle esportazioni hanno
ostacolato un riequilibrio in un momento in cui altri paesi dall’area euro
erano sotto forte pressione per rallentare la domanda e contenere le
importazioni per promuovere aggiustamenti”. Tradotto: Berlino comprime i salari
dei suoi lavoratori per abbassare il prezzo delle merci mandando così i suoi
alleati dell’eurozona (coi quali il cambio è fisso, dunque non può fungere da
fattore di riequilibrio) e il resto del mondo in costante deficit commerciale.
Il risultato è stata l’esplosione del debito privato con l’estero nei
cosiddetti Piigs e a Washington una crescente irritazione nei confronti degli
alleati germanici che non vogliono cooperare alla ripresa globale (e, in
particolare, alla loro). Curiosamente – va ricordato – solo di recente
l’esecutivo europeo ha avuto il potere di lavorare sugli squilibri
macroeconomici: prima era come se per Bruxelles non esistessero. Ieri, dunque,
la Commissione ha finalmente avviato “un’indagine approfondita che si
concluderà in primavera per verificare esistenza e qualità di quattro
squilibri” nei numeri tedeschi: debito pubblico, perdita di quote di mercato e,
quel che più ci interessa, surplus nei conti esteri e svalutazione reale del
cambio.
Prima di spiegare, conviene
tenere a mente una cosa: “Siccome c’è questo atteggiamento moralistico sulle
questioni economiche, allora va chiarito questo: se sei bravo sei hai un
surplus, allora sei bravo anche se hai un deficit, perché non esiste l’uno
senza l’altro”, premette Alberto Bagnai, economista dell’università di Pescara
che sull’insostenibilità di squilibri persistenti dei saldi esteri (e
l’impossibilità di porvi rimedio oggi nell’eurozona) ha basato gran parte della
sua critica alla moneta unica. Parlando di surplus estero e svalutazione reale,
peraltro, la commissione va proprio nella direzione dei dati citati da Bagnai
nel suo libro (Il tramonto del-l’euro): “Sintetizzando molto, forse troppo,
significa in buona sostanza che la Germania comprime i salari dei suoi
lavoratori, penalizzando la domanda interna, per poter esportare di più. In
sostanza pratica una politica di deflazione finendo per imporre agli altri
paesi le stesse politiche se non vogliono accumulare deficit insostenibili.
Solo che non tutti possono arricchirsi vendendo all’estero: qualcuno dovrà pur
comprare”. Più in generale, e qui viene fuori il professore che è in Bagnai, il
problema è come “il capitalismo si è strutturato in questi anni: se liberalizzi
i movimenti di capitale, e l’euro è una funzione di questa liberalizzazione,
comprimi i salari. In classe faccio un esempio, diciamo , teatrale per
illustrare il concetto. Personaggi: un imprenditore e un operaio. Prima scena:
‘Ti pago poco’, dice il primo; ‘No, sciopero’, risponde il secondo; ‘Allora
delocalizzo’. Fine. Seconda scena: ‘Compra i miei bei prodotti’, dice
l’imprenditore; ‘Non ho più una lira’, risponde l’operaio; ‘Allora facciamo un
debito’. Ecco, nel-l’Italia degli anni Ottanta e dello Sme (l’antenato
dell’euro, ndr) il debito fu pubblico, oggi è privato, ma il meccanismo è
simile”.
Tornando alla
Germania, se la Commissione europea certificherà la violazione su surplus e
svalutazione interna (e pare difficile che non lo faccia) dovrà chiedere a
Angela Merkel di adottare politiche espansive – più spesa pubblica, crescita
degli stipendi, cose così – per riequilibrare la situazione. “E con quale
potere politico? – reagisce Bagnai – Con quale se nemmeno quando per primi
violarono la regola del 3 per cento sul deficit venne aperta una procedura
d’infrazione? L’obiettivo esplicito dovrebbe essere proprio l’azzeramento dei
saldi esteri, ma alla fine non riusciranno ad imporre niente alla Germania e
gli americani saranno sempre più nervosi”. Se può valere come anticipo del
prossimo futuro, Hermann Grohe, segretario generale della Cdu, il partito di
Angela Merkel, ha già chiarito che a Berlino non ci pensano proprio: le
esportazioni, ha detto, “sono la pietra miliare della nostra prosperità” e “non
si può rafforzare l’Europa con una Germania debole”.
Le "indagini
approfondite” della commissione, peraltro, non riguardano solo i tedeschi: anche
altri quindici paesi sono nel mirino dell’esecutivo europeo. Tra questi c’è
anche l’Italia per il debito elevato, la disoccupazione, l’aumento della
povertà e la perdita di quote globali sulle esportazioni. Enrico Letta, però, è
fiducioso: “Ci sono segnali macroeconomici che non si vedono né si toccano, ma
ci dicono che la ripresa nel 2014 è a portata di mano”. Il problema, chiosa un
altro ottimista, il ministro Fabrizio Saccomanni, è l’instabilità politica e
pure gli emendamenti alla manovra: “A Bruxelles sono preoccupati per il loro
numero, ma noi abbiamo garantito sui saldi finali”.
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