venerdì 15 novembre 2013

Le “scoperte” dell’UE: Berlino ha spremuto i deboli

da: Il Fatto Quotidiano

La UE si sveglia tardi: Berlino ha spremuto i paesi deboli
La commissione europea: “La politica di export della Germania ha azzoppato i partner dell’unione”. Ma non ha la forza di imporsi
di Marco Palombi

Buona ultima – dopo economisti d’ogni corrente ideologica, il Tesoro Usa e il Fmi – anche la Commissione Ue s’è accorta che gli squilibri regionali dell’eurozona sono un problema e che, in particolare, il surplus commerciale della Germania (oltre il limite del 6 per cento negli ultimi tre anni) ha finito per azzoppare i suoi presunti partner europei. Ha spiegato il governo americano: “La crescita anemica della domanda interna tedesca e la dipendenza dalle esportazioni hanno ostacolato un riequilibrio in un momento in cui altri paesi dall’area euro erano sotto forte pressione per rallentare la domanda e contenere le importazioni per promuovere aggiustamenti”. Tradotto: Berlino comprime i salari dei suoi lavoratori per abbassare il prezzo delle merci mandando così i suoi alleati dell’eurozona (coi quali il cambio è fisso, dunque non può fungere da fattore di riequilibrio) e il resto del mondo in costante deficit commerciale. Il risultato è stata l’esplosione del debito privato con l’estero nei
cosiddetti Piigs e a Washington una crescente irritazione nei confronti degli alleati germanici che non vogliono cooperare alla ripresa globale (e, in particolare, alla loro). Curiosamente – va ricordato – solo di recente l’esecutivo europeo ha avuto il potere di lavorare sugli squilibri macroeconomici: prima era come se per Bruxelles non esistessero. Ieri, dunque, la Commissione ha finalmente avviato “un’indagine approfondita che si concluderà in primavera per verificare esistenza e qualità di quattro squilibri” nei numeri tedeschi: debito pubblico, perdita di quote di mercato e, quel che più ci interessa, surplus nei conti esteri e svalutazione reale del cambio.

Prima di spiegare, conviene tenere a mente una cosa: “Siccome c’è questo atteggiamento moralistico sulle questioni economiche, allora va chiarito questo: se sei bravo sei hai un surplus, allora sei bravo anche se hai un deficit, perché non esiste l’uno senza l’altro”, premette Alberto Bagnai, economista dell’università di Pescara che sull’insostenibilità di squilibri persistenti dei saldi esteri (e l’impossibilità di porvi rimedio oggi nell’eurozona) ha basato gran parte della sua critica alla moneta unica. Parlando di surplus estero e svalutazione reale, peraltro, la commissione va proprio nella direzione dei dati citati da Bagnai nel suo libro (Il tramonto del-l’euro): “Sintetizzando molto, forse troppo, significa in buona sostanza che la Germania comprime i salari dei suoi lavoratori, penalizzando la domanda interna, per poter esportare di più. In sostanza pratica una politica di deflazione finendo per imporre agli altri paesi le stesse politiche se non vogliono accumulare deficit insostenibili. Solo che non tutti possono arricchirsi vendendo all’estero: qualcuno dovrà pur comprare”. Più in generale, e qui viene fuori il professore che è in Bagnai, il problema è come “il capitalismo si è strutturato in questi anni: se liberalizzi i movimenti di capitale, e l’euro è una funzione di questa liberalizzazione, comprimi i salari. In classe faccio un esempio, diciamo , teatrale per illustrare il concetto. Personaggi: un imprenditore e un operaio. Prima scena: ‘Ti pago poco’, dice il primo; ‘No, sciopero’, risponde il secondo; ‘Allora delocalizzo’. Fine. Seconda scena: ‘Compra i miei bei prodotti’, dice l’imprenditore; ‘Non ho più una lira’, risponde l’operaio; ‘Allora facciamo un debito’. Ecco, nel-l’Italia degli anni Ottanta e dello Sme (l’antenato dell’euro, ndr) il debito fu pubblico, oggi è privato, ma il meccanismo è simile”.

Tornando alla Germania, se la Commissione europea certificherà la violazione su surplus e svalutazione interna (e pare difficile che non lo faccia) dovrà chiedere a Angela Merkel di adottare politiche espansive – più spesa pubblica, crescita degli stipendi, cose così – per riequilibrare la situazione. “E con quale potere politico? – reagisce Bagnai – Con quale se nemmeno quando per primi violarono la regola del 3 per cento sul deficit venne aperta una procedura d’infrazione? L’obiettivo esplicito dovrebbe essere proprio l’azzeramento dei saldi esteri, ma alla fine non riusciranno ad imporre niente alla Germania e gli americani saranno sempre più nervosi”. Se può valere come anticipo del prossimo futuro, Hermann Grohe, segretario generale della Cdu, il partito di Angela Merkel, ha già chiarito che a Berlino non ci pensano proprio: le esportazioni, ha detto, “sono la pietra miliare della nostra prosperità” e “non si può rafforzare l’Europa con una Germania debole”.

Le "indagini approfondite” della commissione, peraltro, non riguardano solo i tedeschi: anche altri quindici paesi sono nel mirino dell’esecutivo europeo. Tra questi c’è anche l’Italia per il debito elevato, la disoccupazione, l’aumento della povertà e la perdita di quote globali sulle esportazioni. Enrico Letta, però, è fiducioso: “Ci sono segnali macroeconomici che non si vedono né si toccano, ma ci dicono che la ripresa nel 2014 è a portata di mano”. Il problema, chiosa un altro ottimista, il ministro Fabrizio Saccomanni, è l’instabilità politica e pure gli emendamenti alla manovra: “A Bruxelles sono preoccupati per il loro numero, ma noi abbiamo garantito sui saldi finali”.

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