da: la Repubblica
Woody
Allen e "Blue Jasmine": "Racconto l'America della crisi"
Con
questo film Il regista americano torna ai livelli di "Match point",
protagonista una grande Cate Blanchett. "Ho dato istruzioni al mio
consulente: non voglio diventare ricco, solo avere quel che serve per
lavorare"
di Arianna
Finos
Nella maschera triste che è il viso di
Woody Allen, l'euforia s'intuisce dallo scintillio degli occhi rimpiccioliti da
lenti ogni anno più spesse. Ti accoglie in un salottino del glorioso hotel Le
Bristol. Un paio di ritrovati successi hanno sollevato dalle sue spalle gracili
il peso di un decennio opaco, prolifico quanto alterno nei risultati. Midnight
in Paris ha scalato vette d'introiti sconosciute al cineasta newyorkese (56
milioni di dollari in Usa, 151 nel mondo) e in Blue Jasmine (in sala il 5
dicembre per Warner) l'Allen migliore, quello di Match Point per intenderci,
mette in scena la crudele parabola di Jasmine, signora altoborghese in miseria
dopo l'arresto del marito truffatore (alla Madoff),
costretta a lasciare il
lusso di Manhattan per una nuova vita nella periferia di San Francisco.
"L'idea del film è venuta mentre pranzavo con mia moglie. Soon-yi mi ha
raccontato dell'amica di un'amica, donna colta e ricchissima, yacht, ville,
aerei privati, il cui stile di vita è collassato all'improvviso. Mi è sembrata
una storia tragica e perfetta".
Il
film fotografa lo stato d'animo di un'America ancora provata dalla crisi.
"Per pura coincidenza, la crisi ha
regalato maggiore risonanza alla vicenda di Jasmine. Negli ultimi dieci anni in
America tutti hanno perso: ricchi, classe media e poveri hanno fatto un passo
indietro. Ma io sono partito dal dramma personale, storia vera e tragedia greca
insieme. Una creatura dell'alta società precipita in una realtà insostenibile e
matura l'orribile consapevolezza di essere stata strumento della propria
distruzione".
L'interpretazione
di Cate Blanchett è da Oscar.
"Il suo talento, la sua profondità
hanno dato a Jasmine un'umanità che sulla carta non aveva, costringendo il
pubblico a preoccuparsi per questa donna piena di difetti, pillole, alcol. Cate
è la migliore della sua generazione. Ho sempre lavorato con le attrici
migliori, Meryl Streep, Gena Rowland, Diane Keaton, Dianne Wiest. Tutte erano
già magnifiche prima di conoscermi e lo sono state anche dopo".
Le
protagoniste femminili sono una costante del suo cinema.
"Gli uomini sono chiusi, al massimo
s'arrabbiano. Le donne sono più libere nelle loro emozioni, più drammatiche,
complicate, interessanti. Almeno per me".
Quanto
ha contato l'incontro con Diane Keaton?
"Convivere con lei mi ha cambiato
profondamente. Ha personalità, è intelligente, percettiva, artistica. Mi ha
insegnato a vedere il mondo con i suoi occhi. Per lei ho scritto il ruolo di Io
e Annie. È venuto bene, così ho continuato a lavorare su ruoli femminili sempre
più felice e a mio agio".
Quale
dei personaggi di Blue Jasmine le somiglia di più?
"Jasmine, anch'io tendo colpevolmente
a negare la realtà".
Racconta
ancora di un matrimonio in crisi.
"Negli anni ho capito che è solo una
questione di fortuna. Tu pensi di poter controllare la cosa, fai quel che è
giusto, consulti amici e avvocati. Due persone che s'incontrano sono come
stazioni radio: raramente le frequenze sono in sintonia. Quando succede è fantastico".
La
crisi economica ha toccato anche lei?
"Ho avuto meno interessi dai soldi in
banca, ma non ho perso il lavoro, come è successo a insegnanti e impiegati. Non
ho mai voluto speculare in borsa, anche quanto avrei potuto. Tanti anni fa
diedi istruzioni precise al mio consulente: non voglio diventare ricco, solo
avere quel che mi basta per continuare a lavorare. Non ho mai pensato ai soldi,
né accettato un lavoro per soldi. Faccio l'artista e ho guadagnato. Ho una
casa, una macchina, poche cose. E faccio film che costano poco".
Le
sue sono spesso storie di ricchi.
"Mi interessa il denaro come fenomeno,
ho anche pensato a un documentario. E mi affascinano i ricchi. Sono istruiti e
potenti, ma commettono le stesse sciocchezze dei poveri. E sono ugualmente
infelici. Mi piace osservarli, le loro barche e gli aerei, le tresche amorose e
i matrimoni insoddisfatti, i figli problematici. A New York sono l'unico
artista in un quartiere di banchieri, avvocati, manager. So come parlano, come
fanno shopping, quali ristoranti scelgono. Mangio negli stessi posti e cammino
nelle stesse strade. Sono cresciuto povero, a Brooklyn, ma ho raccontato il mio
passato poche volte, Broadway Danny Rose, Radio Days. Più spesso mi colpiscono
le storie di ricchi che dovrebbero essere felici e non lo sono".
Lei
recita un povero in Gigolò per caso di John Turturro.
"Esperienza rilassante, tutte le
seccature del set erano del regista. Interpreto un tizio che s'inventa l'idea
di procacciare a Turturro donne ricche per appuntamenti a pagamento. Recitare
il "pappone" mi è venuto naturale, mi sono sentito credibile".
Lavora
poco, come attore.
"Difficile trovare ruoli. A
settantasette anni mi toccano i padri, gli zii, i nonni. E i registi non mi
chiamano. Ogni cinque anni mi offrono un ruolo, a volte così piccolo, stupido o
volgare che devo rifiutare. Sarei felice di lavorare per Martin Scorsese,
Oliver Stone, Alexander Payne".
Forse
pensano che lei sia troppo impegnato nei suoi progetti.
"No. Quando vuoi davvero qualcuno
tenti anche se sai che è indaffarato o scontroso. Io chiesi a Greta Garbo per
Zelig, lei neppure mi rispose".
In
Blue Jasmine ha voluto i comici Louis C. K. e Andrew Dice Clay in ruoli
drammatici.
"Negli anni ho capito che i comici
sanno recitare ruoli drammatici, mentre gli attori seri fanno ridere di rado.
Perfino Marlon Brando quando cercava di essere divertente era un
disastro".
A
settantasette anni è dura fare il cinema?
"Nell'ultimo giorno di riprese del
nuovo film, nel sud della Francia, ho lavorato diciotto ore consecutive. Ho
patito il caldo, il freddo, la pioggia. Il cinema funziona così, ma non è come
fare il muratore. Non si lavora mica per davvero".
Nessun commento:
Posta un commento